domenica 9 febbraio 2014

CATTURATO L'EVASO CUTRì. ALLORA, SE VOGLIAMO, LI SAPPIAMO RIPRENDERE !


Plaudo convinto al lavoro delle forze dell'ordine che in questa vicenda hanno mostrato grande efficienza, che in uno splendido work in progress hanno fatto il vuoto intorno all'evaso, Domenico Cutrì e lo hanno nuovamente catturato. Bravi. 
Detto questo, mi si consenta, approfittando di questo non raro esempio di efficienza, di tornare su un tema che mi sta a cuore : quello della riduzione drastica del ricorso alla custodia cautelare. Se i nostri agenti sono bravi, e lo sono, tanto da catturare negli ultimi anni fior di latitanti mafiosi, se gli bastano pochi giorni per catturare un delinquente incallito la cui evasione si presume studiata e organizzata anche nel "dopo", perché non avere fiducia in loro nell'ipotesi di dover andare a riprendere un indagato o un imputato che tenti la fuga mentre è in attesa di giudizio (quindi per la costituzione INNOCENTE) ? Parliamo quasi sempre di casi in cui i reati contestati - e ancora da accertare - sono di scarsa pericolosità sociale, di gente incensurata. Invece  priviamo della libertà persone come Andrea Scaglia, per un anno, per poi assolverlo e doverlo risarcire ( come se bastasse il denaro, che pure di questi tempi allo Stato scarseggia).  
Corona quanto tempi ci misero a catturarlo dopo la condanna definitiva ? Tre giorni ? 
E Raffaele Sollecito subito fermato alla frontiera con la Carinzia ? (ah, bravi stavolta i giudici, che a quanto pare hanno resistito alla tentazione di mandarlo in prigione. E' ancora libero. Conosco colleghi civilisti che nemmeno dopo l'assoluzione a Perugia lo avrebbero fatto uscire dal carcere...).
Insomma, siccome la custodia cautelare NON deve essere strumento di estorsione di una confessione-delazione, né di anticipazione della pena, vogliamo circoscriverla veramente alle sole ipotesi di reati molto gravi e persone pericolose non in base all'intuito del giudice ma ai precedenti ?
Ecco comunque la notizia della brillante operazione da parte dei carabinieri.



Finisce la fuga dell’ergastolano Cutrì
Catturato con un complice nella notte

Sorpreso nel sonno, si era rifugiato in un appartamento disabitato a Inveruno
In azione le teste di cuoio. Nel covo pistola e marijuana, mancavano luce e gas

Il covo in cui si nascondeva Domenico Cutrì a Inveruno, nel Milanese. Nel riquadro: l’arresto dell’ergastolano
La fuga di Domenico Cutrì è finita. I carabinieri hanno posto fine all’evasione dell’ergastolano fuggito dal tribunale di Gallarate (Varese) dopo una sanguinosa sparatoria in cui ha perso la vita il fratello Antonino. lo hanno catturato nella notte a Inveruno, nel Milanese.

IL BLITZ
L’ergastolano evaso stava dormendo quando i carabinieri hanno fatto irruzione nel covo, un appartamento disabitato all’interno di una palazzina in ristrutturazione . Cutrì si trovava con lui Luca Greco, 35 anni, un pregiudicato fermato con l’accusa di aver fatto parte del commando che lunedì scorso ha liberato il detenuto. I due sono stati sorpresi nel sonno.

PASTA, CAFFÈ ED ERBA
Nell’appartamento c’erano anche una pistola 357 Magnum e alcune dosi di marijuana. All’interno del covo sono stati trovati generi alimentari, pacchi di pasta e scatolette di tonno, sparsi a terra, davanti al divano dove dormivano l’ergastolano e il suo complice. Sul pavimento anche copie di quotidiani come “Il Giorno” e “La Prealpina” con la cronaca dell’evasione. Cutrì aveva a disposizione una palazzina in ristrutturazione di due piani in via Villoresi, poco lontano dal centro di Inveruno (Milano) e dalla casa dove vivono i genitori. Le porte delle stanze sono state sfondate. Cutrì viveva in condizioni di degrado, e per cucinare utilizzava un fornelletto da campeggio. Il cortile dove si trova la palazzina è circondato da altre case ma, come raccontano alcuni residenti, nessuno si sarebbe accorto di movimenti sospetti.

