Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
venerdì 8 novembre 2013
"OBSOLETI COME I CAVALLI NELL'ERA DEL MOTORE A VAPORE"
In una giornata in cui tutto sommato è successo poco o nulla (mica vorremo commentare le bischerate del simpatico sindaco da Santoro no ? ) , e il fatto di gran lunga più significativo resta l'intervento di Draghi sul tasso di interesse, portato ormai ad un soffio dallo ZERO (0,25), mi prendo il tempo per dare spazio ad un interessante intervento di Massimo Gaggi, bravo inviato del Corsera a New York, che affronta, guardandolo negli USA ma il tema è assolutamente esteso all'intero mondo occidentale, la scomparsa del ceto medio, problema sviscerato da politici e studiosi.
Il fronte politico progressista, quello per cui Gaggi palesemente tifa, pone al centro della sua battaglia l'abbattimento delle diseguaglianze tra un ceto benestante e una società di massa a reddito poco medio e molto basso.
Non è un problema che preoccupa solo i progressisti. Anche sul fronte conservatore un economista come Tyler Cowen, della George Mason University vede un 10-15% (non di più) della popolazione in grado di svolgere professioni non intaccate dall'automazione o in grado di sfruttarne al meglio il rendimento, di vivere in agiatezza da una parte, e gli altri dall'ALTRA.
La maggior parte dei cittadini si dovrà dunque abituare a vivere in un modo più austero. Un destino secondo il quale, secondo Cowen, è inutile ribellarsi e col quale anche i meno fortunati impareranno a convivere, scoprendo che la frugalità ha anche aspetti positivi ( non si parla di decrescita felice dalle parti dei grillini e non solo ? ). Sarà una società diversa, ipermeritocratica ( è sempre Cowen a parlare, in Italia mi sembra difficile immaginarla) , mentre la memoria di mezzo secolo (un SOFFIO nella storia, eppure lo pensiamo un tempo eterno e immutabile) di crescita rapida, welfare generoso e prosperità, quella dell'Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale, si appannerà sempre di più.
Fino a quando, chiosa cupamente l'esperto, quest'epoca sarà catalogata come una sorta di "incidente della storia, felice ma insostenibile e quindi irripetibile "(in fondo, di "Rinascimento Italiano" quanti ne abbiamo visti ?).
Comunque, continua Gaggi nella sua disamina, se Cowen piange, non è che gli altri esperti ridano.
Si comincia a temere, da più parti, che la rivoluzione non solo globale, con l'ingresso di altri agguerriti competitori, ma anche, e forse di più, quella tecnologica, digitale segnatamente, non porterà a quell'arricchimento di opportunità di "nuovo" lavoro che si sperava.
In precedenza tecno ottimisti, che pure per un po' ci sono stati, ragionavano così : nel 1790 il 93% degli americani vivevano di agricoltura, due secoli dopo , nel 1990, la quota dei contadini era scesa al 2% ! eppure gli Stati Uniti erano un paese prospero che aveva raggiunto il pieno impiego.
Insomma, non c'era da fasciarsi la testa, che c'era motivo di credere in un'epoca di "distruzione creativa.".
Quando il cavallo d'acciaio, la macchina a vapore, sostituì il più nobile ma meno efficiente cavallo, ben presto il lavoro perso da un lato si moltiplicò dall'altro.
Ora questo meccanismo non sembra ripetersi.
Tra l'altro la rivoluzione digitale incide anche sulla redistribuzione del reddito : "durante quasi tutta la storia moderna, i due terzi della ricchezza prodotta sono serviti per pagare i salari mentre il terzo rimanente è andato a pagare i redditi da capitale (dividendi, affitti ecc.). " Ma dal 2000, e quindi ben prima di Lehman's Brothers, "la quota del lavoro ha cominciato a calare stabilmente, fino ad arrivare alla percentuale del 60%, mentre i redditi da capitale sono cresciuti specularmente".
La causa, secondo Noah Smith (altro economista, stavolta della Michigan University) va appunto ricercato nella tecnologia : " In passato il progresso tecnico ha sempre aumentato le capacità dell'essere umano : un operaio con una motosega è più produttivo di uno che lavora con la sega a mano. Ma quell'era è passata. La nuova rivoluzione, quella dei computer e della tecnologia digitale, riguarda le funzioni COGNITIVE, non l'estensione della capacità fisica. E una volta che le capacità cognitive dell'uomo sono sostituite da una macchina, diventiamo obsoleti come i cavalli" nell'era del motore a vapore".
Anche il MITT di Boston, con David Autor, si allinea, osservando come il PC, capace di sostituire anche lavoratori con mansioni complesse, purché con elevata componente routinaria, ha lasciato all'uomo i mestieri di due altri tipi : in alto i lavori astratti, quelli che richiedono intuito, creatività, capacità di persuadere e risolvere problemi ; dal lato opposto, i lavori manuali, come preparare un pasto, guidare un camion, pulire una stanza d'albergo... Questi ultimi non possono essere svolti da un computer ma nemmeno richiedono grosse competenze professionali, e vengono pagati poco. Meno di molti mestieri spariti con l'automazione.
Alla Oxford University hanno constatato, studiando in profondità ben 72 settori produttivi, che circa la metà dei lavori svolti dall'uomo (47% ) verrà sostituito dalle macchine.
Anche immaginando nuovi lavori, al momento non contemplati, il timore forte è che che comunque questi avranno un livello qualitativo basso, e conseguentemente un basso reddito.
Insomma, o disoccupati o mal pagati. Che mi pare quello che già si vede diffusamente.
A questo punto la parola dovrebbe passare ai politici che in realtà restano muti, votandosi più che altro alla irrealistica speranza che "arrivi la ripresa".
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