martedì 17 aprile 2012

"O NOI O IL DISASTRO" . MA DAVVERO LO PENSANO MONTI E I SUOI MINISTRI? ?

Quando Monti si insediò molti erano entusiasti, veramente fiduciosi che sarebbe stato in grado di "salvarci". Nell'entusiasmo c'era poi l'euforia degli anti berlusconiani che finalmente assistevano al ritiro del Caimano.
Personalmente ero più prudente, non certo perché dispiaciuto della sostituzione di Berlusconi, che, come ho scritto più volte, ha deluso molto più chi l'ha votato che gli altri, che anzi dal suo NON fare hanno tratto anche non pochi vantaggi. Semplicemente, sono convinto, come altri osservatori sicuramente più competenti e illustri, che il famoso spread, la differenza tra i tassi di interesse dei Bund tedeschi e i BOT italiani., dipende assai poco dalle manovre economiche che i vari stati possano o meno adottare, bensì dalla debolezza dell'area EURO inteso come MONETA unica di un sistema NON federato e non unito e quindi non in grado di rassicurare gli investitori e di contrastare gli speculatori. Di qui l'invocazione di una riforma europea che sostituisca i bond nazionali con quelli europei, e/o faccia della BCE una banca di ultima istanza, come in Giappone, USA, GB....vale a dire GARANTE del debito (e con l'arma decisiva ancorché pericolosa dello stampare moneta).
Sappiamo che questa riforma è ostacolata dai tedeschi che hanno il terrore che simili riforme portino INFLAZIONE (che da loro, dopo Weimar, è vista alla stregua del nazismo, che in fondo nacque anche da lì ), debolezza della moneta (loro che avevano il culto del Marco) e rafforzino il lassismo finanziario dei paesi poco "rigorosi", tra cui ovviamente il nostro.
In conclusione, lo spread quando si è abbassato NON è stato per merito di Monti, al di là della fanfaluche di Letta del PD o di Buttigilione della CDU (che previdero un abbassamento dello stesso di 100 o 200 punti solo in funzione delle dimissioni di Berlusconi ) ma perché la BCE si era messa a comprare i titoli di Stato nostri e della Spagna. E quando si è scesi felicemente sotto quota 300, fu sempre merito di Draghi, che aveva "regalato" un trilione di euro alle banche europee, ANCHE per sostenere i titoli dei rispettivi stati.
Insomma, senza averne l'investitura, la BCE aveva adottato provvedimenti nel senso gradito ai debitori e sgradito alla Merkel, e i mercati avevano subito reagito.
Ora sono 5 settimane che la BCE è ferma, e di altre vagonate di soldi non c'è previsione. Ed ecco che lo spread risale. E come non c'entravano i meriti di Monti allora, non c'entrano i demeriti, che pure CI SONO, oggi.
Quali sono questi demeriti lo abbiamo scritto spesso, riportando i commenti sempre più critici di autori peraltro vicini per formazione culturale al primo ministro (tutti professori della Bocconi).
Oggi leggiamo la rampogna di un altro acuto osservatore, certo non ascrivibile al campo liberista, ma semmai liberal: Luca Ricolfi.
In tempo NON sospetti, cioè ancora prima della crisi berlusconiana e dell'avvento Montiano, Ricolfi aveva scritto un bel libro, "La Repubblica delle Tasse", nel quale aveva ben evidenziato come il problema principale italiano fosse la mancanza di crescita, e che per favorire quest'ultima tra i metodi da adottare NON si poteva prescindere dalla diminuzione della pressione fiscale sul lavoro, e quindi sulle imprese e sui lavoratori. Tasse e contributi sono giunti a livelli insostenibili.
Arriva Monti e sappiamo cosa fa: TASSA tutto quello che si muove, per aggiustare i conti. Ma questi si poteva provare ad aggiustarli anche TAGLIANDO le spese. Questo non si può fare, perché si andrebbe a intaccare il delicato capitolo del CONSENSO. E noi italiani, pare, sperando che a pagare siano sempre gli altri,   siamo più ostili a vederci diminuire i "regali" dello stato (servizi inefficienti ma a basso costo, assistenza gratuita ogni volta che si può) che a subire l'aumento delle tasse.
Non vedo altra spiegazione. Del resto, se il desiderio ardente e  piuttosto demente di coloro che le pagano tutte le tasse è  non già che le stesse vengano ridotte, bensì che le paghino tutti, si capisce bene che siamo mal messi. Anche Grillo sta fola delle tasse che pagate da tutti diminuirebbero non si azzarda a raccontarla, beccandosi del qualunquista da un giornalista del Corriere (ne parleremo) ma dicendo la verità.
Tornando a Ricolfi, così si è espresso sul delirio di indispensabilità che pare aver toccato Monti e i suoi ministri:
Oggi, ve lo confesso, per me l’interesse del Paese è rappresentato di più dalle innumerevoli persone che tentano disperatamente di resistere sul mercato, senza arrivare al passo fatale di ritirarsi o chiudere le loro attività produttive, che non da un governo che non si cura di loro e preferisce - continua a preferire - l’ennesimo aumento della pressione fiscale piuttosto che toccare il totem della spesa pubblica. Perché, è vero, Mario Monti è stato chiamato per «salvare il Paese». Ma l’alternativa che ha di fronte non è quella che, comprensibilmente, preferiscono immaginare i nostri governanti: o noi o il disastro. No, accanto a quella alternativa ce n’è un’altra: l’alternativa fra salvare davvero il Paese, o semplicemente ritardare il momento del disastro. Oggi il rischio è che questo governo si senta così necessario, così migliore dei governi che l’hanno preceduto, così privo di alternative, da non capire che il fatto di non avere alternative non rende per ciò stesso buone le sue politiche"
Applausi. 

Nessun commento:

Posta un commento