sabato 3 agosto 2013

INUTILE L'APPELLO DI DE BORTOLI :: LETTA NON PUO' REGGERE IL DOPPIO URTO. MEGLIO CHE IL QUIRINALE PENSI AD UN PIANO B

 
Come spesso accade, aveva ragione Davide Giacalone. La questine giuridica di Berlusconi è inevitabilmente un fatto politico e non arginabile, sia per il ruolo dell'uomo, il leader del centrodestra da 20 anni, sia per il carattere dello stesso, assolutamente emotivo e restio a condotte prudenti...come anche certe iniziative nella vita privata, poi ben sfruttate da chi vi aveva interesse, dimostrano. Se si ritiene che la pacificazione , il superamento di questo conflitto politico giudiziario , sia una priorità per il bene del Paese, era il caso di adottare provvedimenti politici prima che si giungesse a tutto questo. L'eccellente osservatore aveva suggerito la strada della nomina di Berlusconia Senatore a vita...Decisione che avrebbe fatto levare le urla di molti ma giungendo dall'uomo, Napolitano, di gran lunga l'unico a godere di un ampio consenso popolare, forte di una carica pressoché intoccabile,  sarebbe passata. E di colpo sarebbe sparito il problema della candidabilità o meno di Berlusconi, del suo mantenimento del ruolo parlamentare ecc.
Sarebbe restato il non piccolo problema della libertà personale, ma chissà se di fronte ad una iniziativa del genere tutti, comprese certe toghe, si sarebbero dati una calmata.
Non è stato fatto e ora sarebbe tardi , così come ritengo inutile sproloquiare di grazia, che avrebbe senso solo nel caso in cui veramente le esternazioni di Bondi, che ritengo per fortuna prive di fondamento, potessero invece trovare concretezza. Meglio allora però, piuttosto che un provvedimento ad personam, l'adozione dell'Amnistia, come accade nel giugno 1946 su iniziativa di un uomo cinico ma intelligente, Togliatti. Quest'ultimo non esitò ad affrontare l'ostilità a simile provvedimento da parte della base del suo partito, ma stiamo parlando di altri uomini rispetto ai quaquaraquà di oggi.
Sarebbe un provvedimento utile anche per prendere respiro sul fronte carceri, che entro l'anno dovremo comunque risolvere come preteso dalla Corte Europea.
Ciò posto, non temo la guerra civile adombrata dall'ex coordinatore e consigliere di Berlusconi. Come ho già scritto, la gente di centrodestra non ha l'animus insurrezionale ( né vedo bombaroli immolarsi in nome di Berlusconi). Sarebbe già stato diverso se un simile trattamento fosse stato riservato ad un leader della sinistra, che una certe vocazione alla lotta armata nella sua storia, anche italiana, l'ha dimostrata.
Allo stesso tempo , nel leggere gli inviti alla responsabilità che giungono dai direttori di Stampa (ieri) e Corriere (oggi) , domando se veramente pensano che saranno ascoltati... Silvio Berlusconi è un combattente, tenace, dote che gli viene riconosciuta anche dagli avversari (magari l'unica) , e certamente non è disposto ad aplomb britannici quando dall'altra parte, PD compreso (vedi Epifani che garantisce che la pena "sarà applicata, come se fosse sua competenza, o Bersani che chiede a quelli del PDL se gradiscono essere guidati da un pregiudicato) , non si aspettava che questa sentenza definitiva per la delegittimazione totale dell'avversario.
Berlusconi NON può rispettare questa sentenza, se lo facesse sarebbe politicamente finito. DEVE continuare a battere il tasto della persecuzione, del golpe giudiziario.
Il muro contro muro , l'adunata contro i comunisti che si servono di tutti i  mezzi e di tutti gli alleati per prevalere , visto che democraticamente non riescono.
E l'iMMediata reazione del suo popolo è positiva : come riportato ieri anche qui, l'SWG, istituto di sondaggi cui si rivolge abitualmente Rai 3, ha visto un post sentenza favorevole al PDL e al centrodestra, dati entrambi in testa, sia come singolo partito (primo col 28,3 % contro il 24,7 del PD) , sia come coalizione ( circa il 38% contro 32,5 mi sembra  ).
Certo, il PD ha la carta Renzi, in caso di elezioni anticipate, e poi c'è la speranza , per quelli che il sindaco di Firenze lo odiano, a sinistra, quasi quanto il Cavaliere, che sia possibile formare un governo diverso, se Grillo ci sta, difficile, o che il malpancismmo ortottero si trasformi in diaspora e una trentina di senatori se ne vadano e appoggino un esecutivo di sinistra. Non facile, ma pur di evitare le elezioni e perdere in pochi mesi il titolo di cittatdino parlamentare...
Insomma, Letta è il classico vaso di coccio. Forse prenderne atto velocemente sarebbe il male minore.
Ecco comunque l'appello di De Bortoli


