Apprezzo molto, personalmente, il duro intervento del Dr. Giovanni Canzio, Presidente della Corte d'Appello di Milano, contro il giudice Tranfa, che avrebbe dato le sue dimissioni dalla Magistratura come segno di protesta e presa di distanza dalla sentenza di assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby ( qui le motivazione della sentenza di assoluzione : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/ecco-perche-berlusconi-e-stato-assolto.html. Da notare che i "colpevoli" di quella sentenza, i due giudici a latere di Tranfa, sono magistrati dell'Area Democratica, vale a dire non esattamente quella "amica" di Berlusconi (che peraltro non vanta amici da quelle parti, almeno come categoria e correnti), e la motivazione appare redatta in maniera accorta e dettagliata in diritto, come dovrebbe essere sempre ma sicuramente in questo caso un po' di più, dato il prevedibile clamore della decisione.
Quando ancora l'ìndiscrezione del Corriere della Sera, ad opera del solito Luigi Ferrarella, non si sapeva se fosse fondata o meno, visto che il diretto interessato non dava esplicitazioni in merito (ma vedrete che adesso non mancherà di cavalcare la ribalta), avevo fatto presente ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/il-presidente-che-firma-lassoluzione-di.html ) che, quand'anche fosse stato vero, il Dr. Tranfa il suo gesto eclatante lo aveva esercitato col paracadute addosso : 70 anni, età della pensione bella che maturata, certo non finisce "esodato". Viceversa, con nessun sacrificio concreto, l'uomo diventa eroe della sempre nutrita schiera degli odiatori del Cavaliere, e infatti non mancano le parole di solidarietà e apprezzamento da parte di vari esponenti della sinistra, specie quelli del tutto digiuni di diritto e cultura giurisdizionale.
A questi ultimi dedico la risposta del Dr. Canzio, che bene spiega come la condotta dell'anziano collega sia, se effettivamente determinata dai motivi indicati dalla stampa, assolutamente biasimevole, in quanto irrispettosa dei colleghi e fuori da ogni regola deontologica e ordinamentale.
Non è una buona stagione dalle parti del palazzo di giustizia di Milano...
Caso Ruby, scontro sulle dimissioni di Tranfa
Il presidente della Corte d’Appello Canzio: «Se dettate da un
personale dissenso per l’assoluzione di Silvio Berlusconi non appaiono
coerenti con le regole deontologiche»
ANSA
Il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio
Sono fuori dalle «regole» dell’ordinamento giudiziario e della
deontologia professionale le dimissioni del giudice milanese Enrico
Tranfa, se davvero sono state dettate dal dissenso con gli altri
componenti del collegio che lo scorso luglio ha assolto in secondo grado
Silvio Berlusconi per il caso Ruby.
A due giorni di distanza il Presidente della Corte d’Appello di Milano Giovanni Canzio, rompe il silenzio e interviene sulla vicenda che da ieri tiene banco in un Palazzo di Giustizia già sconquassato per via della infinita `guerra´ tra il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo.
Canzio ci ha pensato e ripensato e in tarda mattinata, rientrato in ufficio da un impegno istituzionale, ha scritto qualche riga. Un testo asciutto con cui ha espresso il disappunto per il gesto «senz’altro clamoroso e inedito» che gli è stato comunicato informalmente giovedì, a tarda sera, via sms. Un messaggio telegrafico con cui Tranfa gli ha annunciato di aver abbandonato la toga e di andare in pensione con oltre un anno di anticipo. Dimissioni che, «se dettate dal motivo - non esplicitato direttamente dall’interessato ma riferito dai vari organi di stampa - di segnare il personale dissenso del presidente del collegio rispetto alla sentenza assolutoria di appello nel procedimento a carico di Silvio Berlusconi, non appaiono coerenti con le regole ordinamentali e deontologiche».
Regole che «impongono l’assoluto riserbo dei giudici sulle dinamiche, fisiologiche, della formazione della decisione nella camera di consiglio dell’organo collegiale». Una segretezza, tutelata penalmente, e che deve essere uno dei principi fondamentali del corredo di ogni magistrato.
