Ernesto Galli della Loggia nell'editoriale odierno sul Corrierone tratta un argomento scottante : la diffusa illegalità italiana.
Non proprio una novità, però il professore si concentra su un aspetto che sembra preoccupare meno i PM della Repubblica, più concentrati sulla persecuzione dei cd. colletti bianchi, i ladri della, e nella, pubblica amministrazione, che sul fatto che in tante, troppe, parti dei quartieri delle città regni il far west.
Certo, fa più audience inventarsi mafia capitale, ed è pure, alla fine della fiera, meno pericoloso che sporcarsi le mani con la violenza di rom, immigrati, e piccoli e grandi violenti nostrani che approfittano dell'assenza delle forze dell'ordine e della legge.
La gente, specie quella veramente a contatto con questi fenomeni, diventa - o rafforza il proprio sentimento - razzista, mentre quelli "bene", che i treni dei pendolari, le metro in genere ma quelle di periferia in particolare, non sanno nemmeno dove si prendono, e mai passeggeranno a Borghesiana o Centocelle, si indignano contro i populisti xenofobi (facile eh ?, comodi nel salotto di casa a vigna clara, o il più radical chic monte verde).
Galli della Loggia auspica il recupero della legalità in queste ormai numerose zone franche, ed ha ragione.
Intanto, saltano fuori i matti armati che sparano contro i neri, e quando li portano in carcere, vengono applauditi come eroi.
Direte, delinquenti come loro...
E non capirete il problema. Quelli i carcerati, sono gente che , per quanto non ci crediate, hanno un proprio senso di giustizia, piuttosto diffuso nelle periferie povere o anche solo non agiate. Se portate dentro uno accusato di violenze contro bambini, quelli te lo sistemano bene bene, con le guardie che guardano altrove . Fanno "giustizia".
L'applauso a Traini la dice lunga sul sentimento diffuso tra tantissime persone, e questo è il frutto di quell'illegalità ignorata di cui parla Galli della Loggia, che conclude con un'accusa molto grave : ci sono due Italie, e solo una, quella benestante, è - sufficientemente - tutelata da magistratura e forze dell'ordine.
L'altra, più spesso, si arrangi.
IL VUOTO SOCIO-CULTURALE E
L’ILLEGALITÀ DA ARGINARE
La legge va fatta rispettare sempre e senza guardare in
faccia nessuno.
È solo così che si combatte l’estremismo e la violenza di
parte
di Ernesto Galli
della Loggia
Chi ha letto qualche libro lo sa. La ragione forse più
importante che determinò la vittoria del fascismo nel 1922 fu lo scardinamento
dell’applicazione della legge avutasi negli anni precedenti. Uno scardinamento
che ebbe due momenti: dapprima, durante il cosiddetto biennio rosso, il governo
si mostrò di un’assoluta indulgenza nel tollerare da parte dei socialisti le
violenze di piazza, il sobillamento continuo e in mille modi alla violazione
dell’ordine pubblico e al sabotaggio, le minacce e le aggressioni, verbali e
non, contro i rappresentanti dell’ordine e dell’esercito.
In un secondo tempo, nel 1920-21, quando contro le cose e le
persone delle leghe contadine, del movimento operaio e dei comuni socialisti,
si scatenò in risposta la violenza fascista — più mirata, più organizzata e più
feroce — il governo centrale ne ordinò, sì, a più riprese e anche con forza la
repressione, ma senz’alcun esito. Ciò che accadde, infatti, fu la virtuale
insubordinazione delle forze dell’ordine, dell’esercito e dell’apparato
giudiziario. Le quali, consenzienti vasti settori dell’opinione pubblica
borghese, si rifiutarono silenziosamente di esercitare contro i «neri»
quell’azione repressiva che in precedenza non era stata esercitata contro i
«rossi». Fu grazie a tale catena di eventi che la democrazia italiana corse
alla rovina.
Questi precedenti contengono una lezione preziosa per
l’oggi: per tutti ma in particolare per il ministro Minniti e per le procure
della Repubblica. La legge va fatta rispettare sempre e senza guardare in
faccia nessuno, colpendo tanto nella direzione che può dispiacere a una parte
tanto nella direzione opposta. È solo così che si combatte l’estremismo e la violenza
di parte. Colpendo con giudizio, si capisce, senza infierire inutilmente e
senza smargiassate provocatorie (come del resto le forze dell’ordine della
Repubblica fanno ormai da decenni). Ma sempre con la medesima, imparziale,
decisione.
