venerdì 4 gennaio 2013

PER GLI OBESI, CON IL NUOVO ANNO, PALESTRA OBBLIGATORIA.



Trovo molto intelligente , nel suo stile pacato ma incisivo, l' articolo di Fabio Cavalera, sul Corriere di oggi, che commentava la notizia della Palestra obbligatoria per i cittadini britannici sovrappeso !
Come osserva l'autore, ineccepibile lo sprone ad una maggiore attività fisica, che favorisce naturalmente la salute. Questa cosa, oltretutto, giova alle tasche finali dello Stato, con minori spese per cure mediche legate alle malattie determinate da obesità. Tutto giusto. La cosa si guasta come sempre, quando arriva la parola OBBLIGO. Leggere che anche la liberale Inghilterra, terra anglo sassone, e fondatrice dello Stato di Diritto, non sfugga alla tentazione di costruire a forza il cittadino modello, alla dittatura ben venduta sotto la parola di Stato Etico, non è una bella notizia.
Certo, c'è il problema del "costo sociale"...una condotta non corretta , imprudente, può costare alla collettività. Bene, le soluzioni che io vedo sono due : 1) laddove si stabilisce un rapporto certo di causa - effetto tra condotta imprudente e costo, questo se lo paga il responsabile, senza fruire del welfare . Ma deve valere sempre e per ogni cosa. Qualsiasi sport appena rischioso, attività lavorative e non TUTTO. Solo assicurazioni private, oppure la propria tasca. 2) Smettiamo di far finta che si viva in democrazia e chiamiamo lo Stato per quello che è diventato : un nuovo Sovrano. E noi, sudditi.







OBESI E WELFARE

I tory nella trappola dello Stato etico

Nell'Inghilterra alla ricerca di una via sicura ed efficace per contrastare la politica pubblica delle mani bucate nella spesa sanitaria si vuole sperimentare un'arma che con qualche ragione viene spacciata per una miracolosa e innovativa pozione magica a tutela della salute del cittadino ma che rischia in verità di trasformarsi in una medicina pericolosa e velenosa. La domanda che pone questa strana svolta «educativa» è semplice quanto importante: gli eccessi dello Stato Sociale si combattono con la riproposizione di uno Stato invadente e assoluto, in altre parole di uno Stato etico che è unico modello di virtù e di bene?
La proposta che i conservatori alla guida del borough di Westminster, l'area centrale di Londra, intendono mettere in pratica a partire dalla primavera con la speranza di allargarne l'applicazione a tutto il Paese, e cioè l'obbligo per le persone obese e sovrappeso di frequentare palestre e piscine a pena di perdere i benefici fiscali di cui godono (in primo luogo le imposte sugli immobili), è negli intenti condivisibile.
In Inghilterra il 24 per cento dei maschi e il 26 per cento delle donne (dati del ministero della Sanità) hanno gravissimi problemi di girovita, sono ben oltre i limiti massimi di peso e sono dunque obesi, e addirittura il 65 e il 58 per cento (di maschi e femmine) hanno qualche problema con la bilancia per via di chili superflui che non riescono o non intendono eliminare. Tutto ciò si traduce in malattie cardiache, in diabete, in tumori. E, passaggio conclusivo, in un fardello di spesa sociale per la prevenzione e la cura, a carico delle strutture pubbliche, pari a 5,1 miliardi di sterline all'anno.
Che ai cittadini vada suggerito uno stile di vita sano è saggio. Che si promuovano diete equilibrate per difendere la salute dell'individuo è intelligente. Che lo si metta nella condizione di sconfiggere certe patologie è un obbligo per il welfare. Infine che si stabilisca un sistema premiale per incentivare il movimento e per punire la pigrizia ma contemporaneamente e indirettamente per sforbiciare i costi a carico della collettività che l'obesità e il sovrappeso comportano è una mossa arguta, necessaria di questi tempi.
Ma i problemi che si pongono sono altri: è un passo verso la modernità l'obbligo di frequenza di una palestra o di una piscina certificato da una tessera magnetica che attribuisce al medico curante la funzione di «controllore» da parte dello Stato del buon comportamento del paziente (tale è il progetto pilota dei tory del borough di Westminster)? Educare significa offrire gli strumenti adeguati per capire che la salute è un bene individuale e collettivo sacro oppure determinare un cortocircuito ideologico per cui lo Stato ha il diritto esclusivo, invasivo, impositivo di indicare qual è la virtù salutista e qual è il vizio degenerativo da punire con l'esclusione dai benefici del welfare e dai benefici fiscali?
I paradossi della svolta, se così la possiamo definire, sono molti e il primo è che proprio chi si fa portabandiera della logica «meno Stato, più libertà» (i tory) finisce per diventare il paladino dello Stato etico, nemico nel liberalismo, ossia lo Stato che è unico giudice assoluto, lo Stato padrone di un individuo suo servo fedele. Fra John Locke, padre filosofo del liberalismo, e Thomas Hobbes, padre filosofo dello Stato etico (entrambi inglesi) Londra rischia di riscrivere la sua storia. Non sempre i colpi di fantasia, pure utili quando si è alle prese con l'austerità e con l'opportunità di ridisegnare i confini della spesa pubblica, sono la ricetta che risolve le anomalie. Anzi, a volte si rivelano essere le trappole di un finto e dannoso progressismo sociale. Che lo Stato si premuri di tutelare la salute dei suoi cittadini è un pilastro delle democrazie. Che li spinga e li obblighi a iscriversi magari a club privati per dimagrire è una deriva assolutista. E sospetta.

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