lunedì 9 settembre 2013

NUMERO CHIUSO E VOTO DI MATURITA' . ESTENDERE IL PRIMO, ABOLIRE IL VALORE DEL SECONDO


Proprio ieri su FB si commentava la richiesta di molti studenti di eliminare, nella valutazione delle prove di ammissione alle facoltà universitarie che adottano ( lo vorrei per TUTTE)  il numero chiuso, il bonus legato al voto conseguito alla maturità.
Io mi sono espresso assolutamente a favore, così come sono per l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Sembrerebbe una contraddizione per un meritocratico come me (se uno è stato bravo alle scuole superiori, sarebbe giusto che questa cosa abbia un riconoscimento concreto anche nel proseguio) ma è la triste conseguenza  non solo delle eccessive differenze qualitative tra le scuole sparse sul territorio, ma anche dall'evidente indulgenza del sud per i propri ragazzi. Come diversamente considerare che nel meridione i giovani diplomati con 100 (il massimo) sono il doppio di quelli del nord ? Senza contare che c'è la controprova : quando gli studenti delle due regioni si sottopongono ai test Ocse-Pisa ( che non conosco ma che leggo qualificati), la proporzione semplicemente s'inverte...
Penso da sempre, anche per esperienza familiare, che corrisponda a verità che  una scuola qualificata e selettiva sia il primo fattore di quella uguaglianza di opportunità che reputo sacrosanta (mentre contesto quella dei punti di arrivo...).
E allargare all'infinito la base dell'imbuto ha portato ad un numero sempre crescente di laureati sottoccupati o addirittura senza lavoro.
Il numero chiuso ha risolto il problema della pletora degli aspiranti Dr. Kildare ( oggi sarebbero emuli di House...). Chissà se simile miracolo arriverà un giorno anche altrove, e particolarmente a Lettere e Giurisprudenza, dove ce n'è un disperato bisogno ?? 
Peraltro è indubitabile che le attuali prove di ammissione presentino lacune serie , e sarebbero opportune delle migliorie.
Roger Abravanel, il curatore della rubrica "Meritocrazia" che compare ogni tanto sul Corsera fa una sua proposta al riguardo.
Buona Lettura 

