venerdì 14 novembre 2014

LA CORTE EUROPEA E "LA MORTE IN CARCERE"



Frequentando gli amici dell'Unione Camere penali, mi sono fatta l'idea, forse sbagliata, che molti di loro nutrano una crescente fiducia di trovare presso le corti europee una giustizia più difficile da ottenere nel nostro paese, dove l'istanza forte di sicurezza, anche a scapito delle garanzie (se costituzionali non cambia), prende le forme di un giustizialismo manettaro applaudito dal popolo e anche da certe cd. elite intellettuali. Alla Corte Europea dei diritti dell'uomo (CEDU) si pensa non sia così. Non so se questa mia sensazione sia giusta e, nel caso, se questa fiducia sia ben riposta. Mi auguro di sì.
Ma le notizie di oggi non sono un segnale in questo senso. Su Il Garantista leggo che la Corte Europea ha messo nel nulla in un colpo solo 3.500 ricorsi di detenuti italiani presentati a causa delle "condizioni inumane e degradanti sofferte". I rimedi risarcitori (8 euro al giorno, se ho capito bene, peraltro quasi impossibili da ottenere, per come i concreto opera la nuova legge nazionale che è valsa questa pronuncia assolutoria per lo Stato italiano) sono considerati adeguati...
Dopodiché mi capita sotto gli occhi una nota di Adriano Sofri, che commenta un'altra decisione della stessa Corte, che in questo caso respingeva il ricorso di un detenuto francese condannato all'ergastolo "senza rimedio", l'espressione francese è "perpetuité incompressible". 
In Italia corrisponde al cd. ergastolo ostativo. 
Sofri riporta le spiegazioni della Corte, e fa le sue considerazioni.
Nel condividerle, sottolineo un passaggio che le persone dovrebbero scolpirsi nella mente : la logica giuridica è, com’è noto, una branca del tutto indipendente della logica comune.
Nel bene e nel male, niente di più vero
Buona Lettura




"Ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo ha respinto il ricorso di un detenuto francese, condannato all’ergastolo senza rimedio –“perpétuité incompressible”, instaurata nel 1994, equivalente dell’italiano “ergastolo ostativo”, vigente qui dal 1992. La motivazione della Corte merita però attenzione: “Il diritto francese offre una possibilità di riesame della reclusione perpetua, sufficiente, tenuto conto del margine di valutazione degli Stati sulla materia”. (La legge francese prevede infatti comunque una riconsiderazione, fondata sul giudizio di un collegio psichiatrico, dopo trenta anni di detenzione). Cioè, se non fraintendo, la Corte dice che l’ergastolo senza scampo è lecito in quanto prevede uno scampo. La logica giuridica è, com’è noto, una branca del tutto indipendente della logica comune, ed è irresistibilmente tentata dai paradossi della casistica. In circostanze precedenti, per esempio l’anno scorso nel caso britannico, la Corte aveva condannato l’ergastolo applicato senza possibilità di ritorno come un “trattamento degradante”. L’ergastolo, aveva decretato, è ammissibile ma alla condizione che lascia una porta aperta alla possibilità di riesame. E’ evidente la pertinenza con l’italiano ergastolo “ostativo”. Ma il dato che voglio oggi sottolineare, ricavandolo dalle notizia di ieri, è questo: che in Francia l’ergastolo “incompressible” è stato decretato per quattro persone in tutto, mentre in Italia i detenuti con una condanna all’ergastolo “ostativo” sono circa 1200, milleduecento. Essi sono “di fatto condannati a morire in carcere”, come ripeteva ieri l’Avvenire. La condanna dell’ergastolo era stata appena ribadita dal papa Francesco, fra i cui primi atti c’era stata la sua cancellazione dal codice dello Stato del Vaticano. Attraverso Francesca de Carolis e Nadia Bizzotto alcuni ergastolani “ostativi” italiani avevano indirizzato al papa le loro domande, senza “rispetti umani”, e hanno riconosciuto, con tanti altri, la risposta nel discorso di Francesco ai giuristi, in cui l’ergastolo era detto “una pena di morte nascosta”.
Adriano Sofri 

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