Se dunque esistono, come esistono, organizzazioni di stampo
fascista, esse vanno inquisite e denunciate alla magistratura. Se ne ricorrono
gli estremi non bisogna esitare anche a scioglierle. La stampa e la diffusione
di qualsiasi testo, la propaganda di qualsiasi idea, a mio giudizio è bene che
restino sempre libere (le cosiddette leggi memoriali o altre analoghe che
rendono penalmente obbligatoria una determinata versione del passato
costituiscono solo un boomerang idiota e illiberale). Così come è bene che
resti più libera possibile sempre la libertà di manifestare. Ma non appena si
passa agli emblemi e ai saluti fascisti, ai caschi, ai bastoni, ai tirapugni e
magari alle pistole, allora non vi deve essere indulgenza: e per tutte queste
cose più che la galera servono forse meglio multe salate.
Ma con la medesima decisione si deve cercare di prosciugare
la vasta area di illegalità esistente intorno all’immigrazione clandestina e
agli insediamenti Rom. Un’area d’illegalità che producendo una sensazione
d’insicurezza, di disagio e di allarme sociale, ha l’effetto di minare alla
base la fiducia di una parte di popolazione nelle istituzioni dello Stato. E
quindi di creare un vuoto di legittimazione che può essere riempito da
chiunque. È ammissibile per esempio, mi chiedo, che l’autorità di polizia abbia
perduto di fatto il controllo di parti del territorio in moltissimi centri
urbani del Paese e sui convogli ferroviari non di grande comunicazione? Che
nelle periferie si sia instaurato in molte città un clima di intimidazione e di
violenza da parte di bande di spacciatori e di più o meno piccoli delinquenti
che fanno ciò che vogliono?
Ancora: è ammissibile che in un settore assolutamente
nevralgico come quello delle case popolari gli inquilini vivano spessissimo
sotto assedio perché insidiati giorno e notte da potenziali occupanti abusivi
che approfittano della loro assenza per installarsi a casa loro? O che non si
sappia mai di operazioni di rilievo contro le organizzazioni criminali, quasi
sempre non italiane, che gestiscono in grande il commercio di carne umana che
fa mostra di sé ogni notte su tutte le strade d’Italia?
La verità è che da
anni, in tutti questi ambiti l’azione della legge è apparsa scoordinata ed
episodica, con troppi larghi margini di tolleranza. Con conseguenze
politicamente gravissime: perché trattandosi di comportamenti illegali che
quasi sempre incidono sulla qualità della vita esclusivamente delle classi
popolari, la tolleranza nei loro confronti genera l’idea nefasta che mentre la
legge e lo Stato proteggono i ceti benestanti, viceversa se ne infischiano di
quelli che benestanti non sono.
In Italia non esiste alcun pericolo fascista. Non c’è alcuna
«marea nera» che sale . Sicuramente nelle prossime Camere non ci sarà neanche
un parlamentare fascista. Ci sarà una pattuglia di reazionari autoritari,
questo sì, e forse qualcuno che in cuor suo nutrirà pure simpatie fasciste, ma
di certo si vergognerà perfino di dirlo.
Non c’è alcun pericolo fascista, dunque, nel nostro Paese.
Il problema è un altro, e proprio per questo l’azione repressiva della legge,
pur necessaria in misura maggiore di quanto si sia fatto finora, è solo una
parte della soluzione. Il problema è quello di un crescente vuoto
socio-culturale e politico che insieme alla disoccupazione e al degrado urbano
sta corrodendo e avvelenando pezzi significativi di tessuto popolare e non
solo. Come molti segnali lasciano prevedere tale vuoto può essere riempito dai
gas esplosivi prodotti dal malcontento frutto dell’immigrazione, e dar luogo in
prospettiva alle esplosioni più pericolose. Ma di questo problema che ha il suo
centro nelle periferie urbane nessun partito sembra occuparsi o preoccuparsi,
la politica su tutto ciò sembra non aver nulla da dire. Dal momento che, è
vero, organizzare un corteo antifascista è molto meno impegnativo e consente
certamente una dose di retorica in più.
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