domenica 13 novembre 2011

UNA GAZZARRA SENZA CORAGGIO

Per tanta gente oggi è un giorno di festa. Addirittura di LIBERAZIONE. Buon per loro.
Certo, il pensiero che per alcuni connazionali la "fine di un incubo", un momento atteso da "17 anni", coincida con le dimissioni di Berlusconi, vissute alla stregua di un evento storico simile alla caduta del muro di Berlino, qualche perplessità me la suscita, ma poi penso che l'Italia sia il paese del melodramma e che il senso delle proporzioni non appartenga esattamente al nostro carattere nazionale, e mi tranquillizzo: nulla di veramente nuovo.
Resta una forte perplessità sul futuro. In molti, e il popolarissimo presidente della Repubblica in primis, parlano di Unità Nazionale, indispensabile per affrontare la gravissima situazione in cui versa l'Europa e noi con essa (anzi, stiamo peggio degli altri, Grecia esclusa a quanto pare). Creare questo clima di unità dopo 17 anni di Berlusconi, con la spaccatura verticale assoluta creatasi  tra i tifosi dell'una e dell'altra parte, la vedo impresa ardua. Molto più facile fu il compromesso storico - pure contrastato dal terrorismo con decine di morti e centinaia di attentati - tra DC e Comunisti.
Qui mettere insieme Berlusconiani e anti è più simile da paragonare all'idea di creare un governo di solidarietà e pacificazione formato da fascisti e anti nel 1945....
Per fortuna questo "odio" non è reso indissolubile e violento dai morti, che in questi 17 anni non ci sono stati.
E specie nella classe politica, come le transumanze di questo ultimo anno e mezzo dimostrano, sempre non è mai veramente per sempre. E quindi che gente, che magari negli ultimi mesi si è scannata verbalmente, torni a dialogare, potrebbe sembrare complicato ai "normali" ma non ai politici.
Quindi PD e PDL voteranno insieme la fiducia al governo Monti, con buona pace degli ultras dei due partiti che con i dirimpettai non si scambierebbero ormai nemmeno un "buongiorno".
Se poi riusciranno anche a votare insieme i provvedimenti montiani, questo è un altro paio di maniche, ma non a causa dei descamisados dell'una e dell'altra parte.
Sulla gazzarra piuttosto patetica occorsa fuori dal Quirinale la scorsa notte, lascio la parola al giornalista Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, uno che certo berlusconiano non lo è mai stato ma non per questo in questi 17 anni ha vissuto "incubi" e "disagi esistenziali".
Il titolo è talmente bello che non ho potuto non copiarlo

Una gazzarra senza coraggio

La folla assiepata nella notte romana sotto il Quirinale e Palazzo Grazioli - più quella che ha puntato su Palazzo Chigi deserto - a urlare insulti, invocare le manette e gettare monetine al passaggio del premier dimissionario rappresenta uno spettacolo preoccupante.
Preoccupante anche per chi del premier non ha mai condiviso un'idea o una parola. Nell'ora delicatissima in cui tra mille difficoltà potrebbe nascere un governo di solidarietà nazionale, in un momento drammatico in cui il Paese è chiamato al massimo sforzo di unità, nessuno può chiamarsi fuori, ognuno è tenuto a rinunciare alle asprezze polemiche, a cercare un minimo comune denominatore con l'avversario, per percorrere insieme un tratto di strada prima di tornare a dividersi nella competizione elettorale.
È un sentiero stretto, quello su cui sta tentando di incamminarsi la politica italiana. Sarebbe stato impensabile, ancora poco tempo fa. Ma è un sentiero reso obbligato dalla crisi e dall'attacco della speculazione internazionale contro il nostro Paese. Inscenare una gazzarra come quella di ieri sera, con le forze dell'ordine costrette a intervenire per l'ennesima volta nel cuore della capitale, è il contrario di ciò che il mondo si aspetta dall'Italia. Soprattutto, è il contrario di ciò di cui l'Italia ha bisogno. È vero che i fischi al leader perdente - non un assedio con il centro di Roma bloccato e momenti di tensione, come quella di ieri - sono una consuetudine delle democrazie. Un gigante come François Mitterrand trovò ad attenderlo all'uscita dall'Eliseo dopo quattordici anni una folla non proprio amichevole e non se ne adontò. Occorre però ricordare che Berlusconi non è stato battuto da un voto elettorale.
 
La folla in festa per l'addio di Berlusconi 
              
Il governo cade a causa della crisi internazionale e alla propria inadeguatezza a farvi fronte. Ma non va dimenticato che in questi diciassette anni Berlusconi ha sempre avuto un consenso vasto nel Paese, che oggi si è ridotto ma non è certo scomparso. Nel 1996 perse perché non aveva con sé Bossi. Dieci anni dopo per sconfiggerlo si dovette riunire in un'unica coalizione Dini e Cossutta, Mastella e il no global Caruso, la Binetti col cilicio e Luxuria vestito da donna: un'alleanza a malapena capace di vincere le elezioni, ma del tutto incapace di governare. La premessa di una nuova stagione non può prescindere dal rispetto per i sentimenti e le opinioni di chi in Berlusconi ha creduto. Prendersi vendette o rivincite alla fine di un ciclo lascia sempre un retrogusto amaro. Farlo ora, a metà del guado, è un esercizio imprudente oltre che improvvido. Non occorre grande coraggio per andare a urlare sotto casa di Berlusconi o davanti alla sedi istituzionali. Ne occorre di più per unire le forze nell'emergenza anche con chi ha un sentire diverso dal proprio, nel nome di un interesse e di una responsabilità che mai come oggi sono comuni.
 

2 commenti:

  1. commento in ritardo perchè avevo" perso" l'articolo: perfino mio marito e mia madre, comunisti veri, si sono schifati a vedere quelle scene

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  2. Forse Fiorella, perché i comunisti "veri" sono persone serie

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