venerdì 27 dicembre 2013

ANCHE IL CORRIERE DELLA SERA E' STANCO DI LETTA (E DELLA REPUBBLICA DEI MANDARINI)


Lo avevamo già rilevato : IL Corriere della Sera ha mollato Letta. Dopo aver sostenuto per mesi il suo governo, criticando il malessere del Cavaliere che pretendeva, in cambio del suo appoggio, un sostegno politico nella sua travagliata guerra giudiziaria, schierato le sue penne migliori, in particolare Polito e Battista. a difesa della "stabilità", sembra - finalmente - che il direttore si sia arreso : questa non è stabilità ma immobilità, e i 40enni fanno esattamente le cose di sempre, cioè tirare a campare, cercando di sostenere i conti con le tasse, cambiando loro nome, o trovando altri settori da mungere ( la casa ormai è sfinita, tocca al risparmio...).
Un governo INGUARDABILE e INSOSTENIBILE. E infatti anche i giornali da sempre moderati e quindi tradizionalmente più ostili alle crisi, alzano il tiro : lo fa il Corriere e più di qualcosa s'intravede anche sulla Stampa. Più sofferta la posizione di Repubblica, divisa tra gli "editoristi" (obbedienti a De Benedetti), che ormai puntano su Renzi e quindi sono favorevoli ad una crisi che porti il segretario PD a Palazzo Chigi (ma serve una legge elettorale doc, che il Porcellum gliel'hanno ammazzato) e gli scalfariani, fedeli a Scalfari e quindi a Napolitano.
Ma pure l'uomo del Colle pare inizi a stancarsi della pochezza del suo governo che non solo ha perso per strada quelli del PDL, ritrovandosi in senato con una maggioranza risicata, ma soprattutto ha oggi il partito di riferimento, il PD, guidato da Renzi che non intende assolutamente perdere l'immagine dell'uomo che può cambiare le cose, e quindi proprio non ci sta a rischiare (più che un rischio è una certezza) il logoramento nella palude lettiana.
I rimproveri di de Bortoli-Rabbit non illustrano concetti inediti, tutt'altro, così come non nuove sono le esortazioni a volare più basso e concretamente, individuando le solite poche e importanti cose da fare e rimandare il resto ad una diversa stagione politica (e cioè una maggioranza sufficientemente forte e coesa).
Speriamo che queste ultime indicazioni trovino ascolto che non fa piacere  sentire la Kienge parlare di Ius Soli (ma anche Renzi lo ha fatto...), o il Sindaco di unioni civili e altre cosucce del genere che sono importanti ( anche per contrastarle, che sulla cittadinanza dei nati in Italia degli immigrati ci sarà da discutere, E TANTO ) ma certo non prioritarie in un paese che ha la disoccupazione giovanile più alta d'Europa, insieme alla tassazione, e una recessione che al di là di tutti gli annunci non molla ( che il +0.6 previsto per il 2014 ha valore poco più che psicologico e non è detto che si raggiunga).
Il guaio è che se Letta perde appoggi importanti all'esterno, può sempre contare su alleanze incestuose interne, prime fra tutte quelle dei peonses parlamentari. Qui c'è una marea di gente, centinaia di individui che sono entrati per miracolo in parlamento e che, anche a causa della scomparsa dell'amato - spesso con la scomparsa scatta la rivalutazione postuma...- suino elettorale, hanno speranze minime se non nulle di rientrarci. Pensate a quelli di Scelta Civica, che a stento toccano il 4% nei sondaggi e sono spaccati, oppure ad Alfano e i suoi, con l'incubo del bis di Fini e colonnelli, o i grillini, con il Movimento in calo di consensi e con Grillo che stavolta secondo me non ricorrerà alla rete per selezionare i candidati (per ritrovarsi troppi "ribelli") . E naturalmente ci stanno sia quelli del Cavaliere, che non sanno se potranno contare su un nuovo miracolo elettorale del loro signore e padrone, e quelli del PD, che per la maggior parte sono lì grazie al porcellum e alla Ditta che ora è stata soppiantata dall'Homo novus di Firenze. 
Sono QUESTI i veri alleati di Letta : i parlamentari che NON vogliono lasciare la poltrona e potrebbero disobbedire pur di allungarsi la vita a Montecitorio e Palazzo Madama (addirittura il Senato potrebbe non esserci più , nella forma attuale, e comunque si parla di diminuire il numero degli eletti...).
Poi certo, c'è l'Europa, che teme sempre i guai italiani, destabilizzanti per la fragile tregua monetaria. 
Solo alleati potenti, che non servono per governare, fare riforme, migliorare.
Ma per restare a galla sì.


