lunedì 22 febbraio 2016

RESPONSABILITA' PROFESSIONALE DEGLI AVVOCATI : MAGLIE ANCORA STRETTE MA SI ALLENTERANNO

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Pian pianino, sono convinto, si arriverà al giorno in cui anche per noi avvocati le streghe della responsabilità professionale saranno brutte e immanenti come quelle che infestano la professione medica.
Ho diversi amici medici e tra questi la maggior parte ha ricevuto , almeno una volta, un esposto-denuncia con successiva, annessa citazione civile per negligenza e/o colpa professionale.
Per noi avvocati l'aria non è ancora così brutta ma sono pure passati i tempi nei quali gli unici casi in cui eravamo esposti erano quando incorrevamo in una decadenza o prescrizione. Era come non aver rispettato lo stop ad un incrocio.
Al di fuori di quelli, eravamo immuni.
Ora no. Una mancata richiesta istruttoria, produzione documentale, può aprire lo scenario di un'azione di responsabilità e chissà, col tempo, anche la cosa più personale, ancora oggi lasciata alla discrezionalità del professionista, vale a dire la scelta della strategia processuale, diventerà motivo di sindacato.
Il criterio che ancora ci salva è quello eziologico, cioè il nesso di causalità tra errore e conseguenza negativa, vale a dire il rigetto della domanda, la sconfitta nella causa.
Non basta aver sbagliato, bisogna che ci sia la prova che senza quell'errore l'esito sarebbe stato diverso.
Vi sembra ovvio ? Non lo è.
Tanto più che, come è avvenuto in campo medico, le maglie del nesso di causalità progressivamente si allargheranno.
Nella sentenza di Cassazione che Altalex propone, non solo non si parla di certezza - il che è ragionevole e quindi giusto - ma nemmeno di "alta probabilità". E' sufficiente che sia "più probabile che non". Capite da soli che, in questi termini, la discrezionalità dei giudici (vedrete, non esattamente degli "amici"...) diventa assai ampia...
Tutto questo porterà, sta già accadendo, ad un aumento dei premi delle polizze assicurative, in un momento nel quale le possibilità di errori sono più alte, sia per la complicazione delle regole che per l'avvento di uno strumento valido ma tutt'alto che ancora efficiente quale il processo telematico, e il lavoro è diminuito.
Per cui molti avvocati - un esercito affamato, anche a causa della chiusura di sbocchi professionali alternativi, come un tempo era, largamente, il settore quadri e dirigenti del pubblico impiego - si fanno la guerra a colpi di tariffe stracciate.
Quindi più rischi e meno guadagni.
Una pacchia.


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Responsabilità civile dell’avvocato: la mancata deduzione di un mezzo istruttorio non basta

Cassazione Civile, sez. III, sentenza 13/11/2015 n° 23209

Pubblicato il 17/02/2016

 

La mancata o carente deduzione di un mezzo istruttorio (nella specie ordine di esibizione) non determina la responsabilità professionale dell’avvocato qualora non sia provato che la regolare e tempestiva deduzione del mezzo istruttorio potesse incidere positivamente (secondo il criterio del “più probabile che non”) sull’esito della controversia.

La Corte di Cassazione si sofferma nuovamente sul problema della responsabilità civile dell’avvocato e, in particolare, sul problema del nesso causale fra la condotta negligente del professionista e l’esito della controversia. In particolare, confermando un orientamento consolidato, ribadisce che la responsabilità dell’avvocato sussiste solo nel caso in cui l’inadempienza dello stesso sia causalmente rilevante sull’esito della controversia.

Il fatto

La vicenda presa in esame dalla Corte di Cassazione è piuttosto particolare.

Un avvocato, riconosciutosi spontaneamente responsabile nei confronti del proprio cliente (e presumibilmente avendolo già risarcito) agisce nei confronti della propria assicurazione professionale per ottenere la rifusione di quanto dovuto al proprio cliente. In particolare, la responsabilità professionale dell’avvocato sarebbe derivata, nell’ambito di un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ai sensi dell’art. 548 c.p.c., dalla mancata tempestiva deduzione di un ordine di esibizione.

