sabato 9 agosto 2014

LA BOSCHI BACIA TUTTI...MA LA STRADA DEL NUOVO SENATO E' ANCORA LUNGA


E' finita l'8 agosto, nel termine ultimo dato da Renzino che minacciava i senatori di non mandarli in ferie (sia mai !!). Il Senato disegnato dalla Costituzione non c'è più. Il titolo dei giornali è questo, ma non ancora la realtà, ché bisogna passare per la Camera e poi per un referendum. Oltretutto, come ricorda Ainis, la riforma del Senato della Repubblica non è un inedito, era già successo, con Berlusconi, e  il quel caso l'iter legislativo era stato portato a compimento e fu il referendum confermativo a bocciare la riforma che già aveva abolito il bicameralismo perfetto. 
Le legge che porta la firma della bella ninfa di Renzino (non credo più di quella, nel contenuto) è a metà strada, e non è improbabile che alla Camera qualcosa verrà modificato. A quel punto, si ritornerà al Senato, e bisognerà vedere se il Premier sarà più o meno forte di oggi ( cosa accadrà con la legge elettorale ? e , soprattutto, cosa in autunno con l'economia ???).  Certo , basterebbe che il testo licenziato oggi dal Senato, venisse approvato dai deputati - e lì i numeri sono decisamente migliori per il governo, ancorché sempre dei voti di Forza Italia si avrà bisogno per essere al riparo da eventuali diserzioni della minoranza PD - e sarebbe fatta (resterebbe il passaggio del referendum, che fu fatale, lo abbiamo rammentato, alla  riforma berlusconiana). 
Ma bisognerebbe mandare giù l'emendamento leghista sulla attribuzione della competenza legislativa residua senatoriale sui temi cd. "etici". Quando l'emendamento passò, Renzi e il PD tuonarono, promettendo vendetta alla Camera. Ci ripenseranno, pur di evitare un nuovo passaggio nel Vietnam del Senato ?
Intanto Ainis ripropone il problema di riequilibrare i poteri istituzionali, oggi che l'esecutivo è più forte dall'aver ridotto l'influenza parlamentare, con la marginalizzazione di una delle due camere. Il discorso generale del costituzionalista lo seguo, però senza perdere di vista una cosa : la nostra Costituzione è nata penalizzando TROPPO l'esecutivo. E quindi, semmai è oggi, indebolendo il Parlamento, che si effettua un riequilibrio, almeno astrattamente. In pratica, lo sappiamo, le camere sono già deboli, ieri controllate dai partiti, oggi, che questi sono deboli, dalle dinamiche interne delle formazioni politiche che costituiscono la maggioranza. MA questa debolezza è ancor di più quella dei governi. 
Più della riforma faticosamente partorita, ritengo che da noi si dovrebbe avere il coraggio di approdare al presidenzialismo. Gli italiani hanno già dimostrato, con la partecipazione appassionata ( con punte anche di beceragine, ma quelle non mancano mai per fortuna...) alle ultime elezioni presidenziali, di voler essere LORO a scegliere il capo dello stato. E sono 20 anni che il leaderismo  ha  prevalso sull'ottica dei vecchi partiti. Anche il PD renziano si è adeguato a questa prevalenza. Oltretutto il presidenzialismo avrebbe un altro GRANDE vantaggio : il limite dei mandati.
Reputo Obama un presidente peggiore di Carter, il che è tutto dire, però mi conforta un sistema che , al massimo, attribuisce un potere grande - e comunque contrastabile dal Parlamento e dalla Corte Costituzionale USA - per otto anni. Poi, stop, cambiare mestiere. 
Viceversa da noi si vuole stabilire un sistema maggioritario alla francese, col doppio turno , ma senza limiti di mandato. In teoria, con il premio di maggioranza e con l'astensione, potremmo avere lo stesso Premier per 20 anni veramente ! E con il voto magari di nemmeno un quarto degli italiani, come succede ai romani con MArino, per esempio, ma almeno, come detto, i sindaci possono essere rieletti una volta sola. E per la democrazia è bene che sia così.
 



