sabato 2 luglio 2011

IL PROFUMO DELLA VITA

Pubblico un articolo di economia scritto dall'esperto del ramo, ALESSANDRO FUGNOLI.
Fugnoli mi piace perché intanto è fantasioso, e introduce i suoi temi con allegorie e metafore accattivanti (a volte anche con riferimenti storici e mitologici !) , e poi perché è OTTIMISTA.
Credo che sia l'unico economista che continua a spandere parole di sdrammatizzazione e speranza sulla crisi Greca e finanziaria.
Solo che le due cose sono BEN distinte, secondo me...da diverso tempo la sensazione da profano è che la Finanza stia distanziandosi sempre di più dall'economia reale , specie in termini di sviluppo e OCCUPAZIONE. 
Ma io non sono un esperto, e quindi spero ovviamente di sbagliare, e che l'ottimismo di Fugnoli sia fondato.
Buona Lettura



NULLA E’ COME APPARE 30 giugno 2011
Dopo la Grecia, prima dell’America
Tizio vince un milione di euro alla lotteria. Nello stesso momento il suo amico Caio viene travolto da una macchina mentre attraversa la strada ed è subito chiaro che finirà su una sedia a rotelle. Tizio è fortunato, Caio no. Durante il ricovero in ospedale Caio viene sottoposto a vari esami. Una Tac rivela un tumore che sta per diventare fatale. Il tumore viene asportato con lunghi e complessi interventi e Caio, grazie all’incidente e alla Tac, potrà ora vivere una lunga vita. Non è escluso che un giorno, miracoli della fisioterapia e della volontà, ritorni a camminare. Dalla palestra, dove passa ogni giorno molte ore, Caio manda un messaggio all’amico ai Caraibi. Alla fine, dice, quel giorno sono stato molto più fortunato di te.
Oggi l’Europa è vista come il grande malato del mondo. Il tumore greco ha creato metastasi in Irlanda e in Portogallo, mentre inquietanti macchie scure cominciano ad apparire su altre parti della Tac. Il voto parlamentare ad Atene e l’elegante piano francese di coinvolgimento dei creditori privati hanno posto fine anche a questo terzo episodio della crisi, ma l’Europa appare comunque stremata, impigliata in processi decisionali sempre più estenuanti e ingabbiata in una valuta che appare assurda a quasi tutti i Nobel dell’economia (quasi tutti americani, peraltro).
 Il costo dei salvataggi sembra crescere senza fine. Le scatole cinesi (Nama, Efsf, fondo di stabilizzazione, la stessa Bce) diventano sempre più Banche, Bce e stati sono sempre meno distinguibili tra loro, come le lamiere aggrovigliate di tre auto che si sono scontrate tra loro e hanno preso fuoco. Gli spread aumentano. La chemio dei tagli di bilancio e delle tasse debilita ormai mezzo continente. Cura disastrosa, dicono in molti, come le sanguisughe che venivano applicate ai poveri malati di una volta e ne rendevano ancora più penosa la fine.
Così appare l’Europa, ma nulla è come appare. Certo, è evidente che senza cure palliative e senza facili amputazioni del debito via default si soffre di più. C’è però una tendenza a dipingere come tragica una situazione che non lo è. Chissà, forse lo diventerà, ma al momento non lo è. Quanto ai progressi (il disavanzo greco si è quasi dimezzato) li si ignora con un’alzata di spalle. Si fa notare che finché ci sono disavanzi il debito aumenta. Grande scoperta.
In realtà l’Europa cresce nel suo insieme piuttosto bene e l’euro non è più debole delle altre grandi valute, anzi. Alcuni paesi hanno perso punti di Pil, ma i teorici delle amputazioni ci ricordino per cortesia di quanto è sceso il Pil in Argentina e in Islanda dopo i default. In Grecia il Pil nominale in euro, che era di 233 miliardi nel 2009, sarà di 236 nel 2012 (stima di Goldman Sachs). In Argentina (in dollari) e in Islanda (in euro) si era più che dimezzato.
Finora, poi, i salvataggi sono costati poco alla Germania e agli altri. A rigore, trattandosi di prestiti, non sono costati nulla. Le scatole cinesi sono sempre più grandi, ma operano a leva finanziandosi sui mercati. L’opinione pubblica tedesca ha la sensazione di pagare costi altissimi. Un giorno li pagherà se e quando l’Europa sarà diventata come gli Stati Uniti, quando cioè le pensioni e la sanità greche saranno pagate dall’Unione (come Medicare e la Social Security) ma ad oggi i trasferimenti interni europei sono irrisori se paragonati con quelli americani.
 La crisi, si dice, fa salire gli spread. Vero, ma gli spread che salgono sono l’arma più potente puntata sui governi affinché prendano sul serio il risanamento dei bilanci. L’America, che non paga nulla d’interesse sul suo debito a breve e che si fa comprare quello a lungo dalla Fed, non ha nessuna arma puntata contro e avrà l’anno prossimo un disavanzo dell’8.5 per cento. La Grecia, tanto per fare un paragone, l’avrà del 6.8, e la Spagna del 5.6, meno della Francia.
L'OTTIMISMO : IL PROFUMO DELLA VITA
Naturalmente si potrebbe fare di meglio. Tra l’America che continua a dormicchiare e l’Europa che si cura senza anestesia c’è la via intermedia del Regno Unito, che si sottopone a tagli severi ma almeno si concede gli oppiacei del cambio debole e della monetizzazione parziale del debito ad opera della Bank of England.
Bene o male, in ogni caso, questo terzo episodio di crisi (dopo i due del 2010) è terminato. Avremo una scia sismica di mesi, fatta di ratifiche parlamentari tedesche, finlandesi o slovacche e di corte costituzionale tedesca in dicembre, ma il più è fatto.
E’ probabile che le borse abbiano visto il minimo dell’anno e si avviino adesso, dopo il rialzo di sollievo di queste ore, su un percorso di lento recupero. La produzione industriale globale è in graduale ripresa. Non sarà all’altezza delle attese di inizio anno e non ci sarà niente di spettacolare da nessuna parte, ma il segno sarà positivo..

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