 Test unici per l'ammissione all'università

Sta cominciando il nuovo anno scolastico e i problemi sono quelli di sempre. Mancano gli insegnanti perché vengono assegnati in ritardo. Mancano i presidi, che sono i veri garanti delle qualità delle scuole, per colpa dei ricorsi ai Tar contro i vincitori dei concorsi. Come ogni anno ci si lamenta del caro libri. Questi problemi causano da anni disagi agli alunni e alle famiglie. Ma il vero motivo di preoccupazione dovrebbe essere quello delle ammissioni universitarie, che sono la punta dell' iceberg di un problema gravissimo: la totale perdita di fiducia nel valore reale dei titoli di studio, da parte di imprese, studenti e famiglie.
Da anni chi scrive ricorda che il voto di maturità non vale più nulla, come dimostrato dal fatto che negli ultimi 3 anni i 100 e lode al Sud sono stati il doppio che al Nord, mentre i risultati ai test Ocse-Pisa del Nord sono più alti che al Sud.
Le migliori università italiane (Politecnici, Bocconi) hanno reagito affidando la propria selezione a test di ingresso totalmente slegati dal voto di maturità. Ma col tempo queste selezioni sono divenute oggetto di critiche sempre più forti. Si critica il peso eccessivo dato ai test, che vengono accusati di essere nozionistici, dei veri e propri quiz dove conta soprattutto la memoria. È un limite che hanno spesso tutti i test a scelta multipla, soprattutto quando chi li prepara non è un esperto (come lo sono invece all'Invalsi e agli istituti simili all'estero). Il «fai da te» delle università ha così prodotto domande a volte bizzarre.
C'è poi un grande problema organizzativo: uno studente che non è sicuro di entrare nella migliore università punterà a fare il test in una università più «facile», dato che i test a volte sono contemporanei. In America c'è il Sat (Scholastic aptitude test), che si fa una volta sola e si spedisce a tutte le università che si vuole.
Per rispondere alle critiche, il ministero decise di far valere anche il voto di maturità, l'unico test nazionale che abbiamo. Poi, per mettere un freno all'abuso dei 100 e lode, il ministro Gelmini stabilì delle regole che hanno ridotto la discrezionalità delle commissioni d'esame facendo pesare di più i voti ottenuti nel triennio precedente la maturità. I 100 e lode effettivamente diminuiscono, ma purtroppo l'anomala differenza fra Nord e Sud rimane. E, quel che è peggio, il maggior peso dato ai voti del triennio aumenta ancora l'incentivo a scegliere scuole scarse, dove i voti sono sistematicamente più alti. Le commissioni d'esame, infatti, potranno essere un po' una lotteria, ma proprio per questo lo studente non può prevedere quale gli toccherà. Le scuole scarse che danno voti alti, invece, sono notissime.
Il ministro Profumo da parte sua ha voluto ridurre l'effetto lotteria. Perciò ha proposto di utilizzare per l'ammissione all'università non il voto assoluto della maturità, ma la posizione in graduatoria del voto rispetto a quello dei compagni di scuola che hanno avuto la stessa commissione. In particolare si considerano eccellenti gli studenti il cui voto è nel top 20% dei voti assegnati. Così l'effetto di «doping» dei voti alti assegnati da professori di manica larga dovrebbe sparire. D'altra parte si porta all'estremo l'incentivo a scegliere la scuola sbagliata: prima era quella con i professori più «buoni», ora diventa quella con gli studenti scarsi.
Entrambe le riforme erano nate da buone intenzioni, ma alla fine la «toppa è peggio del buco» e la perdita di credibilità continua. Aumenta il numero degli italiani, studenti, genitori, datori di lavoro che ritiene che la maturità non certifichi assolutamente nulla di rilevante, che il voto sia una farsa e che convenga cercare le migliori scappatoie per gonfiarlo, invece di impegnarsi a imparare.
Rendere l'esame di maturità un punto di riferimento per la selezione universitaria richiede una rivoluzione nelle nostre scuole. La Finlandia e la Corea hanno esami di maturità selettivi e sono presi molto più seriamente dagli studenti e dai datori di lavoro. Ma gli esami sono seri perché questi Paesi hanno le migliori scuole del mondo. La Finlandia è considerata l'esempio che tutti vorrebbero seguire: seleziona i suoi insegnanti tra il top 10 per cento dei laureati e li forma continuamente e i suoi studenti hanno i migliori test Ocse-Pisa del mondo già dall'inizio del liceo. Il tutto spendendo poco, con classi grandi, tenendoli in aula meno che in ogni altro Paese.
Gli studenti coreani studiano invece moltissimo sempre, non solo perché le loro prove d'esame sono difficili, ma perché devono andare meglio degli altri se vogliono entrare nelle migliori università, condizione imprescindibile in Corea per trovare un buon lavoro. Passano notti a prepararsi, prendono costose lezioni private (il docente privato più bravo arriva a guadagnare 4 milioni di dollari all'anno). Il fenomeno è diventato così alienante che lo Stato ha definito una specie di «coprifuoco» per evitare che gli studenti andassero avanti a studiare oltre la mezzanotte.
Per noi tornare a un maturità «seria» è impossibile senza una rivoluzione del sistema scolastico, che anche volendo richiederebbe 20 anni. Nel frattempo si dovrebbe realizzare una proposta vecchia ormai di sei anni di un test nazionale standard somministrato dall'Invalsi alla fine delle superiori che possa sostituire tutti i test di ammissione all'università. Non sarà perfetto, avrà ancora l'effetto «quiz», ma è quanto di meglio è possibile fare nell'immediato.
Dopo anni di attesa che il ministero si muova in tal senso, un paio di università pilota lo stanno somministrando in questi giorni per conto loro agli studenti in via sperimentale.
Adottare il test Invalsi come unico test nazionale sarebbe un segnale importante per recuperare credibilità soprattutto presso i datori di lavoro.

Nessun commento:

Posta un commento