domenica 3 giugno 2012

L'AGENZIA PERDE QUASI DUE CAUSE SU TRE. CHE GLI IMPORTA? MICA I FUNZIONARI SONO CONDANNATI ALLE SPESE DI GIUDIZIO.

PAOLO BRACALINI 
Paolo Bracalini è un bravo e giovane giornalista che ha il grande pregio di approfondire i temi che tratta. Ha il pallino delle inchieste - che richiedono un lavoro di ricerca anche noioso (scartabellare archivi, cercare documenti, fare verifiche ) - però poi arrivano lavori ben fatti e ben scritti come il suo libro "I PARTITI spa", che personalmente sto leggendo e che consiglio (purché muniti del solito malox per il rischio di ulcera nel prendere coscienza di certi "numeri").
L'altro giorno avevo riportato la notizia delle "cortesi" lettere del fisco con le quali addirittura il Direttore dell'Agenzia delle Entrate, il Dr. Attilio Befera, si rivolgeva a 300.000 cittadini (tra cui chi scrive) per avvertirli della non congruità tra il reddito dichiarato e certe spese fatte nel 2010.
Attenzione !! Non è che viene detto che il volume di affari non è coerente con i dati del tuo LAVORO, no. Ma che siccome nel 2010 hai dichiarato 100, non gli torna che sei stato in grado di spendere 200.
Filerebbe anche, se non esistesse nel vocabolario e nella cultura sociale ed economica italiana la parola RISPARMIO. Ancora oggi, noi uomini di mezza età, indottrinati da genitori e magari nonni che hanno vissuto guerra e dopoguerra, prima di fare operazioni costose, "mettiamo da parte", anche per anni.
Capisco che nell'Italia americanizzata ciò possa sembrare strano, oggi che la gente s'indebita per andare in vacanza (fino ancora a 15 anni fa, credo di non sbagliare, se i soldi per le vacanze non li avevi, NON ci andavi. Punto.) ma, ripeto, noi della  generazione che ha sentito predicare  le "formiche", non siamo poi diventati "Cicale".
Di questo ho parlato nel mio post http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/06/attenti-risparmiare-e-se-lo-fate-non.html .
E di questo (anche) si occupa nel suo articolo di oggi sul Giornale Paolo Bracalini (che mi gratifica con una citazione), con estrema chiarezza ed efficacia. Nel suo pezzo, un'esortazione al coraggio: non temete gli avvertimenti garbati e un tantinello "mafiosi" dell'Agenzia e fate fiduciosi ricorso. Le Commissioni Tributarie sono ancora luoghi dove il contribuente riceve sufficiente tutela.
Io , agli amici del Tea Party Italia, intanto ho lanciato un'idea: studiare una iniziativa giuridica con impatto politico-mediatico, che attacchi una delle tante norme fiscali oppressive e in odore di incostituzionalità. L'inversione dell'onere della prova in caso di accertamento "induttivo", il principio del solve et repete che, a prescindere dalla pronuncia giudiziaria, ti costringe a pagare il 30% della pretesa erariale ancorché impugnata, l'"abuso di diritto"
Ecco, si potrebbe contattare uno o più  principi del foro in materia fiscale e tributaria, sensibilizzarli, sentire se, come crediamo, queste norme sono costituzionalmente attaccabili, sia a livello di giurisdizione nazionale che europea, e poi andare dalle categorie più minacciate da questo tipo di "Leggi" e dirgli : noi vogliamo combattere questa battaglia, a te conviene, ti unisci?".
Ma ecco l'articolo di Bracalini . Buona Lettura

Il Fisco è un pasticcione: sbaglia due volte su tre
L’Agenzia delle Entrate in tre mesi ha vinto solo il 38% dei ricorsi. Ora insiste: lettere a 300mila contribuenti sospetti. Contenziosi per oltre 11 miliardi

