Bersani lo disse di Casini : di tattica si può morire. Aveva ragione, ma il concetto era estensibile e quella sorte, per eccesso di tatticismo (che si potrebbe leggere anche come "opportunismo"), è toccata a tanti signori nelle ultime elezioni politiche . Monti, Fini e , alla fine, Bersani stesso.
Tutti i conti si sono rivelati sbagliati, tranne quelli del Cavaliere che, scommettendo sul successo nelle regioni chiave al Senato, è riuscito a rimanere a galla .
In realtà la fine di Fini è iniziata all'indomani del mancato colpo alla Camera nel dicembre 2010, quando, nonostante il piano lungamente preparato, non passò la mozione di sfiducia contro il governo Berlusconi. Lì sfumò il premio del tradimento : la Presidenza del Consiglio e, in prospettiva, il Quirinale.
Nulla di tutto questo, e con l'avvento di Monti, con il suo gruppetto di parlamentari che ormai non serviva più a nessuno, i sondaggi che condannavano Futuro e Libertà a percentuali da prefisso telefonico, Fini ha perso sempre più visibilità. Alle elezioni è stato addirittura un "sopportato per gratitudine", che quelli di Italia Futura non volevano. Lo schianto elettorale, peggiore del previsto (non per i voti SUOI; che pochi dovevano essere e tali sono stati, ma anche per le defaillance degli alleati) , lo ha estromesso, dopo 30 anni, dal Parlamento. L'inevitabile diaspora dei topi dalla barca affondata, lo hanno determinato al passo d'addio.
Chi di tradimento ferisce....
Ecco l'articolo ovviamente contento, di Gianluca Veneziani su Libero
A MAI PIÙ RIVEDERCI
Adesso è tutto Fini-to: chiude Futuro e Libertà, Gianfry lascia la politica
Ultimo atto per l'ex presidente della Camera, che si ritira dopo aver fatto danni in quattro partiti. I futuristi l'avevano già tradito da tempo
Forse è destino di tutti i traditori essere traditi. Oggi Gianfranco Fini convocherà a Roma l’ultima assemblea nazionale di Fli, in cui comunicherà la sua decisione di abbandonare la guida del partito e la politica, smarcandosi dagli altri futuristi, che lavorano da tempo a un riavvicinamento con gli ex-An e Berlusconi. Si tratta dell’ultimo atto della commedia «Quattro matrimoni e un Fini-rale»: Fini si è sposato quattro volte, nell’ordine con Msi, An, Pdl e Fli, e adesso celebra il suo funerale politico. D’ora in poi si ritirerà a vita privata oppure darà luogo a una fondazione, per far politica, ma da lontano. Curioso che abbia ancora la forza di «fondare», un uomo che ha sfasciato tutte le compagini di cui è stato parte. Il compito di liquidare Fli verrà affidato a un triumvirato, composto dagli ultimi fedelissimi Roberto Menia, Aldo Di Biagio e Daniele Toto. Anche qui, il segno di un declino progressivo. L’ex leader di An è passato dal triumvirato vincente Berlusconi-Bossi-Fini a quello scadente Casini-Fini-Rutelli fino a quello suicida Casini-Fini-Monti, che ne ha decretato la morte politica. Il trio di ricambio Menia-Di Biagio-Toto avrà solo la funzione del rimpiazzo, per rimuovere il ricordo del Cesare caduto. Stando alle indiscrezioni, Fini dovrebbe dimettersi, sostenendo di «non voler essere d’ostacolo» ai progetti futuri degli altri esponenti di Fli, ma anche di «non sentirsi l’uomo della riappacificazione», visto che «nessuna riconciliazione è possibile con il Cavaliere», il cui progetto di destra «non è compatibile» con quello di Gianfranco. Da qui l’aspra disillusione di Fini verso i suoi, da cui dice di sentirsi tradito.
