mercoledì 12 marzo 2014

LA PATRIMONIALE COME I CONDONI. SE NON SI TAGLIA LA SPESA PALLIATIVO DI BREVE RESPIRO


Da quando Padoan si è seduto sulla poltrona del Ministero del Tesoro, il partito, sempre forte a sinistra, dei fautori della Patrimoniale, nutre golose speranze.
Del resto Renzi, nello scegliere di mettere più soldi in busta paga - vediamo da dove li prende...- ai SOLI dipendenti pubblici, mostra, come scriveva ieri Ricolfi nel suo bell'editoriale su La Stampa ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/03/ueper-o-irap-non-e-un-derby-senza.html), che nel cambiare verso, la virata per ora è modesta e favorisce solo il proprio elettorato, che, tra l'altro, è anche quello palesemente meno bisognoso in tempo di crisi. Certo, resta che se una parte della popolazione viene beneficiata di un bonus di circa 1000 euro, c'è la discreta speranza che una parte di quei soldi vengano spesi in consumi.
Resta che, al solito, imprese e lavoro autonomo, soprattutto quest'ultimo, restano al palo. Magari il Premier penserà loro in un altro momento.
Dicevamo della Patrimoniale, eterno mito della Sinistra con il retrogusto irresistibile di far piangere i "ricchi" (come se bastasse fare pagare ai ricchi veri per sistemare i conti...purtroppo sono troppo pochi !). 
Alesina e Giavazzi provano a spiegare perché,  al di là dell'ingiustizia di una simile misura : SE non si taglia la spesa, e si usano soldi presi una tantum per sostenere il livello corrente dei costi pubblici e finanziare iniziative che l'anno prossimo non potrebbero contare su nuovi prelievi (a meno che non si pensi di istituzionalizzare la patrimoniale come prassi ordinaria..., un sogno per Camusso e certi compagni), da qui a poco ci ritroveremo da capo a dodici. Il difetto di tutti i provvedimenti una tantum non accompagnati dalle cosiddette riforme strutturali. Esempio tipico i condoni, di ogni specie, da quelli fiscali a quelli penali. Certo, a volte poi ci sono emergenze ineludibili, vedi le carceri giunte a livelli disumani, dove non c'è altra strada che quella, però il tempo che si guadagna dovrebbe essere speso utilmente per evitare di tornare a quei livelli di emergenza. 
Anche un condono fiscale allora sarebbe utile, che almeno chi viene salassato avrebbe un qualche ritorno (anche solo di serenità, che nella giungla del fisco, vedersi imputare errori e/o elusioni, è un attimo), lo Stato rastrellerebbe i soldi che gli servono, sempre però SE si gettano le basi per non avere di nuovo bisogno di simile indigesta medicina da qui a non molto.
Lo suggerì Luigi Abete, ex presidente di Confindustria e certo non un liberista austriaco : varare una seria riforma fiscale, che tra l'altro pare sia tra gli intendimenti di Renzino, e azzerare i conti degli italiani col fisco attraverso un condono.
Chissà che alla fine non ci facciano un pensiero dalle parti di Palazzo Chigi e via XX Settembre...
Vi lascio alle considerazioni dei due economisti

Patrimoniale? Lasciate stare
di ALBERTO ALESINA e FRANCESCO GIAVAZZI



Matteo Renzi, parlando di imposte sul patrimonio, due settimane fa ha detto: «C’è spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, non sui Bot ma sulle rendite pure. Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie fra le più basse in Europa, ma io dico di attendere la riforma complessiva del sistema fiscale». Il primo dubbio riguarda le «rendite pure», espressione poco chiara e vagamente populista. Il nostro sistema impositivo è un meccanismo eccessivamente complesso, ma che non si può correggere modificandone una parte come se fosse indipendente dal resto. Come d’altronde pensa anche Renzi. Una riforma complessiva della tassazione sui patrimoni andrebbe affidata ad un comitato di esperti, al quale chiedere di scrivere i decreti che due settimane fa la commissione Finanze della Camera ha delegato il governo a varare entro un anno.
In tema di tassazione delle rendite finanziarie si dovrebbe adottare un sistema simile a quello in vigore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti dove questi redditi (cedole, interessi bancari, ecc.) si sommano a quelli da lavoro formando così il totale imponibile. Questo verrà poi tassato con una progressività che riflette le scelte politiche del governo. Invece, con aliquote (ad esempio sui depositi bancari) uguali per tutti, indipendentemente dal reddito, la progressività è violata. Ma una commissione tecnica può solo suggerire la configurazione di imposte più efficiente, non quale sia il livello di pressione fiscale desiderabile, né quale sia il livello di progressività, due decisioni che spettano ovviamente alla politica.
Quanto tassare dipende dal livello di spesa che il governo ritiene preferibile. E qui sta il punto. Renzi sbaglierebbe se chiedesse a ministri di spesa e funzionari dei ministeri a quanto ammontino i tagli di spesa realizzabili e poi, sulla base di questa informazione, decidesse la misura del taglio alla pressione fiscale. Così non va da nessuna parte. Funzionari e ministri gli diranno che ormai non rimane quasi più nulla da tagliare, nonostante la spesa al netto di interessi e prestazioni sociali sia pari (dati 2012, gli ultimi disponibili a consuntivo) a 351 miliardi di euro: 165 per stipendi dei dipendenti pubblici, 89 per l’acquisto di beni e servizi, 33 di trasferimenti a vario titolo alle imprese, 35 per altre attività, in cui rientra il costo delle assemblee elettive e solo 29 per investimenti pubblici.  

Renzi deve capovolgere il problema. Decidere di quanto vuole ridurre la pressione fiscale (ad esempio di 20 miliardi) e poi ordinare che fra quei 351 se ne trovino 20 da tagliare.
Si ricomincia invece a parlare di patrimoniale. Ma se non riparte la crescita su un percorso che preveda meno e non più tasse, e se prima non si taglia la spesa, una patrimoniale straordinaria (che dovrebbe essere peraltro di notevole entità) ridurrebbe solo momentaneamente il rapporto debito-Pil (Prodotto interno lordo) per qualche anno, per ritrovarsi poi al punto di prima. Bisogna distinguere quindi tra la giusta revisione (e semplificazione) complessiva della tassazione che comporti anche una diversa imposizione sulle rendite finanziarie, e una patrimoniale una tantum . La revisione va fatta evitando per di più errori tecnici che si rischia di pagare cari. La patrimoniale invece avrebbe l’effetto di un’aspirina che fa dimenticare la vera malattia: il livello del debito e la mancanza di crescita. Nascondendone i sintomi, se va bene, per qualche anno. Purtroppo spesso le due cose (patrimoniale una tantum e revisione della tassazione sulle rendite finanziarie) più o meno intenzionalmente si confondono. Un equivoco e un errore che il governo non deve alimentare.

Nessun commento:

Posta un commento