Costerà di meno il lavoro qui in Italia? No.
E' vera questa maggiore flessibilità in uscita? IN teoria un po' si ma in pratica sono molti, e non necessariamente iscritti al versante "Monti ci piace a testa in giù" , che scommettono su un aumento del contenzioso giudiziario perché il giudice stabilisca se il licenziamento è discriminatorio (con conseguente reintegra) o economico (indennizzo peraltro assai salato)
Cosa resta della legge Biagi, l'unica negli ultimi 40 anni che qualcosa di nuovo l'ha comportato (infatti l'hanno ucciso)? Ben poco.
Le nuove norme hanno il nobile intento di combattere i trucchi e gli escamotage che i datori di lavoro (compresi quelli PUBBLICI!!!!!!) adottano per evitare il contratto di lavoro dipendente, con tutti i maggiori costi che quest'ultimo comporta. Quindi lotta agli stage, alle partite IVA fasulle con committente unico, ai contratti a tempo determinato reiterati ad libitum, ai co.co.co e/o contratti a progetto fantasiosi.
Però francamente mi viene il terribile dubbio che questo comporterà la cosiddetta MINORE flessibilità in entrata - così l'hanno battezzata - che in concreto vorrà dire MENO assunzioni.
Ma allora sono possibili solo lavori precari? Allora, questa domanda è un po' ostica ad un rappresentante delle partite IVA VERE, e cioè uno che la condizione di precarietà la vive come condizione NATURALE del proprio lavoro, non potendo un professionista, ma anche un negoziante, un commerciante, un artigiano, sapere MAI se il lavoro che oggi ha lo avrà anche domani. A parte questo, il mito del posto fisso, per quanto comprensibile, è soprattutto tale, nel senso che se un'azienda va SOTTO, cioè non guadagna e anzi perde, come potrà mai restate in vita e mantenere, tra l'altro, il posto di lavoro dei propri dipendenti?
Forse alleggerendo i costi, nel periodo critico, potrebbe sopravvivere e poi, in periodo di ripresa, tornare ad assumere. Invece no, questa "flessibilità" non è possibile. Il posto di lavoro è un diritto acquisito.
Questo pretendono i sindacati in Italia, e questa è FOLLIA.
Prima, e per lungo tempo, c'era stata quella dello stipendio/salario come variabile INDIPENDENTE dall'andamento aziendale. Bene o male che le cose andassero per l'azienda, il compenso del lavoratore doveva crescere in ragione dell'inflazione. I risultati si sono visti, al punto che alla fine Craxi (questo si fu un merito, altro che Sigonella!!) si prese la responsabilità di attaccare la scala mobile e il principio ad essa sotteso. Fu guerra totale con la CGIL e il PCI di Berlinguer, il quale propose anche un referendum, che perse (e così nel 1992 Amato poté abrogarla poi del tutto, ma il lavoro grosso l'aveva fatto il leader socialista).
Finita quell'illusione, è rimasta quella del posto fisso, tenuta su con l'uso e ABUSO della scala mobile, utile sicuramente a supportare stati di crisi temporanei, ma troppo spesso impiegata anche per pagare stipendi a persone che si sa che NON rientreranno mai, visto lo stato di decozione dell'azienda.
In Inghilterra ad un certo punto le parole d'ordine furono : si ai corsi di riformazione , no all'assistenzialismo, si al welfare sostenibile no a quello indiscriminato, si al merito, no all'egualitarismo appiattente. Thatcher? No TONI BLAIR, che oggi è stato rinnegato da tutti ma all'epoca, Italia compresa, era l'uomo della speranza della sinistra MODERNA. Quello che riportò il nuovo labour a vincere le elezioni dopo quasi 20 anni e che restò al governo per ben 10 anni.
Personalmente , continuo a pensare che se il costo del lavoro non si abbassa, si potrà giocare con le norme come si vuole, ma l'Italia continuerà ad essere un posto assai difficile per le Imprese , indigene o straniere che siano.
E quindi, augurandomi di sbagliare ovviamente, anche questa riforma mi ricorda tanto la montagna che partorisce il solito topolino.
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