Prima di tutto viene il Paese

 
Confidavamo ieri, commentando la sentenza della Cassazione, che prevalesse il senso di responsabilità. Constatiamo che l'emotività ha preso il sopravvento. Il governo Letta rischia di essere travolto. E il Paese trascinato in un buio baratro istituzionale. Non deve e non può accadere. L'Italia ha un drammatico bisogno di curare i propri mali, di non trasmettere al mondo l'immagine di un veliero alla deriva, ammorbato da una pestilenziale sovrapposizione dei poteri e piegato da una ventennale guerra civile. Proprio nel momento in cui affiorano segnali di ripresa - e famiglie e imprese possono coltivare qualche modesto motivo di fiducia - una crisi avrebbe un costo spropositato e ingiusto.
L'amarezza del Pdl è comprensibile, la polemica anche dura nei confronti della magistratura fa parte della più aspra dialettica politica. Lo stato d'animo di Berlusconi, al quale va riconosciuto di essersi comportato da leale sostenitore delle larghe intese, è umanamente giustificato. Ma le sentenze vanno rispettate. A maggior ragione da parte di un uomo politico di esperienza, con la sua storia, pur contestata, con la sua lunga permanenza al governo. Uno Stato di diritto si regge sulla separazione dei poteri e sul principio costituzionale di uguaglianza, anche e soprattutto di fronte alla legge. La saggezza dovrebbe consigliargli di accettarne le conseguenze, seppur ritenute ingiuste. Di dimettersi da senatore prima della presa d'atto dell'Aula.

Nessuno gli nega la libertà di condurre la propria battaglia politica anche al di fuori del Parlamento e di riproporsi, con la rinascita di Forza Italia, come leader di una coalizione ai suoi elettori, ritrovando il consenso, assai largo, che ha sempre avuto. Subordinare, fin da subito, la tenuta del governo a una riforma della giustizia, indispensabile ma possibile solo lungo il difficile cammino aperto dalle pur fragili larghe intese e dal lavoro già compiuto dai saggi, appare un gesto di stizza politica, una reazione di impulso, più che una mossa meditata e consapevole come ci si aspetterebbe da un ex presidente del Consiglio e da una forza di governo. La pretesa di ottenere una grazia, la cui concessione spetta esclusivamente al capo dello Stato ed è rigidamente regolata per legge, assomiglia a un moto irrituale e scomposto, a una pressione indebita, inutile nella sostanza, pericolosa nella forma, che darebbe al mondo la spiacevole impressione che atti meditati - e per loro natura decisi a mente fredda e lontano dagli eventi (altrimenti suonerebbero come una delegittimazione della magistratura) - siano possibili con uno sfondamento quirinalizio di porte.

Il senso di responsabilità di accettare una sentenza, anche se ritenuta l'epilogo di un accanimento giudiziario, ma ormai definitiva ed esecutiva, senza trascinare nella propria vicenda individuale il governo e il Paese, darebbe a Berlusconi e al centrodestra ancora più argomenti per richiedere consenso e approvazione da parte dei propri elettori. Ma il voto anticipato, come conseguenza di un giudizio personale, farebbe pagare al Paese intero pene accessorie tanto gravi quanto insopportabili e ingiuste. Con questa pessima legge elettorale non risolverebbe nulla. Il vincitore, ammesso che vi sia, nel febbraio scorso non vi è stato, governerebbe tra le macerie e in una emergenza ancora più grave di quella attuale che non consentirebbe alcuna riforma, tantomeno della giustizia.

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