domenica 26 gennaio 2014

TO', LA LEGALITA' A SALERNO NON E' DI MODA, MA A SINISTRA TACCIONO


Ammetto che confido in qualche imbarazzo, almeno vago, in amici, alcuni anche cari, di area progressista e più  precisamente di casa PD, nel leggere l'articolo di Antonio Polito sulla vicenda De Luca, il potente sindaco di Salerno.
Il personaggio è scomodo di per sé, per un suo certo modo diciamo molto "diretto", e le mancate dimissioni dopo essere stato nominato viceministro nel governo Letta facevano presagire che non ne sarebbero venute cose buone. Che il "nostro" non ci ha pensato nemmeno un momento che toccava dimettersi dal ruolo di primo cittadino visto che c'era una legge a stabilire sic et simpliciter l'incompatibilità delle due cariche.
Però le leggi sono interpretabili si sa, specie per gli amici. E' per gli altri che si applicano...
Per fortuna poi ci sono giornalisti come Polito, e giornali come il Corriere della Sera che questo doppio pesismo lo denunciano, che ci sono stati frantumati i gioielli di famiglia con la storia della legalità, delle sentenze che si rispettano e via cantando, all'epoca della decadenza di Berlusconi...
Certo, ci verrà detto che lì la sentenza era definitiva, mentre qui è ancora impugnabile, ma sapremo entrambi che il problema sostanziale non cambia, che noi, e De Luca ( e Renzi) sappiamo che quella incompatibilità è marchiana, ed è solo la protervia (e il potere) dell'uomo che consentono "l'eccezione".
Buona Lettura (ai quei miei amici, doppio augurio...).

"IL MANTRA DELLA LEGALITÀ E L’ECCEZIONE SALERNITANA"

 

 Ricordate il mantra che ripetevano dirigenti grandi e piccoli del Pd fino a due mesi fa, per ottenere la decadenza di Silvio Berlusconi dal Senato? «Le sentenze si applicano». Lo disse tra gli altri, con la gravità dell’uomo di Stato, anche Vincenzo De Luca, sanguigno quattro-volte-sindaco di Salerno e contemporaneamente vice-ministro-senza-delega alle Infrastrutture, in un Porta a Porta del maggio del 2013: «Le sentenze si rispettano». Ma ora che una sentenza del Tribunale di Salerno, su iniziativa di tre benemeriti parlamentari del Movimento 5 Stelle, ha sancito ciò che è ovvio poiché è scritto nella legge, e cioè che De Luca è decaduto dalla carica di sindaco perché incompatibile con quella di membro del governo, ecco che all’improvviso le sentenze non si applicano né si rispettano. Il sindaco decadente non solo è rimasto al suo posto e ha fatto ricorso, ma ieri si è presentato all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Salerno sfidando la sentenza ancora fresca d’inchiostro, ha indossato il cappello di viceministro e ha preso la parola per promettere che la sua duplicità sbloccherà presto i fondi per la nuova cittadella giudiziaria (la cui prima pietra risale al secolo scorso).
A Salerno prosegue dunque una costante e sfrontata violazione della legalità. La quale non è misurabile a peso, di più sulla bilancia dei nemici e di meno su quella degli amici: è un bene indivisibile. Oggi è molto evocato in politica: la giovanissima segreteria del Pd ha addirittura un’apposita responsabile alla legalità. Eppure stavolta il Pd tace. De Luca è uno potente, signore di tessere e di primarie, è riuscito a far prendere la stessa percentuale bulgara una volta a Bersani e una a Renzi, per la semplice ragione che i voti sono suoi. Al momento è così renziano che appena qualche sera fa il braccio destro del neosegretario, Luca Lotti, gli ha delegato la decisione finale per dirimere i conflitti interni alla corrente e scegliere il candidato alla segreteria regionale del partito. Investitura per cui De Luca è oggi il plenipotenziario della corrente in Campania, oltre ad essere membro della Direzione in quota renziana, e ad avere il figlio eletto nell’Assemblea nazionale come capolista renziano. De Luca ha insomma la copertura del segretario del Pd. Ce l’aveva con Bersani, che infatti lo sistemò al governo; e ce l’ha con Renzi, che infatti non applica a lui lo stretto codice morale che lo spinse a chiedere le dimissioni della Cancellieri dal governo. C’è perfino chi dice che De Luca resista perché ha ricevuto la promessa di un posto al governo nel prossimo rimpasto, in cambio della poltrona di sindaco.
Salerno è diventato così un fulgido esempio dell’incapacità della politica di autoregolarsi. Nel consiglio comunale, che doveva votare la decadenza, da sette mesi manca il numero legale al momento giusto; il ministro dell’Interno Alfano se ne lava le mani e non nomina un commissario neanche dopo la sentenza del Tribunale; il premier Letta non revoca dal governo De Luca pur potendolo fare perché non è un ministro. E poi si lamentano dell’antipolitica.

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