giovedì 25 luglio 2013

LA CORTE COSTITUZIONALE E IL GIOCO DELL'OCA


Tra le tante cose che non vanno, o che comunque suscitano forte perplessità, da diverso tempo ci si è messa anche la Corte Costituzionale. Delle due l'una : o il governo dei professori, presieduto dal grande preside della Bocconi era in realtà composto da emeriti incompetenti, oppure qualcosa non va nel palazzo della Consulta.  In pochi giorni, due provvedimenti normativi tesi a disboscare la giungla pubblica e conseguentemente , in prospettiva almeno, ridurne i costi e gli sprechi, sono stati bocciati e quindi azzerati dai giudici della Carta . Il primo era il decreto che riduceva il numero delle province (non si può fare per decreto legge ), il secondo riguardava l'obbligo, entro un certo tempo (nove mesi se ho capito bene) , da parte di Regioni, Province e Comuni di sopprimere o accorpare enti, agenzie, organismi al fine di ridurre le spese.
Così come, sarebbe troppo generico, col rischio che nel mucchio degli enti eliminati finiscono anche quelli che qualcosa di buono la fanno...
Insomma, decreto palesemente "irragionevole". Personalmente, una qualche personale, piccola soddisfazione a veder dare dagli emeriti ermellini dell'"irragionevole" a MArio MOnti e alla sua gang, ammetto che finisco per provarla. Allo stesso tempo, chiedo ai Giudici cosa ci sia di ragionevole nella pregressa creazione di enti inutili, o doppi, o inefficienti. 
Ma niente niente per queste toghe  è normale il volume di spesa dell''Italia ?  Si sono accorti che i soldi NON ci sono ? che per tenere insieme questo baraccone la gente normale (quindi non loro, dall'alto di stipendi e pensioni a doppia cifra, che hanno ovviamente provveduto a difendere, cassando anche in quel caso un provvedimento volto a decurtarne una modesta parte...) non ce la fa più ?
Che a forza di tasse questo paese si è impoverito, le imprese chiudono, i marchi prestigiosi vendono o emigrano ?
Ma la Costituzione è quella che è, mica colpa loro se poi i legislatori non la rispettano...
A parte che le pronunce non di rado sono anch'esse dubbie, visto che l'incostituzionalità viene dichiarata spesso a maggioranza, con spaccature anche clamorose (8 da una parte, 7 dall'altra...), oltretutto con i giornalisti in grado di anticiparle semplicemente sequendo il cursus politico seguito dal giudice per arrivare dove sta..., ma poi che ne è del parere degli esperti giuridici al servizio del legislatore ? E quelli del Presidente della Repubblica, che le leggi le controfirma ?
Poi, ci sono norme che regnano e operano incontrastate per oltre 40 anni, come l'art.19 dello Statuto dei Lavoratori, che improvvisamente, divenute inviso alla CGIL - FIOM trovano giudici resipiscenti che scoprono che  ci siamo tenuti una norma contraria alla costituzione per mezzo secolo...
Ma diciamo pure che questi giudici, o meglio la maggioranza di essi (perché come detto parte di essi, anche folta, non raramente si esprime in senso contrario), abbia sempre ragione.
Ne dovremmo dedurre due cose, entrambe gravi :
1) i nostri legislatori, sia del parlamento che dell'esecutivo, sono incapaci, ignoranti, se non addirittura peggio, degli anti costituzionali !
2) abbiamo una Carta per la quale governare, riformare, anche correggere errori legislativi passati è IMPOSSIBILE. E quindi, la Costituzione più bella del mondo, secondo lo slogan caro a comici e accoliti, sarebbe anche la più dannosa, condannando un paese alla paralisi, alla immodificabilità.
Ecco l'articolo sul tema trovato su Libero.it

 Spending review. la Corte costituzionale salva gli sprechi regionali

Dopo aver salvato le Province e aver bocciato i tagli su stipendi e pensioni d'oro, le toghe bloccano l'accorpamento delle società partecipate



In fondo nel Paese in cui un governo ha l’ardore - e l’ardire - di battezzare del Fare un decreto, c’è sempre la speranza di fare a modo proprio. In fondo c’è sempre un magistrato, un Tar, una Consulta, pronta ad accogliere un ricorso. Che riporta tutto a zero. Anche quelle azioni della politica che muovono nella direzione indicata dai cittadini. E dal buonsenso, soprattutto in  tempi di  crisi. Stavolta è toccato, in modo particolare, alle Regioni evitare la mannaia  dei tagli. La  prossima chissà.
E così la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma del decreto legge sulla spending review che prevedeva che Regioni, Province e Comuni sopprimessero o accorpassero enti, agenzie e organismi comunque denominati per contenere le spese. La via indicata era quella della privatizzazione o della loro dismissione. Invece tutto resta come prima. «Sopprime in modo indistinto tutti gli enti strumentali che svolgono funzioni fondamentali o conferite di Province e Comuni senza che questi siano sufficientemente individuati», si legge nella sentenza 236 della Consulta che ha giudicato fondati i rilievi avanzati dalle regioni Veneto, Lazio, Sardegna e Friuli Venezia Giulia. Secondo quel provvedimento Regioni, Province e Comuni dovevano sopprimere o accorpare o, in ogni caso, ridurre del 20% gli oneri finanziari di enti, agenzie e organismi comunque denominati e trascorsi i nove mesi dall’approvazione del decreto dovevano essere soppressi tutti gli enti a cui non fossero stati applicati i tagli.
Ma l’Italia dei mille campanili si è rivelata più forte dei tagli e del buonsenso. La Corte Costituzionale, infatti, ha ritenuto che in questo modo si rischia un soppressione di enti in maniera indistinta, fra i quali vi sarebbero anche strutture strumentali che svolgono funzioni fondamentali o conferite di Province e Comuni senza che questi siano individuati. «L’automatica soppressione di enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che esercitano, anche in via strumentale, funzioni nell’ambito delle competenze spettanti ai Comuni, Province e Città metropolitane», sostengono i giudici della Consulta, «prima che tali enti locali abbiano proceduto alla necessaria riorganizzazione, pone a rischio lo svolgimento delle funzioni stesse, rischio aggravato dalla previsione delle nullità di tutti gli atti adottati successivamente allo scadere del termine». Quindi «la difficoltà di individuare quali siano gli enti strumentali effettivamente soppressi e la necessità per gli enti locali di riorganizzare i servizi e le funzioni da questi svolte rendono il decreto sulla spending review manifestamente irragionevole». Un’affermazione, quella contenuta nella sentenza della Consulta, che lascia interdetti. E come dire che ogni tentativo di razionalizzazione intrapreso dalla politica è un atto folle, «irragionevole» appunto. Quando, in realtà, l’irragionevolezza è il mantenere in vita strutture inutili e pletoriche, se non addirittura dei doppioni. 
Sia pur in modo del tutto indiretto, una risposta alla sentenza della Consulta è arrivata dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, in occasione dell’incontro con i vertici  dell’Agenzia delle Entrate. «Vedo con quanta faciloneria si usano le risorse pubbliche», dice il premier, che ha evidenziato la necessità di rilanciare la spending review e «andare a scovare le tante sacche di improduttività e inefficienza». Fino a quando un giudice, un Tar, una Consulta, non riporta tutto al punto di partenza.

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