Un uomo di 30 anni, sposato, padre di due figlie piccole, incensurato, lavoratore, ha un black out allucinante e violenta praticamente sotto casa propria una ragazza di 24 anni. Per strada, a poche decine di metri da vie più affollate, con le amiche di lei che sono in grado di accorrere alle grida della donna dopo una decina di minuti, giù di lì, non vedendola tornare con l'auto che era andata a prendere (tutte insieme no, troppa fatica). Il Cigno Nero, l'accadimento non previsto per la realizzazione del quale convergono tutta una serie di concomitanze e scelte infelici.
L'uomo accusato sembra avere contro di lui già prove significative, come le riprese delle solite videocamere che ormai , sorvegliando gli ingressi di case e attività commerciali, costituiscono un grande occhio permanente su tutta la città.
Su richiesta della Procura, è agli arresti domiciliari. E qui scatta l'altro black out, quello di certa parte della folla che vuole il carcere per il reo. Che è giusto, quando quest'ultimo sarà riconosciuto definitivamente colpevole e per questo condannato. Al momento è un indagato, ancorché, pare, con elementi probatori importanti a carico. Veniamo condannati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo perché le nostre carceri sono in condizioni inumane (e i detenuti che hanno fatto ricorso, che pure stanno lì perché condannati, avranno diritto a risarcimenti pari a decine di migliaia di euro ) e sui giornali ci si straccia le vesti. Si ricorda come un terzo della popolazione carceraria è lì in regime di custodia cautelare, molti addirittura ancora in attesa del processo di primo grado. Si rimprovera il Parlamento di essersi piegato alla lobby forense e in limine del mandato aver approvato la riforma forense invece di norme che dessero soluzione alla vergogna carceraria. La Severino si rammarica. Da più parti si ricorda alle procura e ai Giudici pre processo (quelli delle indagini preliminari ) che già oggi la Cassazione pretende una motivazione seria per l'adozione del carcere come misura cautelare al posto di altre meno afflittive, come appunto gli arresti domiciliari. Si parla e si discetta di tutto questo, poi quando si trovano due cani che lo fanno (procuratore e GIP) dagli all'untore !!
E non solo da parte della folla, che in fonda per definizione non brilla per intelligenza ( gli ultrà di calcio poi !!! un vero modello di legalità ! ) ma su quegli stessi giornali che nei giorni precedenti si sono battuti contro il carcere facile !
Così, sul Corriere della Sera, a firma di tale Fabio Finazzi, leggiamo che sì, l'accusato ha diritto a difendersi e ad affrontare i vari gradi di giudizio (ma com'è buono lei.....) ma "andava messo in carcere, sono saggi uomini della giustizia (garantisti, non ultrà ) a pensarlo".
E chi di grazia gentile Finazzi ? Un nome lo potrebbe fare ?
Le tensioni vanno prevenute non alimentate, continua il nostro...
Tradotto, non urtiamo la pancia manettara della gente. E' proprio per non ferire la "sensibilità" di questo tipo di gente che siamo non solo il paese condannato per la condizione disumana delle carceri (per il sovraffollamento, mica per le torture ! ) ma anche quello che più deve aprire la borsa per i risarcimenti da ingiusta detenzione !
Ma a parte queste considerazioni, resta quella che il carcere è, per principio civile e costituzionale l' "ultima res", e quindi quello preventivo, oggi ipocritamente chiamato cautelare, andrebbe adottato come eccezione, seriamente motivata. Parere del tutto personale, in una futura riforma lo prevederei solo per reati gravi (questo lo sarebbe, in effetti ) e dove ci sia il concreto pericolo della reiterazione. Il pericolo di fuga lo eliminerei, per esempio.
Certo, se i processi fossero veloci, soprattutto laddove si ritiene di avere elementi concreti, "certi" in mano, il problema sarebbe avvertito in modo ben diverso anche dalla gente del mercato. E' questo il vulnus del nostro sistema giudiziale, sia civile che penale, e che nel secondo campo certa magistratura cerca di fatto di risolvere con il carcere applicato ancora prima della condanna. Tanto lo sappiamo che sei colpevole, intanto sta dentro.
Non funziona così caro Finazzi, e ci citi i "garantisti" che la penserebbero come lei. Magari parli anche con qualche suo più preparato e illuminato Collega, anche del suo stesso giornale, come Pierluigi Battista.
Forse qualcosuccia gliela spiega meglio.
Ecco l'articolo di cronaca che riporta la notizia sul Corsera
LA VIOLENZA
Non va in cella dopo lo stupro:
cortei e minacce degli ultrà
Fiaccolata con il sindaco. Ultrà
assediano l'uomo ai domiciliari.
