venerdì 1 giugno 2012

SCRHOEDER AVVERTE LA MERKEL: "CON LA GRECIA E CON L'EUROPA STAI SBAGLIANDO"

Non scrivendo sulle testate nobili, per sola storia - come la Stampa - o anche per diffusione, come il Corriere e Repubblica, tanti , come me, non conoscevano Davide Giacalone, che pure è uomo da curriculum lungo e sostanzioso: giovanissimo dirigente del PRI di Spadolini, poi, in seguito all'ascesa del suo segretario a Palazzo Chigi, responsabile dei rapporti con la stampa, autore di numerosissimi saggi, coinvolto, come moltissimi ai tempi, nelle vicende che sconvolsero la fine della Prima Repubblica, sopravvissuto come osservatore, politologo e consulente apprezzato.
Io lo scoprii quando , per cercare un contrappasso alla faziosità di Repubblica, quotidiano che lessi per 20 anni, di cui gli ultimi (dall'avvento di  Mauro potrei dire) veramente con grandissima fatica , accompagnai l'acquisto del giornale fondato da Scalfari a uno opposto. Iniziai col Giornale, però non mi piacque, poi passai a Libero e qui, ho trovato giornalisti che apprezzavo: Filippo Facci, Giovanna Maglie e Davide Giacalone su tutti. Ah, per i detrattori di Libero, dà spazio a giornalisti dichiaratamente NON di centro destra, come Pansa e Mughini per citare i più noti, senza imbarazzo alcuno né per loro né per i lettori del giornale .
Quando proprio non ce la feci più. mollai Repubblica per il Corriere, pentendomi per la scelta tardiva. Ma Libero ho continuato a comprarlo, non facendo caso ai titoli e alle vignette, un po' troppo da tabloid inglesi.
Questa lunghissima premessa un po' per dire ai critici a priori che una cosa va conosciuta - in questo caso un giornale va letto - prima di criticarlo. Certo, per la gente visceralmente "tifosa" e di sinistra, è del tutto inutile leggere Libero, ma anche il Corriere a questo punto (e infatti NON lo leggono). Ma per altri, sia pure di idee nettamente diverse, potrebbe essere una finestra affacciata su un mondo diverso ma che può essere utile capire. A me per esempio accadeva con Repubblica, prima di Berlusconi e la relativa ossessione CONTRO, cresciuta fino all'ossessione, e leggendo, sia pure non con continuità, riviste come l'Espresso, Il Manifesto (di cui apprezzavo giornalisti come la Rossanda, Magri e altri).
Altra ragione di questo infinito preambolo, è sottolineare che le cose che Giacalone scrive da UN ANNO, e cioè quando NESSUNO o quasi le diceva, oggi le dicono in tanti: la crisi economica europea è SISTEMICA, e il debito italiano c'entra assai poco (pur restando un macigno del nostro sistema paese).
Felloni furono dunque quei politici e quegli economisti prezzolati che a suo tempo attaccarono il governo di centro destra, sostenendo che se da noi era peggio la colpa era di Berlusconi!
Oggi , dopo sette mesi di cura montiana, lo Spread è di poco sotto 500 punti , l'unica riforma degna di questo nome è in realtà l'anticipazione di quella già in essere in materia pensionistica, molto fumo e delusione per quanto riguarda Lavoro , privatizzazioni (nessuna) e liberalizzazioni (finte). Non parliamo dei tagli alla spesa, l'unica VERA cosa che si chiede allo Stato Italiano e che questo rigorosamente NON fa.
Ultimo tra i personaggi illustri a ribadire i concetti di cui sopra, vale a dire la crisi europea determinata dall'anomalia di una moneta unica per stati NON federati, e che quindi procedono in ordine sparso, senza però poi fruire degli strumenti difensivi tipici contro la speculazione (svalutazione e immissione di liquidità), è l'ex Cancelliere tedesco Schroeder.
Quest'ultimo, pur di fare riforma la riforma del lavoro che riteneva INDISPENSABILE per il suo Paese, ancorché impopolare, accettò di perdere le elezioni e quando ancora aveva la possibilità di un'alleanza con la sinistra, che gli avrebbe garantito la Cancelleria, rinunciò preferendo la grande coalizione con la CDU della MErkel (a cui così lasciava il posto di capo del governo), ben sapendo che la Linke (la sinistra radicale tedesca) mai gli avrebbe consentito di fare le leggi di sacrificio che OGGI salvano la Germania.
Quello che si dice un uomo di Stato.
Ecco, quest'uomo critica aspramente oggi la Merkel in un'intervista di cui propongo ampi stralci ...



