martedì 26 maggio 2015

ANCELOTTI , IL MIO EROE, SALUTA MADRID. UN ESEMPIO DI SPORT POCO IMITATO

 

Non è certo una notizia il licenziamento di Carlo Ancelotti da parte di Florentino Perez, boss del Real.
In realtà, secondo me, la lettera era già pronta la sera della vittoria della Decima, quando tutto il mondo salutò Re Carlo come l'autore della storica impresa, inseguita da lustri dai blancos. Troppa luce sull'allenatore, incredibilmente apprezzato dai capetti capricciosi dello spogliatoio madridista e troppo simpatico al popolo esigente del Bernabeu. Uno come Florentino poteva mai accettare tutto questo ?
E quindi, è bastata una stagione con "soli" due trofei (supercoppa europea e, scusate se è poco, campione del mondo di club Image result for real madrid vince coppa del mondo per club ), una semifinale in Champions ( superata da una Juventus non sfortunata) e un secondo posto dietro il Barca dei terribili tre ( Neymar, Suarez e, soprattutto, il redivivo Messi, che nel 2014, in prospettiva Mondiale, si era preso un anno sabbatico) per avere la scusa di liquidare il Mister troppo popolare.
Che l'ombra proiettata da Ancelotti sul capo supremo sia stata la ragione principale del suo esonero, a mio avviso lo dimostra il fatto che Perez ha sfidato sia i suoi terribili campioni (anche Ronaldo era pro Carlo) che la piazza, al 70% ancora favorevole all'allenatore. 
Ancelotti, come sempre, se ne va da grandissimo signore, qual è, e come ha sempre fatto. Ora lo corteggia insistentemente il Milan - anche Berlusconi è un presidente geloso quando i successi non gli vengono principalmente attribuiti - e io confido che resista al canto delle sirene rossonere. Non sarebbe, temo per lui, una grande idea tornare oggi a Milano, con una squadra da rifondare e grandissime incertezze sul futuro proprietario. Piuttosto, sarei felice di vederlo, presto, sulla panchina azzurra, e pazienza se non vincerà, ché non sarebbe facile per come stiamo messi a livello azzurro ( i giornalisti sportivi vaneggiano di rinascita del calcio italiano, per la Juve finalista in Champions e le due semifinaliste in Europa League...in realtà solo nella Juve giocano parecchi italiani, vale a dire il 50%...e gli stranieri sono piuttosto decisivi, tipo Tevez...). 
Approfitto di Carletto per aprire una parentesi.
I partigiani calcistici, che sono i tifosi, si affannano sovente ad accusare gli altri di essere affetti della loro stessa malattia - la parzialità accecante dovuta appunto dal virus del tifo - , per negare l'esistenza di  una diversità che invece c'è, eccome, e che, in questo ristretto caso, significa anche essere migliori di loro. E quindi cercano sempre di prendermi in castagna, per rilevare il mio essere di parte. Un cosa un po' sciocca, perché sostenere una squadra, di per sé, non impedisce la sportività, e c'è una folta minoranza di persone che segue il calcio e che riesce ANCHE a rimanere sportiva. Io ne conosco diversi, e appartenenti a squadre diverse. Sono quelli dove l'emotività, la passione (e poi giù per li rami, fino al fanatismo becero) non prende il sopravvento sulla capacità di osservazione e di analisi. 
E torniamo ad Ancelotti. Non è mai stato uno juventino, come calciatore, dove ha vinto con la Roma (uno scudetto) e molto di più col Milan ( due scudetti, due coppe dei campioni, una coppa intercontinentale , più le minori supercoppe, italiana ed europea).
Da Allenatore arrivò alla Juve e questo suo passato lo rese inviso alla parte appunto becera del tifo, e nonostante due ottimi campionati, privo del miglior Del Piero, non ebbe il rinnovo per il terzo. Si congedò senza una sola parola di recriminazione.
Arrivò al Milan e sappiamo cosa fece : uno scudetto, due Champions (e una persa ai rigori col Liverpool, dopo averla "vinta" alla fine del primo tempo) , una Coppa del Mondo per Club, varie supercoppe. 
Nonostante un Presidente scomodo e ingombrante come Berlusconi, Ancelotti sarà il secondo allenatore per la presenza sulla panchina rossonera, 420, in otto anni e mezzo, dietro solo il mitico Nereo Rocco (459).
Finita la sua avventura col Milan, Ancelotti va all'estero, e ovunque va, vince : in Inghilterra con il Chelsea ( Premier league e FA), in Francia col PSG ( scudetto) e Real ( Coppa del Re, contro il nemico Barca, Champions storica, Coppa del Mondo per Club, supercoppa europea). 
Ricapitolando, parliamo di uno che, come calciatore prima ed allenatore poi, ha vinto5 (CINQUE !!) volte la Coppa dalle grandi orecchie, e 3 la coppa del mondo per club (il resto , mancia).
Questo senza mai alzare la voce, senza politiche strane di "comunicazione", senza complessi di accerchiamento (il club roccaforte contro tutti gli altri, i "nemici").
Ci sono invece quelli che pensano che questo serva per vincere, prendendo esempio da Mourinho. Quest'ultimo è stato un calciatore mediocre quanto Sacchi, il che è tutto dire...Poi certo un allenatore carismatico che ha vinto tanto, meritandosi l'adorazione dei suoi tifosi (ma non sempre, per esempio NON a Madrid) e l'odio di quelli avversari. Non parliamo dei suoi imitatori, come Conte ( e qui mi rivolgo a coloro che mi vorrebbero come loro...) e Garcia.
Conte ha vinto tanto come calciatore, ed ha riportato in alto la Juventus con tre incredibili scudetti consecutivi (ora è arrivato il quarto), ma rimanendo per il momento dietro in Europa e stressando tutti a cominciare da se stesso. E' giovane, ha tempo per vincere quello che in campo internazionale ha vinto Carletto...però intanto il secondo l'ha fatto, il primo...vedremo.
E finiamo con Garcia. Anche qui, come calciatore, meglio non parlare.
Come allenatore, vince con il Lille una coppa di Francia e uno scudetto. In Champions, non supera mai la fase a gironi, cosa che ha ripetuto quest'anno con la Roma. In Italia, due secondi posti, l'anno scorso a 17 punti dalla Juventus, quest'anno sono "solo" 16, ma in compenso il campionato è stato assegnato ancora prima e non è mai stato in discussione ( nonostante strani vaticini dell'"hidalgo" francese).
Insomma, sono paragoni decisamente "infami", me ne rendo conto, però mi piace ricordarli agli urlatori, ai partigiani veri.
No cari, non siamo proprio della stessa pasta. 
E infatti non ci piacciono gli stessi "eroi"...