Il magistrato e l'aggressore della
ragazza incinta: applicato il codice
Uno striscione affisso sotto casa dell'accusato di violenza sessuale
La città scende in piazza contro la violenza sulle donne, con una fiaccolata organizzata dal Comune dopo lo stupro subìto da una ragazza incinta, di 24 anni. Ma intanto a Bergamo esplode la protesta, dopo la decisione del giudice di mandare ai domiciliari il presunto aggressore, il facchino kosovaro di 32 anni Vilson Ramaj, con striscioni, lanci di bottiglie e bombe carta contro il portone di casa sua, a pochi passi dal luogo della violenza. La rabbia più evidente è quella di un gruppo di ultrà dell'Atalanta, che conoscono la giovane violentata e le due amiche che l'hanno soccorsa. Oltre alle manifestazioni più scalmanate c'è un'intera città che si interroga, guarda verso la Procura e il tribunale, e si domanda perché.
Perché un uomo accusato di stupro non viene mandato in carcere subito? Se l'è chiesto apertamente l'ex assessore della giunta lombarda Daniele Belotti, il leghista che non ha mai nascosto i suoi rapporti con gli ultrà ed è anche indagato per concorso esterno in associazione a delinquere, proprio per il suo legame con la tifoseria. «C'è gente che per reati molto meno gravi deve affrontare sei mesi di carcerazione preventiva, questo è uno scandalo», dice Belotti.
I dubbi serpeggiavano anche nel tardo pomeriggio di ieri tra le 300 persone che hanno partecipato alla fiaccolata di solidarietà alla ragazza violentata, in prima fila il sindaco del Pdl Franco Tentorio. «Siamo qui per chiedere maggior tutela per le donne - ha detto una mamma -, ma facciamo davvero fatica a capire. Se per un violentatore non si aprono le porte del carcere cresce l'insicurezza».
I dubbi serpeggiavano anche nel tardo pomeriggio di ieri tra le 300 persone che hanno partecipato alla fiaccolata di solidarietà alla ragazza violentata, in prima fila il sindaco del Pdl Franco Tentorio. «Siamo qui per chiedere maggior tutela per le donne - ha detto una mamma -, ma facciamo davvero fatica a capire. Se per un violentatore non si aprono le porte del carcere cresce l'insicurezza».
Gli ultrà atalantini non hanno usato mezze misure. Proprio durante la fiaccolata di ieri, che è passata sotto l'abitazione dell'uomo ai domiciliari, hannoappeso uno striscione: «Datelo a noi». «È una nostra provocazione», ha commentato il capo ultrà Claudio Galimberti, più noto come Bocia. E quella scritta è rimasta appesa per diversi minuti sotto l'appartamento di Vilson Ramaj, chiuso in casa con la moglie e le due figliolette, di quattro e un anno. Il timore degli amministratori della città e anche della polizia è che possano essere bersaglio di ritorsioni.
I rischi erano già evidenti nella notte tra venerdì e ieri, poche ore dopo la notizia dei domiciliari, quando gli ultrà hanno individuato l'abitazione del facchino kosovaro. Un gruppo di tifosi ha iniziato a inveire. Poi è scattato il lancio di bombe carta, fumogeni, bottiglie. Ed è spuntato anche lo sgabello di un bar, scagliato a ripetizione contro il portone, mentre polizia e carabinieri bloccavano tutta via Borgo Santa Caterina: è quello il quartiere dell'uomo accusato di violenza sessuale, a circa 400 metri dal parcheggio in cui la ragazza è stata stuprata, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio.
I rischi erano già evidenti nella notte tra venerdì e ieri, poche ore dopo la notizia dei domiciliari, quando gli ultrà hanno individuato l'abitazione del facchino kosovaro. Un gruppo di tifosi ha iniziato a inveire. Poi è scattato il lancio di bombe carta, fumogeni, bottiglie. Ed è spuntato anche lo sgabello di un bar, scagliato a ripetizione contro il portone, mentre polizia e carabinieri bloccavano tutta via Borgo Santa Caterina: è quello il quartiere dell'uomo accusato di violenza sessuale, a circa 400 metri dal parcheggio in cui la ragazza è stata stuprata, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio.
Intanto la persona arrestata deve restare lì, a casa sua, nel quartiere dove tutto è accaduto. Il sostituto procuratore Gianluigi Dettori non ha chiesto al gip la misura cautelare del carcere perché il presunto colpevole è incensurato, padre di famiglia, ha un lavoro e, per scongiurare il pericolo di reiterazione del reato, ha ritenuto sufficienti i domiciliari. Un ragionamento con il codice penale alla mano, perché il «carcere deve scattare solo quando ogni altra misura risulta inadeguata». E il gip Patrizia Ingrascì ha dato il suo via libera, non potendo aggravare in alcun modo la richiesta della Procura. I dubbi, però, restano, insieme a tanti rischi. E almeno per le prossime notti una volante di polizia starà a fare la guardia, fuori dall'abitazione dell'uomo accusato di stupro.
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