«Quello che fa il governo tedesco, cioè dire alla Grecia che bisogna fare contemporaneamente le riforme e la politica di austerità, non ha alcun senso né politico, né economico. È chiaro che hanno bisogno di più tempo. Non posso sottoscrivere in toto la poesia di Günter Grass sulla Grecia, ma ha un argomento forte: non abbiamo dato ad Atene molte chance».  
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. «Nessun governo in una democrazia può imporre riforme strutturali e allo stesso tempo attuare una politica di austerità, pena gravi tensioni sociali. Questa fu la situazione tedesca nel 2003. Io avevo appena realizzato l’Agenda, oltre 20 miliardi di euro di tagli e una severa riforma del mercato del lavoro. Ma non potevamo strozzare ulteriormente l’economia. Così abbiamo chiesto un margine più ampio nel rispetto dei criteri. Poi ho perso le elezioni, la signora Merkel ne ha approfittato, l’economia è ripartita, ma questa è un’altra storia. La lezione di allora è che un Paese come la Grecia ha bisogno di più tempo».
C’è un reale pericolo che l’euro si disintegri?
«No, non credo. Analizziamo i termini del problema. Abbiamo un fiscal compact sottoscritto dai Paesi dell’eurozona. C’è stata un’elezione in Francia, con la vittoria di Hollande che chiede di rinegoziarlo. C’è qualche passo in direzione della politica economica comune, cioè verso l’unione politica. Cosa può ottenere in più il nuovo presidente francese? Probabilmente un completamento, non formale ma di sostanza, in direzione di un patto per la crescita, senza bisogno di rimettere in discussione il patto fiscale. Con il che potrà dire che la sua rivendicazione è stata recepita. Di questo faranno parte tre elementi: una concentrazione dei fondi strutturali e di coesione verso i Paesi che ne hanno più bisogno: ci sono ancora risorse significative disponibili per infrastrutture, ricerca, sviluppo. L’aumento della dotazione della Bei, attraverso i cosiddetti project bond, oppure l’aumento del suo capitale. Poi verranno gli eurobond, cioè il primo passo verso l’europeizzazione del debito…».
 Ma è ciò che la Germania non vuole…
«È vero, la Germania in questo momento non lo vuole. Ma la questione è che contemporaneamente bisogna fare passi concreti verso il coordinamento delle politiche economiche e finanziarie. Non si possono fare gli eurobond, senza portare a termine le riforme strutturali di cui ogni Paese ha bisogno e senza muoversi allo stesso tempo verso l’unione politica. Queste cose devono marciare insieme. E a queste condizioni, la Germania non avrebbe più argomenti per dire di no».
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  Per i mercati è essenziale che i Paesi dell’eurozona indichino con chiarezza la linea e dicano: andiamo verso l’unione politica, con tutto ciò che comporta, indicando i passi concreti a breve, medio e lungo termine. Un commissario deve diventare una sorta di ministro delle Finanze dell’eurozona. O si fa questa riforma istituzionale o la moneta unica è a rischio ».

Quindi a suo avviso la crisi è sostanzialmente politica?
«È chiaro. All’inizio abbiamo creduto con l’euro di poter fare un progetto politico, forse anche contro la razionalità economica, sperando che poi questo ci costringesse all’unione politica. Purtroppo non è successo. Adesso o ci arriviamo, o la moneta cadrà. Se la crisi prova qualcosa, è che non si può avere una moneta unica senza una politica economica, finanziaria (e aggiungerei sociale) comuni».

Ma tra la crisi e l’unione politica, c’è un problema immediato da risolvere di nome Grecia. Siamo ancora in tempo per salvarla?
«Sì. Dipende molto da loro, da come voteranno tra due settimane, se vogliono essere salvati. Se ci sarà un governo disposto a fare le riforme necessarie, possiamo salvarla. Come dicevo, occorrerà però dare più tempo al nuovo governo greco. L’errore più grave che abbiamo fatto è aver lasciato in bilico Papandreu. Lui era stato chiaro: datemi più tempo. Ora, i greci devono capire che le riforme strutturali vanno fatte, ma gli europei devono capire che queste cose non si fanno in una notte. Dovremmo dire subito che vogliamo salvare la Grecia, che questo può avvenire solo se loro riformano il Paese, ma anche che devono poterlo fare gradualmente. Al momento purtroppo esercitiamo su Atene soltanto pressione».
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 Ma un’eventuale uscita della Grecia dalla moneta unica secondo lei causerebbe il crollo dell’intera eurozona?
«Sarebbe una vittoria dei mercati sulla politica ».
 E sarebbe in grado l’Ue di contenerne gli effetti?
«In generale, non amo discutere situazioni ipotetiche. Sinceramente non credo che Atene uscirà dall’euro. La Grecia rappresenta il 3% del Pil dell’Ue. E a quelli che predicono l’effetto domino, rispondo che basterebbe una forte presa di posizione politica per impedirlo».
 Lei comunque non è pessimista. Su quali basi?
«L’Europa è sempre avanzata come la processione del martedì di Pentecoste a Echternach: due passi avanti uno indietro, ogni tanto addirittura uno avanti due indietro. È vero che questa crisi ha una qualità diversa, è probabilmente la più seria che abbiamo mai vissuto, perché a essere minacciata è la base economica. E si può risolvere solamente se ci sarà unità d’intenti e d’azione tra i grandi Paesi, a condizione che capiscano e dicano che la direzione sia quella dell’unione politica ».

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