sabato 24 marzo 2012

AFGHANISTAN: ABBIAMO PERSO. TORNIAMO A CASA.

Mi costa dirlo. Nel 2001 ero tra quelli, tanti allora, che ritennero giusto andare in Afghanistan ad appoggiare gli americani a debellare una regione oppressa da un regime preistorico, come appariva a noi occidentali quello talebano, ma soprattutto a distruggere la base di Bin Laden e della sua organizzazione terroristica, Al Qaeda.
Dopo più di 11 anni è giusto dire che sono stati fatti troppi errori, che magari si è riusciti a costringere Al Qaeda a organizzarsi altrove, Bin Laden è stato ucciso (in Pakistan..."alleato" velenoso...) ma che i Talebani stanno vincendo, e appena nel 2014 ce ne andremo, torneranno al potere. La democrazia NON si esporta, e' un'idea OCCIDENTALE, che non fa presa evidentemente in tanti altri paesi del mondo. E quindi prendiamo atto una volta per tutte della lezione e rassegnamoci.
So che non è un bel discorso, ma è la sensazione (divenuta convinzione) che provo ogni qual volta leggo la notizia che dei soldati muoiono in quel paese. Non sono un pacifista, uno di quelli dell'"arcobaleno", della Pace "senza se e senza ma".
Penso che a volte le armi siano necessarie, per difendersi , per combattere soprusi e violenze, soccorrendo i più deboli.
Ma questi ultimi devono VOLER essere soccorsi! Certo, sicuramente ci sarà stato chi è stato grato per essere stato liberato dal mullah  Omar o da Saddam Hussein...però poi? E' tornata la pace? Questi paesi sono riusciti a costituire un autogoverno? Evidentemente no, e sono passati ANNI.
Obama ha annunciato la resa, pardon, la ritirata, per il 2014. Perché? Che senso ha? Cosa cambierà in questi due anni scarsi se non altri morti, civili compresi?
Abbiamo perso. Torniamo a casa.


IL CORDOGLIO DI NAPOLITANO. E L'IDV ATTACCA: «E' UNO STILLICIDIO, BISOGNA RIENTRARE»
Attacco a base italiana in Afghanistan
Un militare morto e altri cinque feriti
L'agguato è avvenuto a colpi di mortaio. La vittima è un sergente di 33 anni del Genio guastatori di Caserta

 Un soldato italiano è morto e altri cinque sono rimasti feriti a seguito di un attacco con colpi di mortaio avvenuto attorno alle 18 (in Italia le 14.30), contro la base operativa avanzata «Ice» in Gulistan, nel settore Sud-Est dell'area di responsabilità italiana. Nel teatro opera il 1° Reggimento Bersaglieri. L'attentato è stato confermato dallo Stato maggiore della Difesa. L'avamposto «Ice», secondo quanto riferiscono alcune agenzie di stampa, era stato preso di mira anche in mattinata, sempre a colpi di mortaio, ma in quel caso erano finiti fuori dal perimetro della base. Nel primo pomeriggio l'attacco è stato ripetuto e, questa volta, alcune bombe sono andate a segno. Dopo il secondo attacco si sono alzati in volo degli elicotteri d'attacco Mangusta che hanno «neutralizzato» le postazioni nemiche.

LA VITITMA E I FERITI - La vittima si chiamava Michele Silvestri, aveva 33 anni, sposato, padre di un bambino piccolo e abitava a Monte di Procida. Era sergente del 21/o Genio Guastatori di Caserta e il comandante, il tenente colonnello Roberto D'Agostino, si è recato con alcuni suoi stretti collaboratori nell'abitazione dei genitori di Silvestri per portare le proprie condoglianze. Il sindaco del Paese, Francesco Paolo Iannuzzi, ha definito Silvestri «il ritratto della forza, pieno di salute». Dei cinque feriti, quattro erano stati trasportati in elicottero in un ospedale militare da campo della coalizione, quello di Delaram sotto il controllo Usa, e sono subito stati sottoposti alle cure del caso. Di tre di loro sono stati resi noti i nomi: si tratta di Monica Graziano, Nicola Storniolo eSalvatore De Luca, tutti residenti a Cosenza e appartenenti al primo reggimento bersaglieri. Per due di loro le condizioni restano critiche anche se lo Stato maggiore parla di stabilizzazione per uno di loro. Gli altri due feriti portati all'ospedale da campo hanno riportato ferite superficiali. Il quinto ferito ha invece avuto solo ferite leggere per le quali è stato curato direttamente presso la base «Ice».
IL CORDOGLIO DELLE ISTITUZIONI - Non è tardato ad arrivare il cordoglio delle istituzioni. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha appreso la notizia «con profonda commozione» e dei soldati ha sottolineato che «assolvevano con onore il proprio compito nell'ambito della missione Isaf». «Il capo dello Stato - si legge in un comunicato -, esprime i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei familiari del caduto, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese». Anche il presidente del Senato, Renato Schifani, ha rivolto un pensiero alle vittime e alle loro famiglie: «L'Italia continua a pagare un altissimo prezzo di sangue e questo ci addolora profondamente. La missione italiana in Afghanistan continua comunque a essere decisiva per la tutela della libertà, della sicurezza e della pace».
«RITIRARE LE TRUPPE» - Attestati di solidarietà sono arrivati dalle diverse forze politiche. L'Italia dei valori è andata anche oltre e ha chiesto subito che il ministro Giampaolo Di Paola riferisca in Parlamento su quello che ha definito uno «stillicidio». Non solo: il leader del partito, Antonio Di Pietro, è tornato a chiedere il rientro immediato delle truppe: «Siamo in guerra, una guerra che non ci appartiene, vietata dalla Costituzione italiana. Più passa il tempo e più la popolazione afghana ci odia. Siamo in quei territori non in missione di pace, ma in guerra. È questa la verità. Una volta per tutte: basta con questa violenza e si ritiri immediatamente il nostro contingente».
APPENA INSEDIATI - Il 1° Reggimento bersaglieri, di stanza a Cosenza, è considerato tra quelli con maggiore esperienza nelle missioni internazionali. Era tornato da soli dieci giorni in Afghanistan, dove era già stato impiegato dall’ottobre del 2009 al maggio del 2010. Il passaggio di consegne con il «San Marco» era avvenuto il 14 marzo, come riferisce il sito della Difesa. Attualmente sono 3.985 i militari italiani impegnati in Afghanistan nell'ambito della missione Isaf, la più corposa tra quelle che vedono le nostre truppe operative all'estero.
LE VITTIME ITALIANE - Dopo quest'ultimo attentato, sale a 50 il numero dei connazionali deceduti nel corso delle operazioni in Afghanistan. Il 20 febbraio scorso a perdere la vita in un incidente stradale a venti chilometri da Shindand erano stati il caporal maggiore capo Francesco Currò, il primo caporal maggiore Francesco Paolo Messineo e il primo caporal maggiore Luca Valente. Ma non erano state le prime vittime del 2012: il 13 gennaio scorso era infatti morto il tenente colonnello Giovanni Gallo, colpito da un malore.
 

Nessun commento:

Posta un commento