Filippo Facci detesta Di Pietro, apertamente, dichiaratamente. Ha scritto anche un libro contro di lui, ha subito delle querele da cui è uscito credo indenne, cosa non facile, che quando era in auge l'uomo godeva di un occhio di riguardo da parte dei suoi ex colleghi e si è vantato in più di un'occasione di aver fatto bei soldini con le liquidazioni dei tribunali; del resto, non è il solo, tra le toghe "alte" (noi avvocati siamo quelle di seconda fascia...), a fruire di questa entrata straordinaria. Ebbene, oggi Facci scrive che nella corsa alla erezione della forca l'allievo ha superato ormai il maestro.
Sembra impossibile, però in effetti di tribunali del popolo, mediante la Rete, il marsicano non aveva mai parlato.
Magari quelle di Grillo sono provocazioni, il suo andare sempre molto sopra le righe per attirare l'attenzione, e magari no.
Certo, non può non sapere che quelle che forse per lui sono esagerazioni ad effetto, per tanti, troppi, di quelli che lo votano sono vangelo. La rabbia di Grillo per me è palesemente artefatta, ma non quella sulla quale soffia.
Pericolosamente.
Facci: Beppe Di Pietro
Oggi per gridare «in galera» non serve neanche più un paravento di carte giudiziarie, o un passato come un Di Pietro o un Ingroia: basta gridarlo e basta. È sparito Di Pietro ma abbiamo il Parlamento più dipietrista di sempre, quello più manettaro ma anche più sfascista, avvelenatore di pozzi, teso a inasprire ogni conflitto istituzionale e a delegittimare progressivamente ogni cosa. Pierluigi Battista, sul Corriere, ha scritto che Grillo ha evocato Hitler e ha varcato una soglia: ma l'aveva già varcata Di Pietro, quando disse che «per Berlusconi i magistrati rappresentano ciò che gli ebrei rappresentavano per Hitler, una razza infame da eliminare». Ora, dopo vent'anni di semina manettara, Grillo raccoglie. Da una parte il comico è meno pericoloso perché è privo dell'esistenziale e smisurata ambizione dell'ex magistrato, dall'altra è più pericoloso perché ha un consenso superiore e ormai contagioso (come il colera) e tuttavia resta privo di quella minima infarinatura di senso istituzionale che aveva l'altro, ex poliziotto, ex funzionario, ex magistrato, bene o male un uomo dello Stato. Invece Beppe Grillo è il vero uomo qualunque. Ha trasmutato i girotondismi gruppettari e accolto pezzi di Pd, pezzi di Bertinotti, sinistrume vario, movimentismi, ambientalismi, forcaiolismi e - ora - moderatismi, quelli che nel 1994 mollarono la Dc per andare da Berlusconi e che ora mollano Berlusconi per andare da lui. Ma sono sempre i peggiori che se ne vanno.
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