«E ciò vale - prosegue il Presidente della Corte d’Appello - a maggior ragione quando il processo sia stato celebrato, come nel caso concreto, in un clima di esemplare correttezza». Correttezza che, si narra nei corridoi, sarebbe stata anche riconosciuta dai difensori dell’ex premier, i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci: dopo la loro arringa in aula sarebbero andati nell’ufficio di Canzio per esprimere la loro riconoscenza per come il collegio, composto appunto dal Presidente Tranfa e da Ketty Locurto e Alberto Puccinelli, aveva prestato attenzione alla discussione.
Parole pesanti, comunque, quelle del Presidente Canzio che si suppone sia voluto intervenire ufficialmente a tutela del collegio e dei colleghi e per cancellare la benché minima ombra sulla decisione mal digerita dal giudice che con il gesto di lasciare la magistratura, a suo dire «meditato» a lungo, avrebbe, è l’impressione che ha lasciato «increduli» molti, «legittimato se stesso delegittimando gli altri».
E poiché un paio di settimane fa ha lasciato anche Flavio Lapertosa, l’altro presidente di sezione, Canzio ha tenuto a rimarcare che «è stata già avviata la procedura per l’immediata assegnazione di un presidente, al fine di assicurare la necessaria continuità nell’ordinario svolgimento dell’attività giudiziaria».
A due giorni di distanza il Presidente della Corte d’Appello di Milano Giovanni Canzio, rompe il silenzio e interviene sulla vicenda che da ieri tiene banco in un Palazzo di Giustizia già sconquassato per via della infinita `guerra´ tra il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo.
Canzio ci ha pensato e ripensato e in tarda mattinata, rientrato in ufficio da un impegno istituzionale, ha scritto qualche riga. Un testo asciutto con cui ha espresso il disappunto per il gesto «senz’altro clamoroso e inedito» che gli è stato comunicato informalmente giovedì, a tarda sera, via sms. Un messaggio telegrafico con cui Tranfa gli ha annunciato di aver abbandonato la toga e di andare in pensione con oltre un anno di anticipo. Dimissioni che, «se dettate dal motivo - non esplicitato direttamente dall’interessato ma riferito dai vari organi di stampa - di segnare il personale dissenso del presidente del collegio rispetto alla sentenza assolutoria di appello nel procedimento a carico di Silvio Berlusconi, non appaiono coerenti con le regole ordinamentali e deontologiche».
Regole che «impongono l’assoluto riserbo dei giudici sulle dinamiche, fisiologiche, della formazione della decisione nella camera di consiglio dell’organo collegiale». Una segretezza, tutelata penalmente, e che deve essere uno dei principi fondamentali del corredo di ogni magistrato.
«E ciò vale - prosegue il Presidente della Corte d’Appello - a maggior ragione quando il processo sia stato celebrato, come nel caso concreto, in un clima di esemplare correttezza». Correttezza che, si narra nei corridoi, sarebbe stata anche riconosciuta dai difensori dell’ex premier, i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci: dopo la loro arringa in aula sarebbero andati nell’ufficio di Canzio per esprimere la loro riconoscenza per come il collegio, composto appunto dal Presidente Tranfa e da Ketty Locurto e Alberto Puccinelli, aveva prestato attenzione alla discussione.
Parole pesanti, comunque, quelle del Presidente Canzio che si suppone sia voluto intervenire ufficialmente a tutela del collegio e dei colleghi e per cancellare la benché minima ombra sulla decisione mal digerita dal giudice che con il gesto di lasciare la magistratura, a suo dire «meditato» a lungo, avrebbe, è l’impressione che ha lasciato «increduli» molti, «legittimato se stesso delegittimando gli altri».
E poiché un paio di settimane fa ha lasciato anche Flavio Lapertosa, l’altro presidente di sezione, Canzio ha tenuto a rimarcare che «è stata già avviata la procedura per l’immediata assegnazione di un presidente, al fine di assicurare la necessaria continuità nell’ordinario svolgimento dell’attività giudiziaria».
VALERIO GIULIANO
RispondiEliminaconcordo sul fatto che il gesto di Tranfa non è assolutamente nobile e, delegittima i colleghi del collegio giudicante. Va in pensione, ergo si libera un posto di lavoro.
ALESSANDRO BASSO
RispondiEliminaci hanno sempre insegnato che le sentenze vanno rispettate...evidentemente non vale per i magistrati...