Il vero salvatore dell'Unione Europea, al momento, è un italiano, Mario Draghi. Senza la sua risolutezza, probabilmente in estate le cose sarebbero precipitate in malo modo, e oggi lo spread non starebbe sotto quota 340, nonostante che nulla vada bene.
L'Europa è sostanzialmente ferma, con diversi paesi in recessione (noi tra questi) , la Francia in cattiva salute e la Germania in frenata.
Nel Mondo non ridono. Gli Usa alla prese col Fiscal Cliff da disinnescare, e presto, visto che il 31 dicembre incombe. La Cina da tempo non macina più percentuali stratosferiche di crescita del PIL.. Certo il loro 7/8 % noi europei ce lo sogniamo ma per quell'economia pare sia un livello non sufficiente, accentuatore di disuguaglianze già fin troppo marcate in quell'emisfero.
In Oriente, ai problemi trascurati - Siria, Iran, Iraq, per non parlare dell'Afghanistan - si è riaccesa la polveriera in Palestina e Israele. Insomma, nessuna buona notizia però i mercati non ruggiscono e lo spread, come detto, resta altino ma ben 200 punti sotto ai momenti peggiori.
Anche le fibrillazioni precedenti ai vertici europei si sono attenuate. Prima, ogni volta era l'ultimo treno per l'area Euro! In realtà, nonostante se ne siano persi tanti, siamo ancora dove eravamo cinque anni fa, quando tutta questa brutta faccenda ebbe inizio : 2007, fallimento di Lehaman Brother's . Incendio Greco domato ? Per nulla. Gli altri guariti ? Nemmeno. Anzi, qualcun'altro è in procinto di ammalarsi , e infatti ha perso la tripla A.
L'Europa non sembra aver capito quale fosse e sia la cura migliore. L'Auterity sembra essere il classico salasso, a cui si ricorreva nel '500 non sapendo che altro fare. Infatti il malato non guariva, e anzi a volte moriva proprio.
Nella confusione diffusa, negli egoismi e sospetti reciproci, francamente l'unico che ha mostrato chiarezza di idee e determinazione nel perseguirle è stato l'attuale presidente della BCE.
Che ai mercati intima che non lascerà indifeso l'Euro, e ai paesi europei che devono smetterla con le tasse e avere coraggio coi tagli.
Proprio vero che in Italia c'è la fuga dei cervelli all'estero....
Di seguito, l'analisi di Giacalone sul nuovo summit europeo e lo stato dell'Unione.
Buona Lettura
Morbo greco
Più che il ricambio delle camicie, come suggerisce Van
Rompuy, al vertice europeo dovrebbero portare la camicia di forza, perché solo
dei matti possono entrare in una riunione sul bilancio, con aperta la questione
degli aiuti alla Grecia, e uscirne senza essere approdati a nulla, confermando
che due anni sono passati invano. Siamo ancora al punto di partenza: la Grecia
sull’orlo del fallimento, la Spagna e l’Italia in rampa di lancio, la signora
Merkel in campagna elettorale, i francesi che l’hanno finita, ma non per questo
smettono di pendolare.
L’Europa che c’è dimostra la propria irresponsabilità,
mentre quella che non c’è, e che dovrebbe esserci, non la si può aspettare in
eterno.
I dati greci sono istruttivi. Si è al quinto anno di
recessione. Nel terzo trimestre del 2012 il suo prodotto interno lordo è
scivolato di un ulteriore 7,2%. Dall’inizio della crisi ha perso il 25%, mentre
il reddito delle famiglie è calato del 40%. Questi sono gli effetti di una
guerra. Persa, per giunta. Invece la guerra non c’è stata, il che è un bene, ma
le macerie abbondano. Alla Grecia è stata imposta una cura durissima. Misure
espiative, utili (se ci si crede) a immolarsi innanzi al dio-spread, figlie di
una politica penitenziale. Il risultato economico? Il primo salvataggio della Grecia
risale al 2010, da quando la si salva, in questo modo, il debito non fa che
crescere: per il 2011 era previsto si attestasse al 145%, ma è arrivato al 171;
per il 2012 era immaginato al 148, sarà al 176; nel 2014, ammesso che abbia una
senso continuare a leggere queste previsioni, è quantificato al 190. Cura
efficace, come si vede: i greci sono sempre più poveri e sempre più indebitati,
mentre per continuare a “salvarli” si devono scucire più denari di quanto
sarebbe costato federalizzare ed estinguere il loro debito iniziale.
Se guardate questa scena e gettate un occhio all’altare
maggiore, dove domina il ritratto del dio-spread, scoprite che la divinità non
s’adira, questa volta, è paciosa. Che si sia rabbonita? Che l’abbiano commossa
i dolori imposti dai governi dei Paesi nel mirino? Non credo. Il fatto è che,
oramai, della Grecia non frega niente a nessuno (il che mi fa sentire sempre
più greco e sempre meno disposto a celebrare questa Europa mal riuscita).
L’attenzione si sposta su Spagna e Italia, che si trovano in condizioni più
arretrate, ma su quella stessa via. Anche da noi si tassa a man bassa, si
toglie alle famiglie e s’immola al dio, ma il debito cresce. Meno, certamente,
ma cresce. Allora il dio guarda e pensa: non m’eccito per la Grecia, dico solo
che se non riescono a riacchiappare quel nano col piffero che ci riescono con
due giganti, sto buono e attendo di capire quante camice metteranno in valigia,
il giorno in cui gli aiuti saranno chiesti dalla Spagna e dall’Italia, intanto
mi diletto con gli americani, alle prese con un debito alto e un Parlamento
spaccato.
Quando arriva il giorno in cui chiederemo gli aiuti? La Bce
già interviene (grazie a Mario Draghi) per sostenere i nostri Paesi, ma non ci
si è rivolti al salva-stati perché questo metterebbe in imbarazzo il governo
tedesco, farebbe esplodere le contraddizioni di quello francese,
comprometterebbe le elezioni catalane di quello spagnolo, mentre da noi si
gioca al gioco del cerino, sperando che siano i successori a doverlo fare. Roba
lungimirante.
Leggete quel che è scritto nel rapporto della Banca
d’Italia: in un anno il credito alle imprese è sceso di 38 miliardi (4,2% in
più rispetto al tasso di recessione, ottima premessa per la recessione
prossima); i depositi degli italiani, nelle nostre banche, ammontano a 2.340
miliardi, mentre i prestiti di queste a 2.860. Che ci sia differenza è normale,
ed è normalmente coperta da bond e prestiti interbancari, solo che quel corso
d’acqua s’è prosciugato, sicché, se non interviene la Bce (che già lo ha fatto
in passato) il credito sarà ulteriormente contratto. Ciò pasce la recessione
(altro che ripresa imminente, di cui favoleggiano al governo) e, contraendosi
il pil, cresce il debito. Il morbo greco.
La Bce interverrà? Fosse per Draghi la risposta è affermativa, ma si
deve mettere in conto l’opposizione della Bundesbank. E siamo al punto di
partenza. Con l’aggravante che se si salva la Grecia prestandole denaro a un
quarto del tasso d’interesse che le chiede il mercato (4 contro 16, più o meno),
e se lo si fa dividendo le poste spettanti a ciascun Paese, chi paga tassi
superiori al 4 (come noi) sovvenzionerà i greci, mentre la Germania si
arricchirà, visto che grazie alla scombinatezza dell’euro prende soldi gratis.
Due anni dopo siamo ancora lì, con un’Europa a trazione tedesca. Non è
ammissibile, non è conveniente, non può durare.
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