martedì 16 dicembre 2014

"SE VUOI VOTARE DILLO !" . QUELLI CONTRARI AL VOTO ANTICIPATO



Antonio Polito esprime la sua personale contrarietà alla prospettiva di un voto politico anticipato. 
Rileva correttamente la curiosità del fatto che a volerlo sia il governo e non l'opposizione, cosa in effetti non ordinaria ma nemmeno unica. Proprio domenica è accaduto in Giappone. Il Premier Abe, che aveva vinto le elezioni due anni fa, con una maggioranza netta, ha pensato bene di tornarci  anticipatamente per motivi molto chiari e logici : sfruttare la debolezza dell'opposizione, evitare due anni di possibile logoramento dovuto all'economia per poi andare al voto regolare in una situazione di crescente sfiducia. Così invece ha spostato indietro le lancette dell'orologio, ha ottenuto una maggioranza ancora più forte (grazie anche all'astensione..., che non è ovviamente sintomo di grande favore popolare) , anche se non si sa se ha centrato l'obiettivo dei 2/3 che gli darebbe mano libera sulle riforme costituzionali, ha guadagnato altri 4 anni, e quindi si è dato maggior tempi perché le sue riforme, che oggi mostrano il fiato, riprendano respiro. Ovviamente non è certo che ciò accada, anzi, sono molti e aspri i critici della cd. "Abenomics", ma insomma lui si è giocato la sua carta, e per ora ha vinto lui. 
IN Italia, a differenza di Polito e di altri, che hanno una qual certa sfiducia per le elezioni (Napolitano addirittura si dimetterà prima pur di non essere lui a sciogliere le Camere), credo che il voto anticipato sia corretto e ho spiegato altre volte il perché. Il Parlamento uscito dalle urne nel 2013 non è assolutamente rappresentativo degli attuali equilibri politici. Allora c'era Bersani alla guida del PD, ora c'è Renzi. I Grillini erano i punitori della cattiva politica che avrebbero aperto i palazzi del potere come scatole di tonno, oggi sono in crisi d'identità e vediamo la falcidia di espulsioni e dimissioni che li macera, senza contare gli insuccessi elettorali di mezzo. Forza Italia ha resuscitato il nome ma non il centro destra. Scelta Civica si è liquefatta, Monti è (per fortuna) sparito, e la stampella di Alfano vale appunto come stampella. 
Andrebbe tutto bene al governo se il PD, che grazie al Porcellum controlla Montecitorio e con i supporti sopra detti riesce a galleggiare al Senato, fosse compatto dietro al suo nuovo leader. Ma così evidentemente non è, perché quest'ultimo era, è, e rimane troppo estraneo alla sinistra ortodossa. Io l'unico motivo di plauso per Renzi ce l'ho per la sua rottura coi sindacati, ma comprendo che per quelli di sinistra questa non sia esattamente una medaglia al valore. 
La sensazione al momento è che Renzi stia riuscendo nell'impresa già riuscita a Monti di scontentare tutti senza risolvere veramente nulla (o troppo poco). E questo perché dare un colpo di qua e di là, senza una rotta vera, serve forse - e non si sa fino a quando - a galleggiare, non oltre. La giustificazione che il Premier dà, non nuovissima ma non per questo non verosimile, è che non ha una maggioranza coesa.
DI qui, l'idea di tornare al voto, per provare ad averla e governare così senza tutte le estenuanti trattative con la minoranza interna che annacquano le riforme e poi non sono comunque sufficienti ad evitare agguati. A distanza di 10 mesi, quindi uno in più dell'"impaludato" Letta, cosa ha fatto di più il giovin signore fiorentino ? 
A questo punto, meglio l'ordalia del voto. Se ancora non abbiamo la data delle elezioni, in realtà, è solo perché Renzi non vuole andare a votare con il il proporzionale puro, che gli darebbe sì una maggioranza parlamentare più fedele, ma non assoluta per governare da solo, e non è detto che le sue stampelle attuali riuscirebbero ad entrare o, qualora, ad avere eletti sufficienti al soccorso necessario. 
DI qui l'insistenza sull'approvazione di una legge elettorale maggioritaria (anche il Mattarellum è tornato di moda, all'occorrenza), sulla quale però tutti gli altri puntano i piedi, perché letteralmente terrorizzati, stavolta ancora più che in passato, all'idea di un voto che vedrebbe assai pochi sopravvissuti tra gli onorevoli (non tanto) attuali. 
Comunque Polito è al solito molto chiaro nell' argomentare le  sue analisi e vale sempre la pena di leggerlo

La tentazione pericolosa del voto anticipato di Antonio Polito
 

 Non ha certo la potenza mediatica del «Che fai, mi cacci?» urlato da Fini in faccia a Berlusconi. Però anche il «Se vuoi il voto, dillo» con cui Stefano Fassina ha apostrofato Renzi durante l’assemblea pd un posticino nella storia potrebbe conquistarselo. La sua originalità sta nel fatto che, a parti rovesciate, poche ore prima era stato Delrio, cioè Renzi, a rivolgere la stessa accusa alla minoranza pd, cioè a Fassina, sospettata di aver ordito un agguato parlamentare al governo. Cosicché ora due cose sono chiare: c’è qualcuno che vuole andare al voto, anche se non si sa chi, e quel qualcuno sta nel Pd.
Già questa è un’anomalia non da poco. Da che mondo è mondo è l’opposizione che vuole votare e il governo che vuole durare. Nell’Italia del 2015 avremo invece un’opposizione terrorizzata dal voto anticipato (che lo ammetta, come Forza Italia, o che lo nasconda, come il M5S). E un governo tentato dall’avventura elettorale: quasi come se, una volta esauriti tutti gli annunci possibili, non restasse che annunciare le urne.
Naturalmente le elezioni sono, se non l’igiene, l’alimento della democrazia. Guai a demonizzarle. Ancora oggi si discute del resto se sia stato meglio per l’Italia evitarle nel 2011, quando al culmine della crisi finanziaria collassò il governo Berlusconi. Però un’elezione all’anno non è sintomo di salute, casomai di asfissia.

A nche ammesso che ci fosse una legge elettorale, che fosse costituzionale, e che valesse per entrambe le Camere, il vincitore dovrebbe comunque ricominciare daccapo a fare le stesse cose che ha annunciato, per di più buttando ciò che già è stato fatto in materia di riforme istituzionali. In assenza delle quali avrebbe un Parlamento forse più docile ma non più produttivo, e certamente non migliore.
Questo vizietto antico della politica italiana di giocare perennemente alle elezioni, di riempire con l’attesa delle urne il vuoto dell’azione, di promettere messianicamente ciò che non si riesce a realizzare, sembra poi oggi del tutto inconsapevole della gravità estrema della situazione europea in generale e di quella italiana in particolare. Il semplice evocare il rischio di elezioni in Grecia (anche lì, manco a farlo apposta, c’entra l’elezione del presidente della Repubblica), ha subito riacceso i timori di una tempesta sull’euro capace di spezzare la moneta unica. Un ritorno all’instabilità politica del Paese con più di duemila miliardi di debito potrebbe sollevare uno tsunami, e costarci il ritiro del credito che è stato concesso a Renzi proprio perché sembrava in grado di tenerne il timone.
Già oggi l’Italia è un caso in Europa. I governi ci considerano una variabile indipendente che può far pendere da una parte o dall’altra la sorte dell’unione monetaria. La Bundesbank può usarci come pretesto per fermare le misure non convenzionali che prepara la Bce di Draghi.
I lavoratori belgi scioperavano ieri contro i tagli anti-deficit accusando l’Europa di aver usato due pesi e due misure con italiani e francesi.
Giocare con le elezioni è dunque, almeno in questa fase, giocare col fuoco. E il gioco non varrebbe la candela. Confermerebbe anzi tutti i dubbi sull’Italia proprio quando più abbiamo bisogno di ispirare fiducia. Speriamo che nel Pd lo capiscano, e si mettano a litigare su altro. 

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