La cosa che non ti aspetti : Davide Giacalone iscritto all'elenco dei "complottisti" come un qualsiasi Giulietto Chiesa !!! Siccome il secondo non lo stimo mentre il primo è un punto di riferimento, immaginate la sorpresa ...La questione riguarda i due Marò italiani tornati in "licenza" dall'India per le feste di Natale, e che dovranno tornare lì il 10 gennaio se nel frattempo non accadrà qualcosa.
Io sono d'accordo con Giacalone quando scrive che tanto spazio e clamore dato al rientro dei due militari non può che essere interpretato in due modi : 1) le nostre autorità hanno motivo serio e concreto di pensarli innocenti ; 2) ce ne freghiamo di come avranno registrato le autorità indiane ( e la popolazione, tramite i loro media) un'accoglienza degna di eroi sottratti (peraltro a tempo e dietro pagamento ) alla giustizia di un paese che evidentemente avvertiamo come NON amico.
E qui nasce la spiegazione "arcana" di Giacalone : la condotta dell'India è troppo strana nella fattispecie ...se non altro la lentezza assurda nel trattare una vicenda dove , anche se più male che bene, abbiamo scomodato tutta la nostra diplomazia, subendo anche diverse mortificazioni...
A distanza di dieci mesi, la Corte Superiore Indiana ancora non è stata capace di decidere a chi tocca la giurisdizione , vale a dire se il processo dovrà essere celebrato in Italia o da loro. Roba che manco i nostri giudici bradipi...Senza contare che i nostri magistrati, quando vogliono, sanno correre....e lo stesso vale in tutto il mondo. Se in India si va piano, in un caso del genere, dove qualche parola (ancorché scarsa ) è stata spesa alla fine anche dalla UE e qualche altro amico, è perché lo si VUOLE, non perché sono lenti e inefficienti (lo saranno, nei casi normali, ma sono affari loro ).
Questo è ineccepibile, così come lo è la logica considerazione che non è la condotta di un paese amico, con cui ci sono buoni rapporti internazionali. Ancorché fosse vero che i due Marò abbiano ucciso due pescatori perché imprecisi nel fuoco intimidatorio (sicuramente il peschereccio, per essere colpito, doveva stare TROPPO vicino alla nave italiana) , fai di un incidente per quanto tragico per le famiglie un caso e un incidente diplomatico ? Poco tempo fa è accaduta una cosa simile tra una nave americana e una imbarcazione degli emirati arabi. Se n'è parlato per un giorno, scarso, e gli americani nemmeno hanno chiesto scusa.
Quindi qualcosa di più ci deve essere. A suo tempo fu verosimilmente attribuito al periodo elettorale nello Stato del Kerala, dove i Marò erano trattenuti e dove sarebbero processati, del caso. Liberare due militari accusati di aver ucciso due poveri pescatori sarebbe suonato come un intollerabile, per la popolazione, segno di debolezza nei confronti degli stranieri. Per chi ha avuto un passato coloniale secolare, e conseguenti complessi di inferiorità, si comprende che non sia semplice. Ma poi ?
Ed ecco la tesi di FINMECCANICA, il "complotto", la "rappresaglia" ad uno sgarro commerciale...
Suggestivo, anche ipotizzabile, ma le prove ??
Io spero che le cose non stiano così, che l'India abbia problemi di opinione pubblica, specie nel Kerala, e avesse bisogno di far passare del tempo perché l'attenzione scemasse. Temeva che una decisione della Corte che riconoscesse la giurisidizione italiana sollevasse disordini anche gravi, favoriti dalla presenza fisica dei Marò sul suolo indiano, con manifestazioni o peggio tese ad impedire la loro liberazione. Così invece, con la scusa della licenza natalizia e la promessa del ritorno, li hanno fatti rientrare in Italia. Prima del 10 gennaio la Corte si pronuncerà, legittimerà quanto già in essere, e cioè che i due italiani devono essere processati in Italia e quindi non devono tornare, e la gente si arrabbierà ma non potrà più fare caciara per opporsi alle decisioni delle autorità.
Troppo ottimista ? Mi sa di sì. Vedremo.
Buona Lettura
Marò pedine
Non è nostra intenzione disturbare il clima natalizio e,
anzi, auguriamo ai due marò appena rientrati dall’India di passare serenamente
le due settimane di libertà che sono state loro concesse. Ma non è poi così
facile e scontato considerare solo il lato positivo di questa notizia. Credo ce
ne sia uno negativo, che i nostri commentatori non vedono o fanno finta di non
vedere: si dimostra che le autorità indiane non ce l’hanno con i due militari,
ma con l’Italia. Che la contesa non è esclusivamente su una competenza e una
procedura penale, ma sugli interessi dei due Paesi.
