sabato 17 gennaio 2015

LA GIORNATA SINDACALE DEI MAGISTRATI : I TRIBUNALI SONO "COSA" LORO



Oggi si celebra la giornata propagandistica dell'associzione nazionale magistrati, titolata "I Tribunali aprono le porte ai cittadini". Lapsus freudiano, rivelatore del fatto che i giudici di quel sindacato vivano i palazzi di giustizia come "casa (cosa ?)" propria. Non è così, evidentemente, e nell'antichità il Foro, dove si viveva la vita pubblica e tra le manifestazioni di questa, anche i processi, era pacificamente un luogo aperto, certo non nella disponibilità esclusiva del magistrato.
E' il loro luogo di lavoro...Vero, ma lo è molto di più degli avvocati. E' notorio che i magistrati giudicanti hanno due udienze la settimana, ed è grasso che cola se tornano in Tribunale un terzo giorno. Per quelli della Procura è un po' diverso, ma sicuramente la quotidianità è pane degli avvocati, che sarebbero però dei convitati scomodi all'iniziativa. Così sicuramente hanno ritenuti i magistrati di Milano, mentre in altri capoluoghi l'atteggiamento pare sia stato meno rigido.
A parte la gaffe rivelatrice, l'occasione è stata creata per fare contro informazione rispetto alla vulgata governativa, con la finalità di evitare due riforme viste come iattura autentica dalle toghe "maggiori" (la toga la portano anche i legali, si sa, figli però, nella migliore delle ipotesi, di un dio minore, parecchio minore) : quella dell'interruzione feriale (passata da 45 giorni a 30) e la maledetta responsabilità civile. E' soprattutto su quest'ultima che si misura la protervia dei giudici, che nonostante il referendum quasi plebiscitario (80% di favorevoli, su 30 milioni di votanti) del 1987, le disposizioni europee, con condanna di certi sbarramenti dell'attuale legge Vassalli, l'inaccetabilità per il senso comune che esista una classe di cittadini pressoché intoccabili e impunibili, continuano a dire "no pasaran". 
Questa cosa la trovo positiva, perché dà la misura, anche alla gente comune, dell'arroganza di tanti appartenenti a questa categoria.
Per dimostrare che loro sono i più bravi, e che le lacune della giustizia dipendono da tutti, proprio tutti, tranne che da loro, tirano fuori cifre addomesticate. Non perché non siano vere - potrebbe anche essere, però non so dirlo - ma perché tacciono su altri numeri più rilevanti e scomodi.  Il dato del quale si vantano di più è la "produttività" : quasi 3000 sentenze e 30.000 ordinanze in un anno.

Ora, a parte che questi dati sommano le pronunce, ovviamente numerose anche perché rese in procedimenti più semplici, anche di tutta la magistratura onoraria (giudici di pace), che con loro ci azzecca nulla, ma non scalfiscono il dato della lentezza dei processi, determinato, anche, dalla obbligatorietà dell'azione penale (quanto poi veritiera nei fatti, sappiamo bene...). 
Non solo, ma di più. Quanti provvedimenti sono corretti ? Nei dati statistici che la anm non riporta, ci sta per esempio che il 40% delle sentenze di primo grado sono riformate in appello, in senso migliorativo per il processato. Come risolvere questo gap ? Semplice, per i magistrati si deve limitare l'appello ! 
Parimenti, il problema delle prescrizioni, dovuta alla lunghezza dei processi. Diminuire la mole degli stessi tramite opportune depenalizzazioni e, di nuovo, con l'eliminazione della obbligatorietà ? La prima ipotesi FORSE si potrebbe prendere in considerazione (e in effetti in parte sta avvenendo), la seconda giammai. Piuttosto, ALLUNGHIAMO i tempi della prescrizione ! Ma così i processi saranno ancora più lunghi !?!?! E chissene, almeno non si prescriveranno ! Anche in questo campo, il dato numerico è avvilente per le toghe major : il 70% dei procedimenti si prescrivono nella fase delle indagini preliminari !!  Questo numero viene continuamente ribadito a lor signori che replicano con un silenzio degno dei siciliani della mafia dei film in bianco e nero. 
Così come, in materia di responsabilità civile, nulla rispondono sui numeri crescenti dei risarcimenti pagati dallo Stato per l'ingiusta detenzione. La Stampa, giornale moderato certo non nemico dei magistrati (nessun dei giornaloni si azzarda ad esserlo...) , l'altro ieri riportava questi numeri :
nel corso del 2014 sono state accolte dai giudici delle corti d’appello 995 domande di risarcimento e liquidati 35,2 milioni di euro. Soldi che si sarebbero potuti spendere per migliorare la giustizia medesima.  
A scorrere le statistiche - secondo le schede approntate dal ministero dell’Economia e Finanze appena recapitate al ministero della Giustizia - in un anno c’è stato un incremento del 41,3% dei pagamenti. Nel 2013, le domande accolte erano state 757, per un totale di 24,9 milioni di euro. 
Fanno impressione anche i numeri complessivi. Da quando esistono i risarcimenti per ingiusta detenzione, cioè dal 1991, lo Stato ha speso la stratosferica cifra di 580 milioni di euro. Complessivamente, nel giro di 15 anni, sono 23.226 i cittadini che hanno sofferto di una custodia cautelare ingiusta e che perciò sono stati risarciti. Si consideri che per non far esplodere oltremodo la spesa, la legge stabilisce un tetto di 516.400 euro per singolo risarcimento.
Dal 1991 al 2014, per gli errori giudiziari sono stati liquidati complessivamente 31,8 milioni di euro. Qui non si risarcisce un’ingiusta custodia cautelare, bensì una condanna sbagliata e magari anche un lungo periodo di detenzione. Perciò non c’è tetto ai risarcimenti e da un anno all’altro ci possono essere enormi oscillazioni. Finora il record era un risarcimento da 4,6 milioni di euro.
 Ecco, questi, e altri numeri (come quello relativo ai detenuti in attesa di giudizio, fino a poco tempo fa circa UN TERZO della popolazione carceraria, ora si dovrebbe stare passando ad un quarto...), i magistrati NON li dicono. Non solo, se glieli eccepisce qualcuno - difficile che ci vuole un po' di coraggio che non è merce diffusa tra i giornalisti italiani, consapevoli che il VERO potere, capace anche di ignorare gli ordini di Bruxelles e delle Corti europee sono appunto le toghe di casa nostra, è quello di questi signori, e lo temono.
Bene, nella giornata dei numeri di comodo, forniti dai sindacalisti della categoria magistratuale, ho pensato fosse meglio ribadirne altri, noti agli addetti ai lavori, ma non alla gente, invitata ad andare oggi in quella che i giudici dicono casa loro, ma che loro NON E'.