"IL CONTRATTO DI GOVERNO" 

 

Alla vigilia di Natale il governo ha opportunamente ritirato il decreto cosiddetto salva Roma. Era diventato un impresentabile insaccato misto di piccoli provvedimenti. Spesa pubblica a coriandoli sostenuta da questa o quella lobby. Poche misure necessarie insieme a tante altre del tutto inutili. La pessima figura dell’esecutivo Letta rimane, però. E rischia di essere ripetuta con l’inevitabile decreto di fine anno, il cosiddetto Milleproroghe, un prodotto legislativo tipicamente italiano, indigesto per le casse dello Stato. Gli altri Paesi programmano e scelgono per tempo. Noi ci riduciamo all’ultimo. In nome dell’emergenza, unico vero motore legislativo ma foriero di due conseguenze gravi. La prima è che, anche in tempi di spending review, la spesa si conferma un irresistibile cemento del consenso, mette insieme maggioranze trasversali politicamente inconfessabili, dà sfogo agli interessi minimi e particolari, spesso in barba a ogni (finta) disciplina di partito. Il disagio del commissario Cottarelli è già palpabile. Seconda conseguenza è che i testi di legge approvati sono spesoraccogliticci, incomprensibili e a rischio di incostituzionalità, come accadrà quasi sicuramente alle norme sulle pensioni.
Risultato finale: alcuni presunti risparmi si tradurranno in futuri aggravi. Letta è un politico preparato, accorto, forse troppo prudente. È una persona per bene, di solidi principi.
Ha promosso un coraggioso rinnovamento generazionale. Merita ancora fiducia nonostante qualche furbizia  d e m o c r i s t i a n a  di troppo. È però a capo di un esecutivo  indebolito da spinte contraddittorie. Da un lato l’attivismo di Renzi che preme per accelerare le riforme; dall’altro i timori del Nuovo centrodestra di Alfano che rischia di essere il vaso di coccio di un governo a forte impronta pd. I temi del lavoro li possono tenere insieme, quelli sull’immigrazione e le unioni civili definitivamente separarli. L’occasione, l’ultima, per un colpo d’ala, è costituita dal contratto di governo che l’ex maggioranza delle larghe intese dovrà stipulare nelle prossime settimane. Qui Letta, a nostro avviso, si gioca tutto. Il contratto di governo non può contenere troppi  impegni , come  un M i l l e  proroghe della politica, per non scegliere nulla in nome della stabilità. E non può nemmeno correre i rischi di un salva Roma qualsiasi che si arena in Parlamento dopo aver subito l ’a s s a l t o di chiunque. Per un semplice motivo: nel prossimo anno le Camere dovranno occuparsi anche di riforme costituzionali e di legge elettorale per le quali ci vogliono serietà e competenza. E non possiamo p e n s a r e , nemmeno per un minuto, ai guasti costituzionali che produrrebbero il pressapochismo e l’incompetenza degli ultimi atti legislativi.
Saremmo costretti a concludere che la tendenza al Porcellum è innata nel nostro sistema politico. Dunque, meglio poche cose, importanti per la funzionalità del processo decisionale del Paese, per il lavoro, le famiglie e le imprese, ma con elevata possibilità di tradursi in atti concreti, efficaci, reali. In caso contrario registreremmo, come in questi giorni, un altro regalo a Grillo e ai populismi di ogni risma. E la constatazione che in Italia gli unici a comandare sono i burocrati dei ministeri, i difensori di grandi e piccoli privilegi, qualunque sia il responsabile politico.
Insomma, la repubblica dei mandarini.

2 commenti: