mercoledì 13 agosto 2014

CAMBIANO I PREMIER MA LA CRISI RESTA. E' IL DEBITO IL LIMITE DI SOVRANITA'



Apprezzabile, come più spesso avviene, l'editoriale di Antonio Polito sul Corsera che riprende il discorso dibattuto in questi giorni sui limiti di sovranità dello Stato italiano, e quindi di Renzi, che oggi ne guida il governo.
Polito ricorda saggiamente che è la quarta estate in cui il tema è alla ribalta. Iniziò nel 2011, con la famosa lettera della BCE al governo Berlusconi. Allora era Trichet alla guida della Banca Europea, ma Draghi la controfirmò, ed era il governatore della banca d'Italia. 
Oggi alcuni di sinistra - Fassina !!! - lamentano che già allora l'organo di Francoforte esercitò un'ingerenza indebita su uno Stato sovrano. Oggi. Perché ieri non parve vero a lui e quelli della sua parte di cavalcare questo pesante monito della BCE per disarcionare Berlusconi.
Il tema non è questo. Piuttosto, evidenzia giustamente Polito, nemmeno i tre Premier successivi sono riusciti a fornire uno spartito gradito a quelli che contano in Europa. Qualche brano appena orecchiabile, ma l'"opera" non si può dire che agli inizi e incontra ostacoli apparentemente insuperabili nel progredire.
Come mai sono passati tre anni con così pochi risultati ? Forse che avevamo ragione noi quando fin dai tempi sostenevamo che era impresa assai ardua riformare veramente la nostra nazione per limiti e difetti assolutamente intrinseci, e che era stato un adagio ossessivo ma infondato quello dei snistresi di attribuire le origini dei nostri mali al Cavaliere oscuro e alla sua permanenza a Palazzo Chigi ?
A parte che la leggenda del ventennio berlusconiano è appunto una leggenda, che dal 1994 ad oggi Berlusconi è stato a Palazzo Chigi per circa 9 anni (se fate i conti, non è difficile...), ed è stato anche sfortunato che si è beccato il 2001 (la caduta delle torri a New York, con la crisi mondiale che ne seguì), e il 2008 (nel 2007 falliva Lehman's Brothers e iniziava il disastro delle banche mondiali per la bolla dei subprime). Resta il fatto che il profeta della rivoluzione liberale non ha fatto quanto promesso né certamente si è immolato nel tentativo. 
Però sono tre anni che è ai margini e il debito italiano macina record negativi uno appresso all'altro (era sotto i 120 miliardi nel 2011, si sta avvicinando ai 140...) , la disoccupazione è sempre salita ( forse ora il trend negativo si è arrestato, ma è presto per dirlo e soprattutto per vedere segni di direzione opposta) e con essa tasse e spesa pubblica. Con il fisco si tiene a bada il deficit, con la conseguenza che l'economia collassa. 
Tutto questo non è stato prodotto da Monti, Letta od oggi Renzi. Diciamo che le ricette fin qui adottate non hanno provocato nessun serio miglioramento,  qualcuno anzi sostiene che la troppa austerità (fiscale) abbia portato  il contrario.
Renzi ha l'alibi del poco tempo avuto a disposizione ( non è che a Letta ne avesse concesso tanto di più...i 9 mesi si avvicinano), ed è obiezione valida. Però, come scritto in tanti post ormai, le perplessità nascono da quanto fatto finora, che a differenza di quanto dice Nardella, neo sindaco di Firenze ( se uno chiude gli occhi, sembra di sentire parlare il predecessore, e non solo per l'inflessione), non è che ci sia di che festeggiare. Certo, ci sono 10 milioni di italiani con 80 euro in tasca in più (oddio, la cifra non è uguale per tutti, ma ormai prendiamo per buona la vulgata popolare) e quindi sicuramente grati al Premier, laddove i due precedenti i soldi glieli avevano tolti (Monti non ne parliamo !). Ma pare che non basti.
A settembre pare che verranno affrontati seriamente i nodi cruciali che sono quelli economici, e lì si varrà la nobilitate di Renzino.
Intanto, Buona Lettura