Di seguito l'articolo de Il Garantista, con l'intervento di MIgliucci, presidente dell'Unione Camere Penali

Il Garantista

«I Tribunali non sono proprietà dei giudici»


 
Vogliono rovinare la “festa”. Oggi sarebbe la giornata della giustizia, proclamata dall’Anm per protestare contro la riforma del ministro Orlando e in particolare contro il taglio delle ferie. I penalisti intervengono con una certa, brutale franchezza e mettono in discussione i dati che oggi i magistrati proporranno ai ciitadini, per l’occasione liberi di entrare nei Palazzi di giustizia.
Intanto, dice il presidente dell’Unione Camere penali Beniamino Migliucci, l’iniziativa del sindacato delle toghe è «la dimostrazione, come se ce ne fosse bisogno, di una concezione proprietaria della giustizia e dei luoghi in cui essa si celebra, da parte dei magistrati». I cittadini, dice, «non hanno bisogno di alcun invito per accedere al Tribunale, luogo sacro in cui si svolgono i processi in nome del popolo italiano». Dopo diché «i numeri forniti dall’Associazione magistrati rischiano di offrire una visione autoreferenziale e alterata della situazione in cui versa la giustizia italiana, nella quale si enfatizza la loro efficienza a tutto discapito di una realtà che ci vede fra i primi paesi in Europa per numero di condanne dalla Corte di Strasburgo».
I numeri sono altri, secondo il presidente dei penalisti, «a cominciare dalla sostanziale inattuazione del sistema di controllo sulla responsabilità dei magistrati, dalle frequentissime sentenze di riforma dei giudizi di primo grado, per passare al cospicuo importo dei risarcimenti che lo Stato è costretto ogni anno a pagare per indennizzare le vittime degli errori giudiziari, all’inevitabile ricorso, da parte della magistratura togata, all’ausilio di magistrati onorari, il cui apporto è determinante per il raggiungimento di quegli obiettivi di produttività che la Anm enfatizza».
Su una delle “contro-statistiche” proposte da Migliucci interviene anche il cahier de doleance del viceministro della Giustizia Enrico Costa, che dà notizia del boom di risarcimenti per ingiusta detenzione ed errori giudiziari pagati dallo Stato nel 2014. «L’incremento rispetto all’anno precedente è del 41,3%: 995 domande liquidate per un totale di 35 milioni e 255mila euro». Dal 1992, osserva Costa, «l’ammontare delle riparazioni raggiunge così i 580 milioni: sono numeri che devono far riflettere, si tratta di persone che si sono viste private della libertà personale ingiustamente e per le quali lo Stato ha riconosciuto l’errore. Dietro c’è una storia personale, ci sono trepidazioni, ansie, che un assegno, anche di migliaia di euro, non può cancellare».
Le contromisure di Parlamento e governo sono note: da una parte la legge sulla custodia cautelare, che naviga ancora in acque incerte, dall’altra quella sulla responsabilità civile dei giudici, prossima all’approvazione della Camera. Sui problemi più generali del processo penale è ora all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio l’atteso ddl del governo, che si accoda al testo base adottato proprio ieri dai deputati sulla prescrizione. «Sono soddisfatta, abbiamo avviato tutti e due i provvedimenti, coerenti tra loro», dice la presidente Donatella Ferranti. Su un altro capitolo della riforma, la soppressione di alcuni Tribunali, arriva dalla Consulta la bocciatura del referendum con cui alcune regioni avevano impugnato le chiusure. Tra queste, c’erano anche le sedi delle zone terremotate dell’Abruzzo.

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