Le Garanzie necessarie dopo una Sfida vinta
di MICHELE AINIS
 
 

È un successo il decesso del Senato? Per il governo, sì; e anche per il Senato. Mica s’incontra tutti i giorni un senatore disposto a suicidarsi sull’Altare della Patria, e invece ieri hanno fatto harakiri in 183, la maggioranza assoluta di Palazzo Madama. L’unico precedente risale al 2005, quando Berlusconi cresimò la sua riforma bocciata poi da un referendum; però in quel caso il Senato restava pur sempre elettivo, mentre la riforma sarebbe entrata in vigore nel 2016, campa cavallo. Stavolta, viceversa, i nostri eroi hanno preferito una morte rapida a un’agonia troppo prolungata. 
Sicché onore ai caduti, e presentat’arm davanti a Matteo Renzi, la cui determinazione ha costruito questo risultato. Dopotutto, appena un anno fa nessuno ci avrebbe scommesso qualche monetina. Le elezioni del 2013 avevano proiettato in Parlamento tre grandi minoranze, che lì per lì non riuscirono neppure a eleggere il capo dello Stato; dopo di che la Consulta calò l’asso di picche, annullando la legge elettorale di cui sono figli gli stessi senatori. Ma adesso loro, gli orfani, esibiscono la massima prova di potenza, che è la rinuncia all’esercizio del potere. Evidentemente la politica non è una scienza esatta. Domanda: cade la Repubblica, insieme ai senatori? S’apre la notte della democrazia, come annunciano nerovestiti camerlenghi? Diciamolo con le parole di Mark Twain, quando lesse il proprio necrologio: è una notizia esagerata. D’altronde suona prematura anche la morte del Senato. Verrà espresso dai Consigli regionali, ma succede già — più o meno — al Bundesrat tedesco e in varie altre contrade. Perderà il voto di fiducia sui governi, tuttavia non subirà uno sfratto dall’officina delle leggi. Restano bicamerali le leggi costituzionali; quelle di autorizzazione alla ratifica dei trattati; la legge sull’elezione del Senato; la legislazione elettorale e l’ordinamento di Regioni e Comuni; la disciplina dei referendum; le norme sulla famiglia e sul diritto alla salute. Qualcuno dirà che è troppo, qualcun altro troppo poco. Ma la virtù sta nel mezzo, come insegnò Aristotele. Precisamente a questo serve ogni Costituzione: a distribuire i ruoli di potere, senza conferire mai a nessuno un eccesso di potere. Gli eccessi, a loro volta, s’alimentano quando il sistema è frastagliato, quando arma i veto players nelle cittadelle regionali o nelle più sparute pattuglie di parlamentari — e noi italiani ne sappiamo qualcosa. Tuttavia può ben essere eccessiva pure la stabilità dei governanti, pure la semplificazione della catena di comando, vanto e spada di ogni dittatore. Da qui lo snodo delle garanzie, dei contropoteri. Ce n’è a sufficienza fra i 40 articoli della riforma? Mettiamola così: le garanzie non sono mai abbastanza. Specie in questo tempo incerto, che nutre l’esigenza d’istituzioni credibili, e credibili perché non partigiane. Nel progetto complessivo, c’è infatti un non detto che può oscurare le parole dette: la legge elettorale. Se offrirà troppo spazio alla maggioranza di governo, prosciugherà lo spazio del presidente della Repubblica, della Consulta, delle autorità di garanzia nominate da quella stessa maggioranza. Sicché metteteci una pezza, rafforzando le loro competenze. Alzate l’asticella sui quorum d’elezione. Invitate a mensa qualche altro commensale per votarli. E a cose fatte, mantenete la promessa di convocarci a referendum, per sentire ciò che ne pensiamo. La Costituzione è casa nostra, non lasciateci fuori dalla porta. 

1 commento:

  1. Boschi baciamo le mani!!!
    che merda!
    Hai vinto una battaglia non la guerra, e a che prezzo poi.
    Lo sai che Berlusca ti aspetta a palazzo grazioli e dopo il sostegno che ti ha dato non puoi piu' dire di no.
    Silvio il castigagnocche castigherà anche te. Ormai e solo questione di tempo. E' scritto nelle stelle. RASSEGNATI E PORTAGLIELA RASATA E DEPILATA, che a lu piace cosi,.

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