Come Cesare, anche l’ex leader di An è stato «eliminato» dai suoi più stretti collaboratori. Gli ex amici e camerati che lo avevano seguito nella disperata avventura futurista, i 44 gatti (34 deputati e 10 senatori) che nel 2010 avevano costituito Fli sotto la sua guida, lo hanno via via rinnegato e abbandonato. Rimasti in pochi prima delle ultime Politiche, dopo la débâcle elettorale di febbraio hanno tagliato gli ormeggi definitivamente, lasciando solo il Capo. In primis, Adolfo Urso, Andrea Ronchi, Giuseppe Scalia e Antonio Buonfiglio, già transfughi nel 2011, hanno iniziato a interloquire, tramite la fondazione FareItalia, con gli ex An confluiti nel Pdl e Fratelli d’Italia, nella speranza di ricostruire una forza di destra. Qualche giorno fa Urso scriveva sul suo account Twitter: «Abbiamo un anno per riformare la destra italiana senza rancori e senza nostalgie». Sicuramente, senza Fini. Quindi Fabio Granata, Flavia Perina, Gianfranco Paglia, Claudio Barbaro e Giorgio Conte, all’indomani della scoppola delle urne, hanno considerato conclusa l’esperienza di Fli e dato vita a un movimento, Politica oltre, che si propone di superare la destra e la sinistra, recuperando motti di reminiscenza rautiana («Andare oltre»); di politica di destra culturale e credibile, post-finiana, parlano poi gli esponenti della Fondazione Tatarella (tra cui Salvatore e Fabrizio Tatarella, fratello e nipote di Pinuccio).
Anche i fedelissimi hanno presto mollato la barca che affondava. Donato Lamorte, storico tesoriere di An e amico personale di Fini, capace di difenderlo durante la tempesta dell’affaire Montecarlo, ha recentemente preso parte a un incontro con Pasquale Viespoli, Mario Landolfi, Gennaro Malgieri e Silvano Moffa (proprio colui che, nel dicembre 2011, decise all’ultimo di non votare la sfiducia a Berlusconi). Gli stessi membri del futuro triumvirato trattano con l’ex nemico. Roberto Menia il 16 maggio parteciperà a Palermo a un convegno su An organizzato da Domenico Nania del Pdl; Aldo Di Biagio è in dialogo costante con gli uomini di Fratelli d’Italia, da Ignazio La Russa a Fabio Rampelli: l’obiettivo è creare una grande Cosa di destra, che coinvolga pure il partito di Storace. Poi ci sono gli ex finiani che ormai sono approdati in altri lidi: Enzo Raisi è tra i firmatari del documento di rinnovamento di Fare per fermare il declino (sì, proprio l’ex partito di Giannino), mentre Benedetto Della Vedova è stato eletto in Parlamento con Scelta Civica di Monti. Pure tra i futuristi della Capitale tira aria di defezione. Gregorio Esposito, già presente nelle liste di Fli alle Politiche, si candiderà alle amministrative con Alemanno. Paola Guerci, anche lei un passato futurista, si schiererà in lista, per il Consiglio comunale di Roma, con Fratelli d’Italia.
Anche i fedelissimi hanno presto mollato la barca che affondava. Donato Lamorte, storico tesoriere di An e amico personale di Fini, capace di difenderlo durante la tempesta dell’affaire Montecarlo, ha recentemente preso parte a un incontro con Pasquale Viespoli, Mario Landolfi, Gennaro Malgieri e Silvano Moffa (proprio colui che, nel dicembre 2011, decise all’ultimo di non votare la sfiducia a Berlusconi). Gli stessi membri del futuro triumvirato trattano con l’ex nemico. Roberto Menia il 16 maggio parteciperà a Palermo a un convegno su An organizzato da Domenico Nania del Pdl; Aldo Di Biagio è in dialogo costante con gli uomini di Fratelli d’Italia, da Ignazio La Russa a Fabio Rampelli: l’obiettivo è creare una grande Cosa di destra, che coinvolga pure il partito di Storace. Poi ci sono gli ex finiani che ormai sono approdati in altri lidi: Enzo Raisi è tra i firmatari del documento di rinnovamento di Fare per fermare il declino (sì, proprio l’ex partito di Giannino), mentre Benedetto Della Vedova è stato eletto in Parlamento con Scelta Civica di Monti. Pure tra i futuristi della Capitale tira aria di defezione. Gregorio Esposito, già presente nelle liste di Fli alle Politiche, si candiderà alle amministrative con Alemanno. Paola Guerci, anche lei un passato futurista, si schiererà in lista, per il Consiglio comunale di Roma, con Fratelli d’Italia.
L’unico che pare essere rimasto fedele a Fini è Italo Bocchino, ora tornato a fare il giornalista a Il Secolo d’Italia. Esattamente 25 anni fa, l’8 maggio 1988, Fini – appena eletto segretario del Movimento Sociale – consegnava al leader della destra nazionalista francese, Jean-Marie Le Pen, la tessera ad honorem del Msi, rivendicando il diritto della destra italiana di consolidarsi come forza europea. A un quarto di secolo di distanza, di quel sogno restano solo i frantumi.
Nessun commento:
Posta un commento