Il Real liquida Ancelotti 
«Servono nuovi impulsi» 
Carlo a cena con Galliani
L’ad resta a Madrid per convincerlo: tre anni di contratto 
 
 
 
MILANO Pressing a oltranza. Ancelotti non è più l’allenatore del Real Madrid ma, pur libero da vincoli, non è (almeno per il momento) il tecnico del Milan. Informato da Florentino Perez alle sette della sera di essere stato sollevato dall’incarico, dopo aver ascoltato le parole del presidente delle merengues che ha ufficializzato l’addio («È stata una decisione molto difficile, ma crediamo sia la migliore per il club. Ancelotti ha tutta la stima e l’affetto della giunta direttiva e mio, gli siamo riconoscenti per la Decima, è già nella nostra storia, ma il Real aveva bisogno di nuovo impulso, dobbiamo tornare a dare soddisfazione ai tifosi»), Carletto ha raggiunto Adriano Galliani nell’hotel dove da ieri pomeriggio alloggia per ascoltare la proposta rossonera. Primo round di un match che proseguirà nelle prossime ore e che non si è concluso ieri.
A Madrid, come a Milano si volta pagina. In Spagna Perez ha annunciato che nella prossima settimana si conoscerà il nome del nuovo tecnico. «Sarebbe buona cosa che il successore parli castigliano» ha sentenziato il numero uno del Real che, nonostante la rivolta dei tifosi, sta pensando di affidare la panchina a Rafa Benitez (ma nelle ultime ore sono salite le quotazioni di Unay Emery). Ancelotti, diviso fra incredulità e delusione per il trattamento ricevuto dall’irriconoscente presidente, prima si è congedato dal pubblico spagnolo con un tweet signorile e pieno di affetto («Porterò con me i ricordi di due anni fantastici con il Real Madrid. Grazie a questa società, a questi tifosi e ai miei giocatori. Hala Madrid»), poi alle 21.30, accompagnato dalla moglie Mariann è arrivato all’hotel Wellington dove ad attenderlo c’era oltre all’ad milanista anche l’amico-agente Ernesto Bronzetti.
Silvio Berlusconi, che ha già bocciato Sarri e Mihajlovic, bloccati da Galliani e ha mostrato pollice verso a Unay Emery (doppio finalista di Europa League ma dal nome poco altisonante), per reale convinzione o per esigenza elettorale ha deciso di puntare su Carletto, senza nasconderlo ai tifosi anzi manifestando apertamente l’interesse per un allenatore ancora formalmente sotto contratto con un altro club. Il clamore mediatico fornito alla trattativa ha avuto però l’effetto di insospettire Carletto, dubbioso sulle reali intenzioni del Cavaliere di investire 120 milioni nella prossima campagna acquisti come promesso. «Ancelotti è una leggenda del Milan» ha sentenziato l’ad che ieri ha passato l’intero pomeriggio in albergo. In serata ha sfoderato le migliori arti diplomatiche alla Talleyrand per provare a rompere le resistenze, spiegando al tecnico delle ultime due Champions League rossonere vinte, fra un jamon iberico de bellota e una tapa, la volontà di rilanciare il club con l’innesto di un grande attaccante (Mario Mandzukic è in vantaggio su Jackson Martinez) e un centrocampista di qualità (Kondogbia).
A Carlo è stato proposto un contratto di tre anni e di certo si è discusso sull’eventuale staff: Berlusconi vorrebbe affiancargli Christian Brocchi in qualità di assistente ma Ancelotti già porta con sé 16 persone (obiettivamente, un po’ troppe). Del resto far leva sulla semplice mozione degli affetti non sarebbe stato un argomento sufficiente. Di certo il suo ritorno in Italia porterebbe lustro e prestigio in un campionato che ha perso appeal. Giovedì Ancelotti partirà per il Canada e prima di allora Galliani (che resta a Madrid) vorrebbe avere una risposta definitiva. La trattativa è in salita, praticamente un Tourmalet, ma il Milan non ha perso (del tutto) le speranze.
Monica Colombo

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