La domanda

Con atto di citazione l’avvocato agisce in giudizio nei confronti della propria assicurazione per ottenere la condanna di quest’ultima a tenerlo indenne del risarcimento dovuto per responsabilità professionale nei confronti di un proprio cliente.

Da quanto risulta la responsabilità professionale sarebbe stata spontaneamente ammessa dallo stesso legale.

Il Tribunale, in primo grado, respinge la domanda, in quanto, pur rilevando la negligenza del difensore, non ritiene sussistente il nesso di causalità fra l’inadempimento professionale e l’esito della controversia. L’avvocato propone appello avverso tale pronuncia. La Corte di Appello respinge la domanda sulla base di due argomentazioni: la mancata dimostrazione del nesso di causalità fra inadempimento e esito della controversia e, in ogni caso, l’irrilevanza dell’eventuale inadempimento nel corso del procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo in conseguenza dell’erronea proposizione, ab origine, del pignoramento di quote di società secondo le forme del pignoramento presso terzi invece che con quelle disciplinate dall’art. 2471-bis c.c.

Anche tale sentenza viene impugnata dal professionista; la Corte di Cassazione, con la sentenza qui annotata, rigetta il ricorso nulla disponendo sulle spese, in considerazione della mancata costituzione della parte resistente.

La decisione della Corte di Cassazione

La sentenza qui annotata, pur apparentemente respingendo il ricorso, in realtà ne rileva la sostanziale inammissibilità, in quanto la ragione fondamentale del rigetto è rappresentata dalla mancata contestazione di una delle due rationes decidendi poste a fondamento della sentenza di secondo grado, il che porta ad escludere in radice la possibilità di esaminare nel merito i motivi di ricorso.

A prescindere da questo, la sentenza annotata si sofferma, evidentemente a titolo incidentale e rafforzativo della correttezza (anche sostanziale) della decisione, su alcuni interessanti profili giuridici relativi all’accertamento della responsabilità dell’avvocato.

In particolare, la Suprema Corte afferma che la mera negligenza di per sé non implica anche responsabilità civile dell’avvocato. La responsabilità sorge solo qualora sia allegato e provato in modo specifico il nesso di causalità fra la negligenza stessa e l’esito della controversia.

Con particolare riferimento a inadempimenti incorsi nella fase di deduzione istruttoria, quindi, occorre provare in modo

Molto interessante è anche il riferimento al criterio probabilistico cui la Corte di Cassazione ricollega l’accertamento del nesso di causalità. Secondo la Suprema Corte, infatti, benché sia necessario provare il rapporto eziologico fra negligenza ed esito della controversia, configura tale prova in termini squisitamente probabilistici. In particolare, la sentenza in esame, sulla scorta di quanto già ritenuto in altre pronunce precedenti, definisce lo “standard probatorio” con cui deve essere valutata.

Più specificamente, secondo la Corte la prova del nesso di causalità non deve essere raggiunta in termini di certezza e neppure di alta probabilità; è sufficiente invece che, secondo una valutazione controfattuale, l’esito favorevole della controversia, nell’ipotesi di condotta adempiente dell’avvocato, risulti “più probabile che non”. Si tratta di una definizione che molto si avvicina al cosiddetto standard della preponderance of evidence di matrice statunitense.

La decisione in sintesi

Nell’accertamento della responsabilità civile dell’avvocato deve essere allegato e provato in modo specifico il nesso di causalità fra inadempimento ed esito della controversia, soprattutto ove l’inadempimento si collochi nella fase di deduzione dei mezzi di prova.

Esito della domanda

Rigetta il ricorso e nulla dispone sulle spese di lite in considerazione della mancata costituzione della parte resistente

Precedenti giurisprudenziali

Cass. civ., sez. III, sentenza 13-02-2014, n. 3355;

Cass. civ., sez. III, sentenza 05-02-2013, n. 2638;

Cass. civ., sez. II, sentenza 10-07-2006, n. 15633.

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