L’APPARTAMENTO
L’appartamento era stato messo a disposizione dell’evaso da un piccolo imprenditore della zona, Franco Cafà, 35 anni, arrestato ieri dai carabinieri a Buscate (Milano) con l’accusa di favoreggiamento. Cutrì e Luca Greco vivevano in condizioni di degrado: nel covo, infatti, mancavano luce, acqua e gas. Per cucinare i due uomini utilizzavano un fornelletto da campeggio, e dormivano su due brandine in una delle stanze. Ad entrare in azione sono state le teste di cuoio dei carabinieri del Gis (Gruppo intervento speciale). A individuare il covo erano invece state le indagini dei carabinieri di Varese, Milano e del Ros (Raggruppamento operativo speciale). La pistola 375 magnum che Cutrì aveva con sé aveva il colpo in canna, ma gli investigatori lo hanno sorpreso nel sonno e non è stato in grado di usarla.

LA TECNICA DEL “TAGLIO DEI RAMI SECCHI”
Per catturare Domenico Cutrì nel suo ultimo covo a Inveruno, i carabinieri hanno usato la tecnica del «taglio dei rami secchi». E per riuscire ad individuare dove si trovasse e quelli che sarebbero stati i suoi movimenti hanno ricostruito «l’intera vita criminale» dell’evaso. In sostanza, gli sono stati tolti tutti gli appoggi, con il fermo degli altri componenti della banda e Cutrì è stato costretto a trovare un covo di fortuna, vivendo in condizioni notevolmente disagiate. Lo hanno spiegato gli investigatori in una conferenza stampa a cui hanno partecipato il comandante provinciale di Varese, Alessandro De Angelis, quello del reparto operativo, Loris Baldassarre e il comandante della sezione del Ros di Milano, Giovanni Sozzo. Alla conferenza stampa sono presenti anche il procuratore della repubblica di Busto Arsizio, Gianluigi Fontana e la pm titolare delle indagini Raffaelle Zappatini.

LA FAMIGLIA
Il padre di Domenico Cutrì preferisce non rilasciare commenti ai giornalisti dopo l’arresto del figlio: «Non è il momento, non voglio dire nulla...». Le tapparelle dell’appartamento in una palazzina in via Leopardi a Inveruno, dove vive la famiglia, a non molta distanza dal covo dell’evaso, restano chiuse. «Ho sentito un forte rumore, nel pieno della notte, e mi sono svegliato: poi mi sono affacciato alla finestra e ho visto i carabinieri che facevano irruzione», ha raccontato un pensionato che vive nell’appartamento di fianco alla palazzina dove si trovava il covo Cutrì, «Ho avuto molta paura - ha proseguito - Non mi sarei mai aspettato che l’evaso si nascondesse proprio di fianco a casa mia - ha concluso - non ho mai sentito rumori strani e, solo una volta, ho visto una persona che portava all’interno uno scatolone con dei generi alimentari».

IL PLAUSO DEL GOVERNO
Il vice ministro e responsabile del Viminale Angelino Alfano commenta la cattura con un tweet: «Arrestato Domenico Cutrì, il latitante evaso. Ancora una volta lo Stato vince i criminali perdono. Tanti tanti complimenti ai Carabinieri!». Il Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha telefonato al comandante dell’Arma dei Carabinieri, generale Leonardo Gallitelli, per complimentarsi: «Il Ministro - si spiega ina una nota - ha ringraziato tutte le Forze di Polizia e la Magistratura per collaborazione che ha portato alla rapida conclusione della fuga e anche alla cattura dei complici. Con l’occasione il Guardasigilli ha voluto ribadire il suo «grazie» agli uomini della Polizia Penitenziaria per il lavoro delicato e pericoloso che quotidianamente svolgono». Complimenti alle forze dell’ordine arrivano anche dal ministro Mauro, dal sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta e dal presidente del Dipartimento del amministrazione penitenziaria (Dap), Giovanni Tamburino.

L’EVASIONE
Domenico Cutrì, 32 anni, era stato condannato in appello all’ergastolo come mandante dell’omicidio di un polacco che aveva insidiato la sua fidanzata. Era evaso lunedì scorso, intorno alle 15, quando un gruppo armato era entrato in azione davanti al tribunale di Gallarate dove l’ergastolano doveva sostenere un processo per truffa. Del commando facevano parte, secondo quanto accertato dai carabinieri, coordinati dal pm di Busto Arsizio, Raffaella Zappatini, i suoi fratelli Antonino, 30 anni, ucciso nel conflitto a fuoco con gli agenti della Polizia penitenziaria, e Daniele, 23 anni, fermato due giorni fa. Altri quattro componenti del commando erano stati fermati a Cellio (Vercelli) dove era stato allestito un covo e un quarto a Napoli. In carcere si trova anche la compagna di Antonino Cutrì, Carlotta Di Lauro, accusata di aver fornito supporto logistico all’evasione. Si è fatta trovare ieri sera in casa dei genitori dopo tre giorni in cui era stata irreperibile con il figlio di cinque anni avuto da una precedente relazione. Domenico Cutrì sarebbe stato catturato non distante da Inveruno, nell’Alto milanese, dove risiede la sua famiglia. 

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