I due militari (non ne ripeto i nomi, ma per rispetto,
giacché credo siano solo due pedine) sono accusati di omicidio. Non entro nel
merito della vicenda, perché a questo punto conta solo che il governo italiano
li considera innocenti e li vuole per sé, mentre il governo indiano ci risponde
picche e vuole che sia la propria giustizia ad andare avanti. Sono accusati
d’omicidio, dunque. E noi dovremmo credere che si concede la licenza a due
presunti omicidi, dopo il pagamento di una cauzione (826 mila euro) non
destinata a garantire la libertà fino al processo, ma il ritorno a casa per le
feste natalizie? Dovremmo, cioè, credere che la giustizia indiana è capace di
ciò che a quella italiana risulta impossibile? Visto che i detenuti in custodia
cautelare, quindi costituzionalmente innocenti, passeranno al gabbio le feste,
e visto che anche i destinatari di misure restrittive cautelari, quindi senza
alcun processo, neanche potranno riunire le loro famiglie sotto l’albero, ove
al padre sia stato proibito di vedere il figlio. Dovremmo credere a roba così?
Ci è chiesto troppo.
Questo è divenuto lo scontro fra due Paesi, e, in questa
chiave, credo che l’Italia stia continuando a commettere errori. Anche nel
ricevere i due militari: il capo di Stato maggiore della marina all’aeroporto;
il ministro degli esteri che si dice sicuro dell’esito positivo, ove, fin qui,
non c’è una sola cosa che sia andata come si era precedentemente detto sicuro (taccia,
almeno per scaramanzia); la convocazione al Quirinale. Tutto spettacolarizzato,
laddove sarebbe stata saggia la discrezione. Sembra che siano tornati due
cittadini finiti nelle grinfie dei nemici o, peggio, di un popolo incivile, che
li detiene illegittimamente. Tanto festeggiare finisce con l’avere tre
significati: a. l’Italia s’identifica con i suoi due militari; b. essi sono
innocenti; c. l’India si sta comportando male. Ed è proprio quest’ultima cosa a
uscirne esaltata mentre, forse, l’intenzione era quella di sottolineare le
prime due. In questa faccenda, insomma, la cattiva gestione, fin dall’inizio,
fin dalle prime ore, ha un ruolo determinante.
Se questi sono gli errori di parte italiana, perché l’India
ha assunto una posizione così rigida? Mettiamo che abbiano ragione loro, che i
due militari siano colpevoli di non avere applicato correttamente il protocollo
e che, quindi, abbiano ammazzato indebitamente dei pescatori. Butta storia,
ovviamente, ma non così grave. A maneggiare le armi, può capitare. Accusatemi
di cinismo, se credete, ma è capitato anche a militari stranieri in Italia. E’
ragionevole che le autorità del Paese colpito si risentano, ma se i rapporti
fra i due Stati sono buoni non farà altro che consegnare i presunti colpevoli
nelle mani dell’autorità altrui. Così si salvano i buoni rapporti e la pretesa
punitiva, poi si dimentica. Se qui le cose vanno all’opposto è perché manca la
premessa: i buoni rapporti. Perché manca? Ecco il punto delicato: forse per
come un’impresa dello Stato italiano ha condotto i propri affari, Finmeccanica.
Non sto dicendo che è di quella società la “colpa”, e, del
resto, sto accennando al lato oscuro di uno scontro noto come tale, ma
sottaciuto. Qualcosa non ha funzionato. E siccome è difficile che reazioni di
questo tipo siano provocate da inadempienze relative al contratto scritto, è
facile che riguardino la sua parte non scritta. Senza ipocrisie: in tutto il
mondo si fanno affari pagando extracosti o consulenze, alias mazzette, specie
nel settore militare, il moralismo è fuori di luogo, ma se trovi un Paese
inferocito, come l’India si mostra con noi, tocca al governo stabilire chi,
come e perché non ha funzionato.
Fin qui, invece, assistiamo a uno spettacolo diverso:
Finmeccanica è stata abbandonata, ma non decapitata e rinnovata; voci
ricattatorie corrono per ogni dove; il capo del governo italiano assiste inerte
alla non ammissione dei vertici Finmeccanica agli incontri internazionali.
Finmeccanica e governo hanno divorziato. E questo è grave, perché il governo è
l’azionista, nonché il titolare della politica estera.
I due marò forse hanno sbagliato, o forse no, non lo so. So
che sono due pedine. Ora ce li mandano in vacanza dalla galera, noi li
riceviamo come avessero vinto una guerra, ma poi dovremo scegliere: tenerceli,
aprendo la guerra, oppure restituirli, umiliandoci. In quanto all’esito finale,
ho più fiducia nel giudice indiano che nella lucidità politica e diplomatica
che, fin qui, s’è vista.
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