 Peggio del più maldestro dei medici o del più svogliato dei magistrati, c’è un funzionario dello Stato che sbaglia almeno una volta su due, ma non paga mai per i suoi errori. Lavora, lui come tutti i suoi omologhi, nell’apparato pubblico più temuto dai contribuenti, soprattutto quelli onesti: il Fisco.
 C’è lui dietro le 300mila lettere che l’Agenzia delle Entrate sta recapitando ad altrettanti cittadini sospettati di aver dichiarato il falso, perché certe spese (auto nuova, la colf, la scuola privata, il mutuo per la casa) non sarebbero compatibili, a giudizio dell’Erario, col loro reddito annuo.
 Piccolo dettaglio: almeno metà di quelle contestazioni si rivelerà poi sbagliata, priva di fondamento, carta straccia. Lo dicono le terrificanti statistiche raccolte dal ministero dell’Economia, nell’ultimo «Rapporto trimestrale sullo stato del contenzioso tributario», cioè sulle cause tra contribuenti e Fisco comprese tra gennaio e marzo di quest’anno.
Intanto, le dimensioni delle liti: in media 25mila ricorsi al mese (con 830mila ricorsi ancora pendenti al 31 marzo 2012!), per un valore complessivo delle controversie tra cittadini e Stato che supera la spaventosa cifra di 11 miliardi di euro. Soldi che il Fisco considera suoi e che invece i contribuenti (commercianti, imprenditori, professionisti, famiglie) devono dimostrare, con l’onere della prova a carico loro, di non aver mai ingiustamente sottratto e quindi di non dover versare (il contribuente è un presunto evasore fino a prova contraria). Metà di loro ci riuscirà, perché questo dice la tabella sugli esiti dei ricorsi. Ed ecco i numeri. L’ente impositore che ha la più alta percentuale di errori e quindi di insuccessi in fase di contenzioso è l’Agenzia delle entrate. Nell’ultimo trimestre l’ente guidato da Befera ha vinto contro il ricorrente soltanto il 37,98% dei ricorsi. Significa che più di una volta su due, il 62% circa delle volte, aveva ragione il cittadino a contestare la richiesta di pagamento.
Una statistica pessima, che dovrebbe comportare sanzioni per i funzionari che vessano ingiustamente i contribuenti, ma che invece comporta problemi solo per i tartassati, finché non riusciranno a dimostrare la propria «innocenza». E nel 72% si tratta di persone fisiche, non di società. Perlopiù commercianti (19%), imprenditori del settore manufatturiero (15%), ristoratori e albergatori (6%), che ricevono cartelle e avvisi di pagamento campati sul nulla, ma minacciosi. Che riguardano quasi sempre imposte non pagate (Irpef, Irap, Imu e Iva), a detta del Fisco. Ma che una volta su due non erano state pagate perché non dovevano essere pagate.
Peggio ancora dell’Agenzia delle entrate è l’Agenzia del territorio, che ha ragione meno di una volta su tre (30,3%). In altre parole sette contestazioni su dieci che provengono dall’Agenzia del territorio sono fuffa, inventate, anche se bisogna sempre sobbarcarsi l’onere di dimostrarlo (il ricorrente ha ragione il 48,3% delle volte), e per farlo serve in media un anno di patimenti. E la famigerata Equitalia, che percentuale di successo ha nei ricorsi? Anche qui siamo sotto la metà, 42%. Cioè nel 35% dei casi Equitalia ha torto marcio (il contribuente vince su tutta la linea), mentre nel 12% il ricorso viene accolto parzialmente.
«Gentile contribuente, dalla sua dichiarazione dei redditi 2011 risultano alcune spese apparentemente non compatibili con i redditi dichiarati» recita l’incipit delle 300mila letterine appena spedite dall’Agenzia delle entrate. In moltissimi casi chi le ha ricevute si è visto contestare l’incongruità tra lo stipendio e l’acquisto di una casa. «Mai sentito parlare all’Agenzia delle Entrate della voce “risparmio”? Secondo loro una casa si compra coi soldi risparmiati in un anno??» si domanda uno di loro, l’avvocato Stefano Turchetti, che ha raccontato la disavventura sul suo blog. 
Il ragionamento del funzionario del Fisco (che punta al premio incentivo per il budget raggiunto) è questo: se nel 2010 le tue spese hanno superato del 20% il reddito dichiarato nel 2011, è probabile che tu sia un evasore. Una follia. Eppure toccherà al contribuente produrre gli estratti conto bancari o postali per dimostrare come ha trovato quei soldi in più (di norma, i risparmi degli anni prima). Male che vada, farà ricorso. Una volta su due, o anche di più, lo vincerà.

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