IL PERIMETRO DELLA SOVRANITA’
di ANTONIO POLITO
 


Questa è la quarta estate d’ansia per la nostra sovranità. Ed è la quarta di seguito in cui ci accorgiamo che il governo ha sbagliato i conti, che la ripresa era un miraggio, e che non cresceremo affatto. Nella prima estate c’era Berlusconi, nella seconda Monti, poi Letta, ora Renzi. ‎Cambiano vorticosamente i premier ma i problemi restano uguali, come la crisi in cui è piombato il nostro Paese. E alla fine del tunnel c’è sempre l’identica alternativa: o ce la facciamo da soli, o qualcuno lo farà al posto nostro. Perché l’Italia è troppo grande, e troppo intrecciata è la sua sorte con quella dell’intera Europa, per poter fallire.
Il tema della sovranità è tutto qui: meglio farlo noi o lasciarcelo imporre da altri? E la risposta sembra scontata: meglio farlo noi. È per questo che abbiamo cambiato quattro governi in quattro anni. Ma arrivati al punto in cui siamo, al debito in cui siamo, alla recessione in cui siamo, il dubbio che serpeggia in Europa è: ce la faranno mai, da soli?
Per far da soli ci siamo sottoposti a grandi sacrifici, che hanno reso ben presto impopolare chiunque abbia governato. Ma se avessimo chiesto aiuto avremmo pagato un prezzo molto più alto: in tutti i Paesi che l’hanno fatto, perfino gli stipendi degli statali sono stati tagliati. Spagna e Portogallo si stanno sì riprendendo, ma a costo di uno choc sociale che chi governa l’Italia ha il dovere di evitare.
Perciò ha ragione Renzi, come altri premier prima di lui, quando dice con orgoglio che ciò che c’è da fare lo decidiamo noi. È esattamente questo il perimetro della nostra sovranità. Essa infatti ci conserva la libertà di decidere su tasse, spese, pensioni, mercato del lavoro. Ma è limitata da due colonne d’Ercole oltre le quali non possiamo più andare: da un lato ci sono i Trattati, da noi liberamente firmati, che ci dicono di quanto possiamo indebitarci ogni anno; dall’altro ci sono i mercati, che ci dicono quanto costa indebitarci ogni anno.
Dunque la nostra sovranità non è limitata da Bruxelles, ma dal nostro debito. Anzi, per essere più precisi, dal credito che ci danno i risparmiatori di tutto il mondo e chi ne gestisce i capitali. Siccome il nostro debito è immane, la nostra sovranità è già molto limitata. Ogni volta che ci servono soldi, ne perdiamo un pezzo. Meno ne chiediamo e più liberi siamo. Ma se non ricominciamo a produrre ricchezza, ne dovremo chiedere sempre di più.
Per nostra fortuna stiamo vivendo un momento magico dei mercati. Nonostante le nubi nere che si aggirano per l’Europa, si mantengono calmi. Ma non c’è bisogno di essere un gufo per capire che questa bonaccia può finire da un momento all’altro.
Ecco dunque un’ottima ragione per correre, e sbrigarsi a fare ciò che va fatto. Questo non è un braccio di ferro con Juncker per avere uno sconticino, non è questione che si possa risolvere all’italiana, con un po’ di furbizia e qualche rodomontata. Se continuiamo ad aspettare passivamente una ripresa che poi resta zero, o sotto zero; se continuiamo ad eludere scelte difficili definendole inutili totem, non c’è alcuna speranza di reggere il nostro deficit sopra la linea di galleggiamento. In un mondo nel quale merci e capitali circolano liberamente e globalmente, è sovrano solo chi è forte. E noi stiamo diventando troppo deboli per vivere un’altra estate così.

Nessun commento:

Posta un commento