martedì 29 dicembre 2015

RENZI MA PERCHE' DOBBIAMO PAGARE IL CANONE RAI ?

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Avevamo parlato l'altro giorno, riportando un sapiente e graffiante articolo di Davide Giacalone  (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/12/nel-2016-400-milioni-in-piu-alla-rai-ma.html ), della sciagurata legge che introduce il canone RAI nella bolletta energetica, risolvendo probabilmente l'atavico problema dell'evasione e portando, secondo i calcoli, 400 milioni di euro in più alle casse della televisione di Stato, probabilmente favorendo la stagione degli sprechi, mai del tutto dismessa ma sicuramente negli ultimi tempi calmierata. Infatti non erano stati rinnovati contratti eccellenti con gente come Santoro, prima, e Floris, recentemente, per non parlare di altri che a via Teulada e viale Mazzini pascevano assai bene, come la Dandini. A me non piacciono i talk show, li ho sempre guardati poco, e da qualche anno mai. Leggo dai dati share che molti altri italiani fanno come me, e il genere è, fortunatamente, in crisi. Siccome però pare costi meno di altri programmi, specie ora che alcuni contratti faraonici sono stati aboliti, ecco che continuano ad essere utilizzati per riempire i palinsesti.
 Non vorrei che recuperando questi soldi, rubati come e più di altri, ché veramente non c'è balzello più insopportabile di questo, tenuto conto di come veramente il "servizio pubblico" è qualcosa a cui la stragrande maggioranza di noi rinuncerebbe a cuor leggero, potendo scegliere non so quante centinaia di altri canali, più quelli  a pagamento, piuttosto che la Rai. Conosco per esempio tantissime persone che preferiscono di gran lunga l'informazione di Sky rispetto a quella "pubblica".
Opportunamente, sia Giacalone che, oggi, Pierluigi Battista, ricordano come il cavallo di viale Mazzini risulti alla fine una sorta di sirena irresistibile quando i politici assumono le leve del comando. E infatti anche renzino, che a suo tempo - parliamo delle prime leopolde e dei primi libri...ere geologiche fa - criticava la lottizzazione politica imperante nella tv di stato, e vagheggiava la collocazione sul mercato delle reti pubbliche, peraltro in questo dando finalmente lodevole applicazione all'esito referendario del 1995, oggi partorisce una riforma che va in senso opposto e riesce, con la genialata dell'inserimento del canone in bolletta energetica (vanamente contestato dai fornitori) a recuperare i soldi di tutti, compresi quelli che veramente un televisore non ce l'hanno. Ma questa obiezione l'avevano superata, estendendo l'obbligo del canone anche ai possessori di pc, tablet e smartphone, quindi tutti noi, che sicuramente usiamo questi strumenti per non correre il rischio di perderci qualche programma rai...
Sicuramente questa misura non è popolare, e non solo perché invisa agli evasori ma anche a coloro che il canone lo hanno sempre pagato, però anche maledetto per la sua palese ingiustizia.
Eppure renzino, che si sa essere estremamente sensibile agli umori della gente, si intesta questa iniziativa che, mi auguro, eroderà ulteriormente i suoi consensi (ci avviciniamo alla perdita di un buon 5% nell'anno, senza fare ovviamente paragoni col mitico e irripetibile 41% delle europee del 2014, ché allora la perdita sarebbe a doppia cifra), ha fatto questa scelta.
La Sirena è stata più forte di tutto.




 Il canone Rai e la concorrenza sleale
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È davvero desolante come il semplice contatto con il potere della Rai sciolga ogni opposizione, dissolva ogni proposito innovatore, tenti chiunque a mettere piede nel grande carrozzone della lottizzazione sfrenata. È bastata una presidenza nella commissione parlamentare di vigilanza della Rai, un organismo plumbeo da Paese del socialismo reale al tempi dell’Urss, per invitare i seguaci di Grillo a sedersi alla tavola imbandita del sottopotere di viale Mazzini. E appena giunto a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha dimenticato i suoi conclamati propositi di star fuori dal banchetto Rai, sfiorando addirittura la tentazione liberale dello smantellamento di una roccaforte del dirigismo statalista, peraltro democraticamente consacrato dalla disattesa volontà popolare espressa in un referendum.

Ora è tempo di una «riforma» della Rai che rafforza la presa della politica sulla Rai. È tempo di non discutere più della legittimità della tassa definita «canone» che ingrassa la Rai producendo quella che un competitore come Urbano Cairo definisce giustamente un caso di palese e iniqua «concorrenza sleale» in un mercato libero e aperto.    Ora c’è il canone nella bolletta della luce: pagare e silenzio. Perché pagare, non è più lecito chiederlo.
Bisogna obbedire e accettare come verità rivelata la litania dei beneficati Rai secondo la quale «tutti» i Paesi europei godrebbero di un canone per la loro tv pubblica: non è vero, alcuni non lo prevedono: altri, come la Gran Bretagna e la Spagna, pongono fortissime e severissime limitazioni agli introiti della pubblicità. Ma da noi si pretende tutto: pubblicità e canone, supposto «servizio pubblico» e intrattenimento di mercato, incasso monopolistico di una regalia di Stato e possibilità di competere sul mercato con concorrenti che, privati della regalia del canone, partono svantaggiati in un mercato falsato.
Oramai non se ne parla più, della liceità di una tassa nata nel Medioevo tecnologico e trasferita nel mondo dello smartphone e del tablet. Non si discute nemmeno sulla nozione di «servizio pubblico» che per gli incassatori della tassa dovrebbe giustificare l’obbligo di un aiuto di Stato. Si continua a confondere «pubblico» con «statale», con il risultato di rendere «servizio pubblico» qualunque prodotto erogato dalla tv di Stato, solo perché è di Stato: e questa sarebbe la rottamazione culturale dei vecchi lacci corporativi? Si guadagna con il canone e si perde l’innocenza. Ma quanto è irresistibile il potere della Rai?

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