sabato 23 luglio 2011

LO STATO CHE VORREI


ENRICO DE NICOLA 

Giuliana è un'amica conosciuta su FB, abita a Torino. Ci siamo conosciuti durante una polemica piuttosto serrata sul profilo del Tea Party Italiano dove ero stato garbatamente cooptato e che per un po' ho frequentato, per avere la conferma che la filosofia (per alcuni vera e propria ideologia) del gruppo non mi apparteneva ( ancorché con punti di contiguità, come l'avversione per uno Stato "padre-padrone" , una spesa pubblica finalizzata alla raccolta del consenso e una conseguente feroce tassazione). La discussione riguardava la liberalizzazione e l'abolizione degli ordini professionali. 
In quell'occasione io e Giuliana ci scoprimmo sullo stesso fronte e in particolare "alleati" contro la posizione di uno degli altri commentatori, particolarmente accanito e assolutamente eccitato all'idea di evitare l'esame di abilitazione alla professione forense ( il giovanotto è studente al quarto anno di giurisprudenza, e quindi è comprensibilmente interessato alla cosa). 
DE GASPERI E DE NICOLA firmano la COSTITUZIONE 
Né io né Giuliana imbracciavamo i fucili per la difesa degli ordini professionali , che funzionano male senza garantire gli scopi che in teoria si prefiggono. Ma sostenevamo anche che l'abolizione degli stessi non solo non risolveva NESSUN problema (la discussione era partito da TUTT'ALTRO : la necessità di diminuire i costi pubblici, ed evidentemente gli ordini almeno questo danno NON lo fanno ) , che il numero dei professionisti esistenti da tempo aveva creato la tanto sospirata concorrenza , che le tariffe legali erano ormai l'argine di difesa nei confronti dei forti (banche, assicurazioni, imprese grandi) e nemmeno, mentre nei riguardi dei piccoli clienti il mercato già operava da quel dì.
Viceversa restava il problema della COMPETENZA, che andava assicurata e che in professioni sensibili, quali sicuramente quella medica per dire, passava attraverso esami di specializzazione e/o abilitazione adeguati.
I liberisti sostenevano che l'esame della competenza non lo fa lo stato, non lo fa la scuola (Università ) ma la fa, la dovrebbe fare, il MERCATO.  Sono gli utenti che si accorgeranno se tu sia competente o no, e quindi ti estrometteranno naturalmente dalla professione come "corpo inadeguato".
Non voglio fare dell'ironia su questo. Non la penso così e tanto basta. Mi sono limitato a dire che negli USA, patria del TEA Party, l'esame di stato per l'abilitazione professionale c'è ed è difficilissimo (manco Reagan lo ha abrogato!).
Dopo l'ennesimo confronto "scontro" sullo spazio del TPI ho pensato bene che in un gruppo ci si deve stare non pretendendo unanimismo, che sarebbe sciocco, ma condivisione dei punti fondanti si. E nel TPI questo non è il liberalismo, ma appunto il MERCATO. E quindi mi sono congedato spiegando i miei motivi nel post " LIBERALE NON VUOL DIRE LIBERISTA ".
Giuliana lo ha letto e con garbo lo ha commentato scrivendo :
"....Come pensi che sia possibile, mantenendo lo stato quale lo conosciamo oggi, creare le condizioni perchè "i migliori" come li chiami tu, possano formare una nuova classe dirigente? Hai mai letto Atlas Shrugged, di Ayn Rand? è una descrizione minuta della situazione in cui ci troviamo oggi (anche sescritto nel '57 e fantapolitico per quel tempo)...Io credo che la situazione attuale sia l'esatto frutto delle premesse stataliste. Non ho idea di come si potrebbe creare una situazione migliore senza eliminare uno stato che non si lascia limitare in alcun modo ed è anzi in continua espansione ".
Giuliana io ripartirei dalle "aste", e quindi da una scuola intanto che funzioni veramente, ristabilendo i valori dello studio, del merito e quindi , inevitabilmente, della selezione al fine di consentire la formazione di una classe dirigente "migliore". Non basterà certo, ma intanto iniziare da lì.  Ho parlato di numero chiuso da introdurre alla facoltà di Giurisprudenza e sembravo uno stalinista....
Eppure per entrare nei templi universitari privati altro che "numero chiuso" ! Selezione FEROCE, che dura per tutto il periodo del corso, con numero di esami e di media predefiniti per OGNI anno di corso se no FUORI.
E nelle grandi prestigiose Università americane idem. 
Altro che la pacchia frequentata dal nostro interlocutore del TPI !! Ristabilire il principio che certe cose devono farle quelli BRAVI, quelli CAPACI, e non solo i figli di papà , col posto che li attende, o i "marginali"....quelli che servono per fare numero e per fare "concorrenza" senza qualità e competenza.
Un ritorno ad uno studio severo oltre a selezionare in base al MERITO, dovrebbe  migliorare anche la qualità culturale e quindi "etica" di coloro che scaleranno la scala sociale e quindi, si può auspicare, anche la nuova classe dirigente, politica. potrebbe essere sia più preparata che efficace.
Vedi Giuliana, come ognuno di noi, anche io sono rimasto influenzato dagli esempi ricevuti.
Ed io un esempio di crescita anche sociale grazie al merito l'ho visto nella storia della mia famiglia.
Nonni paterni semplici, lui lavoratore alla STEFER ( società ti trasporto pubblico di allora) , lei casalinga. Quattro figli. A tutti è stata data la possibilità di studiare ma solo mio padre era veramente portato.
Fece il liceo classico - non il mio, negli anni 70, il suo, nel dopoguerra, con l'esame di maturità in tutte le materie dell'ultimo anno e "riferimenti degli altri due precedenti" - poi l'università, fatta in corso.
Svolse  la pratica in uno studio serio, senza "mancette" oggi elemosinate dai neo laureati (che non pensano a prepararsi quanto ad avere un po' di soldi ad aggiungere al mensile di casa per uno stipendiuccio che gli consenta di vivacchiare) , e infine l'esame di abilitazione , superato, e il concorso in magistratura, vinto.
E così il figlio di un tranviere poteva diventare Giudice, o avvocato (lui scelse la prima cosa). 
Ecco questa è una storia "liberale" per me Giuliana, e lo Stato , attraverso una BUONA scuola pubblica, diede la possibilità a mio padre, che proveniva da una famiglia che certo mai si sarebbe potuta permettere la Luiss o la Cattolica, di crescere culturalmente e socialmente. 
Ero lo stato di Di Nicola (Partito d'Azione), di Einaudi (Liberale) , di De Gasperi (DC) Giuliana.
LUIGI EINAUDI 
Ecco, uno Stato così non mi dispiacerebbe.....Uno stato che ha consentito la ricostruzione, il boom economico, l'industrializzazione, la democrazia. Poi arrivò il 68, e con esso, tra l'altro, la rovina della scuola, la massificazione, l'uguaglianza dei punti di arrivo....la laurea per tutti. Non è più così ma i danni sono stati talmente enormi e certa classe insegnante ha preso così totale possesso del mondo dell'istruzione che le mie "aste", la mia base di partenza, anche solo quella Giuliana, sembra oggi impossibile.
Però io da li credo si debba partire.
Spero di aver risposto, almeno un po',  alla tua domanda, della quale peraltro ti ringrazio.
Sorriso


Nessun commento:

Posta un commento