Sulla manifestazione di ieri, più che altro sulla situazione di tensione crescente che in Italia si sta creando, così come era già accaduto e tuttora accade in altri paesi messi a "dieta" come noi, avevo scritto un post :
http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/11/monti-gli-italiani-non-sono-piu-bravi.html .
Oggi si leggono le polemiche consuete sulla violenza delle forze dell'Ordine, gli eccessi dell'una e dell'altra parte, la guerra di propaganda fatta da filmati e fotografie pubblicate dalle due parti.
Personalmente, non mi risultano cariche indiscriminate della polizia in generale. Stanno lì, a sorvegliare che il/i corteo segua il percorso concordato tra Questura e Organizzatori, difendono i cosiddetti obiettivi sensibili, e in genere è per la voglia di forzare questi accessi che si aprono gli scontri, sempre avviati da gente che ai cortei pacifici si presenta con scudi, caschi integrali e bastoni. Se poi capita un estintore da lanciare, non dispiace....
Quando scattano le cariche, lì in effetti la cosa prende una brutta piega, perché nel fuggi fuggi generale, il controllo salta, e si assiste anche a pestaggi "punitivi". Il problema è e resta l'isolamento delle formazioni violente che vengono ai cortei per creare disordini, e che si "proteggono" nel corpo del grosso dei manifestanti. Finora, tattiche risolutive non sembrano essere state trovate.
SI vedono foto di ragazzini delle superiori che perdono sangue dal viso e non sono belle immagini, mentre non batterei ciglio, anzi, se quelle foto riguardassero le teste dei black bloc , movimentisti , ribelli o come si vogliono farsi chiamare .
Sul corteo "europeo" di ieri, sul fatto che sia stata un'occasione di più per vedere come l'Europa sia spaccata, e che le ragioni della protesta si traducano poi in rivendicazioni di soluzioni tutt'altro che ragionevoli e risolutive, lo spiega bene Davide Giacalone nel suo articolo dedicato alla giornata.
Buona Lettura
Botte di orbi
Lo hanno chiamato “sciopero europeo”, ma non è vero. Gli
scioperi ci sono stati nell’Europa che affoga, non in quella che galleggia o
nuota. Ci sono stati dove i morsi della crisi hanno già strappato le carni,
come in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. Nelle lande della transnazionalità
recessiva. Altrove qualche manifestazione o raduno. Se fosse stato “europeo”
sarebbe stato un buon segno, tutto sommato, perché, che si condividano o meno
gli slogan della protesta, avrebbe messo in luce un comune sentire e la
necessità di un comune interlocutore. Invece le proteste si sono concentrate
sulle conseguenze della crisi, indirizzandosi contro i governi nazionali che ne
sono i gestori contabili. Con l’assurdo che si sono paralizzate le città
epicentro della recessione, così amplificandone le dimensioni.
Protestare e scioperare è lecito, in democrazia, ci
mancherebbe altro. Spero sia lecito anche segnalare la confusione mentale e
culturale della protesta. Da una parte non si vogliono i tagli alla spesa
pubblica, dall’altra si assaltano le banche che non prestano i soldi e
strozzano i clienti. Ma per finanziare la spesa pubblica le banche hanno ricevuto
soldi dalla Banca centrale europea, con cui comprare titoli del debito statale.
Nel momento in cui scarseggia, o diventa troppo caro, il credito internazionale
i soldi o li metti a finanziare la spesa pubblica o li metti nel circolo della
vita civile, per imprese e famiglie. E siccome la spesa pubblica è largamente
improduttiva, siccome i tagli a quella hanno effetti recessivi inferiori
all’aumento della pressione fiscale, le proteste europee dovrebbero chiedere il
contrario di quel che urlano: basta con la spesa pubblica, basta con le tasse
troppo alte. Se i portatori d’interesse non conoscono i propri interessi
diventano interpreti d’astratti furori. Che non portano a nulla, o portano a
credere che si è tanto più convincenti quanti più cordoni di polizia si
forzano. Così finisce male.
Meglio dirlo subito: ogni violenza deve essere punita. Nulla
può giustificare lo scendere in piazza come se si andasse in guerra.
In Italia i protagonisti della protesta sono stati gli
studenti. Hanno di che protestare, eccome. Ma non ho sentito chiedere una
scuola più selettiva e meritocratica, nonché più vicina al mondo produttivo.
Non ho sentito reclamare università capaci di osmosi con le imprese. Ho sentito
la solita gnagnera de: la scuola pubblica non si tocca e no ai tagli. E’ grazie
a questo genere di idee che ci troviamo con i peggiori risultati comparati, in
quanto a preparazione degli studenti. E’ grazie a quel genere di diplomificio
fine a sé stesso che il numero dei laureati è ridicolo. Mica scappano perché è
difficile, se ne vanno perché è inutile.
Gli studenti dovrebbero chiedere tagli alla spesa pubblica
corrente e cancellazione della scuola ottocentesca, fatta di libroni, quaderni,
gesso e lavagne. Dovrebbero far vedere che il cellulare, e spessissimo lo
smartphone, lo hanno in tasca, sicché si potrebbe utilizzarlo non solo per la
socialità, ma anche per la didattica e l’interazione amministrativa. Da anni i
governi rinviano la scuola digitale, cedendo alla lobby degli stampatori. Non
m’è giunta notizia di proteste.
In uno striscione, retto da giovanissimi, ho letto che le
ore d’insegnamento non devono essere più di 18, con evidente riferimento al
(fallito) tentativo governativo di portarle a 24. Ma il loro interesse non è
mica quello di avere la classe docente più affollata della media europea, salvo
essere la meno pagata al mese e la più pagata a ore. Il loro interesse, semmai,
è che la meritocrazia si faccia valere anche fra le cattedre, che i bravi
professori siano premiati e che i tanti somari, specie all’Università, siano
cacciati. Sono proprio quei lavativi cattedratici, quegli ignoranti che
insegnano a gioire della difesa a spada tratta del modello pubblico, così
passeranno direttamente dall’esamificio alla pensione. A spese di quelli che
oggi protestano e domani reclameranno ancora spesa pubblica, per pagare la
pensione degli altri.
Certo che servono una coscienza e una protesta europee. Come
serve un’autorità, democratica, europea. Ma quelli visti ieri sono i brontolii
di un corpo messo a troppo ridotta dieta, non assistiti dall’intelligenza che
avverta il veleno dell’ingrasso precedente. Se non ci fosse l’Unione europea
ciascun Paese conterebbe meno, e se non ci fosse l’euro si potrebbe sì
svalutare, ma rodendo con l’inflazione i redditi familiari che mantengono i
manifestanti. Non serve a nulla neanche avere ragione, se non si conoscono le
proprie ragioni e si marcia difendendo i torti.
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