martedì 22 gennaio 2013

IN AFRICA LA CONFUSIONE E' GRANDE, MA NON FREGA A NESSUNO.


In tempo di elezioni, e con tante preoccupazioni a casa nostra, giustamente delle cose estere non è che freghi molto a qualcuno. Comprensibile. Ci commuoviamo un po' per le primavere altrui, ma poi vediamo che le cose non vanno proprio nella direzione fantasticata, e allora lasciamo perdere, un po' delusi nel vedere che poi questa gente il voto non lo sa proprio usare (loro !!)....
Qualcuno aveva salutato come una cosa buona e giusta la caduta dei dittatori arabi, come Mubarak, Ben Alì e , intervenendo anche militarmente, Gheddafi. Oggi però si ritrova con Egitto e Tunisia governati dai Fratelli Musulmani e con una forte pressione nei due paesi da parte dei Salafiti, con gravi minacce per i pochi diritti civili, specie per le donne, che i regimi dittatoriali ma non confessionali concedevano.
Insomma, non sono pochi gli osservatori di quelle zone che hanno riscoperto il motto "si stava meglio quando si stava peggio". In Libia poi, nonostante le elezioni, il paese è senza testa. Scontri tra tribù, sacche di resistenza di fedeli di Gheddafi, troppa gente armata. Ecco, parte di questa gente si è riversata nel Mali, grossa regione appena sotto al Maghreb , punto di raccolta pare di numerosi gruppi di fondamentalisti islamici pronti alla guerra Santa e intanto intenti ai più loschi affari per fare denaro : narcotraffico, sequestro di ostaggi, commercio di clandestini. Chissà Allah come sarà fiero di loro...
Per evitare che tutto il Mali finisse nelle mani di questi definiti "terroristi", e divenisse un grande Stato di tipo Afghanistan Talebano nel cuore dell'Africa, sono intervenuti i Francesi, chiedendo all'Europa di fare la sua parte...
Ora, detto che i Francesi si impegnano quando vogliono loro e come dicono loro, come hanno dimostrato in Iraq, in Afghanistan, in Libia e ora in Mali....che il problema del terrorismo islamico sia reale, personalmente lo credo. Che non si abbiano idee chiare sul come affrontarlo e risolverlo, mi sembra altrettanto incontestabile.
In questo senso, condivido le riflessioni di Giacalone sulla questione.
Buona Lettura


Il mondo bussa


Dal Mali all’India la politica estera bussa alla porta di casa nostra, ma nessuno va ad aprire, nessuno se ne occupa. Troppo presi a contendersi il tinello, talché il chiasso copre il campanello.
E’ già capitato che il governo abbia ribaltato, nel corso di un voto alle Nazioni Unite, una posizione importante di politica internazionale, accettando l’idea che il non-Stato palestinese sia ammesso quale osservatore, e che lo abbia fatto senza sentire il bisogno non dico di un voto, ma anche solo di un dibattito parlamentare. Ora ha annunciato il nostro contributo alla guerra in Mali, sia pure sotto forma di aiuto logistico ai francesi, senza, nuovamente, avere sentito il Parlamento. E senza che i loquacissimi protagonisti della politica abbiano fiatato.
Eppure c’è più di un motivo per essere preoccupati. Chi qui scrive è favorevole all’uso della forza, anzi, per dirla senza ipocrisie, alla “guerra”, quando questa, ove non sia difensiva, risponda a due condizioni: a. un quadro di legalità internazionale, che per noi significa a seguito di richieste dell’Onu e/o nel quadro del coordinamento Nato; b. sia chiaro l’obiettivo che con le armi s’intende perseguire, quindi il punto oltre il quale si può rimetterle nella custodia. In Mali di chiaro c’è ben poco.
Che a partire per primi, in anticipo sul programma Onu, siano stati i francesi non è una buona cosa. Per la semplice ragione che la Francia fu potenza coloniale, in quelle terre, e i nemici di oggi sono i nemici di ieri: i Tuareg. Ovvio che il contesto storico è del tutto diverso, ma proprio per questo non era il caso di riprendere là dove s’era mollato, con gli stessi protagonisti. La ragione dell’intervento sta nel fatto che gruppi di fondamentalisti islamici, alcuni dei quali quaedisti, stavano prendendo il Paese. Ed è certamente un buon motivo, perché i futuri Afghanistan è meglio prevenirli piuttosto che poi doverli demolire. Ma occorre prendere una decisione politica: il contrasto al fondamentalismo, l’evitare che gruppi politici vicini al jihadismo s’impadroniscano di queste fragili e formali democrazie, è un interesse vitale per le democrazie occidentali? Ove la risposta sia negativa, non c’è ragione di scatenare guerre. Ma ove sia positiva, e credo che tale dovrebbe essere, allora non si capisce com’è che lo stesso occidente s’è tanto speso per abbattere il regime libico di Muammar Gheddafi, o s’è spellato le mai per plaudire alla deposizione di Hosni Mubarak. Il primo era un dittatore, per lunghi anni nemico dell’occidente, ma poi convinto che il fondamentalismo fosse il più potente nemico da battere. Il secondo un autocrate, amico dell’occidente. Può darsi che non ci sia motivo di rimpiangerli (e non è detto), ma allora perché si va in guerra a cercare di preservare quegli stessi equilibri che loro contribuivano a garantire?
Il tempo passerà, e un giorno ci potremo raccontare che in Libia fu scatenata una guerra che nuoceva agli interessi dell’Italia e favoriva quelli della Francia e della Gran Bretagna. E lo dico da europeista e atlantista di lungo corso. Ora noi, in Mali, diamo sostegno logistico a quale politica? Chi ha discusso con noi obiettivi e strategie? Chi ci ha rassicurati sui nostri interessi indisponibili? Non lo sapremo mai, ammesso che ci siano delle risposte, perché il Parlamento ha perso il ruolo di cuore del sistema democratico, divenendo solo la sommatoria dei seggi da eleggere. In questa triste stagione di decadenza politica e istituzionale.
E’ vero, Leon Panetta, segretario alla difesa statunitense, è venuto a dirci che si deve dare una mano ai francesi, che non è una guerra solo loro. Il mio cuore a stelle e strisce osserva, però, che a leggere i giornali francesi non sembra che sia così, visto che i cugini d’oltralpe si sono presi una bella sbandata nazionalista. E, in ogni caso, capisco bene l’interesse Usa, perché in una zona bollente gli europei si espongono per primi e direttamente con le armi in pugno (in volo, per la precisione). Un bel successo, per gli americani. Ma noi abbiamo esposto a qualcuno le condizioni per passare da spettatori a belligeranti?
Intanto, in India, due militari italiani s’apprestano a essere processati per avere usato le armi. Abbiamo sostenuto che era nostra competenza, gli indiani ci hanno risposto di stare zitti. Avvertimmo che era stato un grave errore ricevere i due marò come fossero due eroi, nel mentre erano in assai anomala e sospetta licenza natalizia, ora è la Repubblica italiana a beccare lo schiaffo e doversi sedere sul banco degli accusati. Comunque vada, è una bruciante sconfitta.
Tutto ciò bussa alla porta, ma nessuno risponde. Sarà bene svegliarsi, prima che ce la buttino giù. 

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