Può essere mai un articolo sulla svalutazione curioso ed interessante anche per coloro che non sono appassionati di cose economiche (pochi per la verità ? ).
La risposta è sì, se a scriverlo è Alessandro Fugnoli.
E non solo per la solita introduzione che mi fa sempre sentire un ignorante di prima categoria - il che è utile, socraticamente parlando - , con queste suggestive e dotte digressioni che ogni volta il "nostro" ci regala, ma per la magica applicazione di questi viaggi, nel tempo che fu, alla realtà economica finanziaria attuale.
Io non so se è vera questa concertazione, descritta da Fugnoli, per la quale i grandi del mondo, consapevoli che la coperta della crescita è corta, e che tirarla sempre e solo dalla parte propria non funziona, si accordano per fare un po' per uno. Mi sembra francamente strano, però indubbiamente è non solo suggestivo ma , alla resa dei conti, piuttosto efficace, che è la cosa che più conta.
Seguitelo con me, e vedrete che ho ragione
Non è vero che le svalutazioni
sono sempre a somma zero
Il vero esotismo non è viaggiare dall’altra parte del mondo
per scoprire le differenze tra un McDonald’s asiatico e uno di casa nostra.
Esotismo è viaggiare nel tempo. Non nel futuro, dal momento che la fantascienza
è inevitabilmente proiezione del presente, ma nel passato anche prossimo, così
strano e così alieno.
Ci fu un tempo, dall’origine della nostra specie fino a un
secolo e mezzo fa, in cui il concetto di privacy era praticamente sconosciuto e
perfino il corpo del sovrano era pubblico. Re Sole provvedeva ogni mattina ai
bisogni del corpo in una grande sala e nel frattempo discorreva di affari di
stato con ospiti e cortigiani. Aveva però il privilegio di potere dormire da
solo, se voleva. La camera da letto, dal neolitico in poi, era comunque un
concetto noto solo alle classi alte delle città. Nelle campagne del mondo la
stragrande maggioranza degli esseri umani, una volta uscita dalle grotte, aveva
sempre vissuto in comune in quello che oggi chiameremmo un monolocale senza
bagno, che fosse uno yurt dell’Asia centrale, una capanna africana o una
cascina padana da albero degli zoccoli.
In questo monolocale si dormiva tutti insieme cercando di
affrontare il gelo delle notti d’inverno senza disperdere calore. Nelle
campagne cinesi di 7 mila anni fa si dormiva su pietre che erano state
precedentemente messe vicino al fuoco, nella domus romana era già in uso il
camino, ma indumenti spessi e pesanti coperte erano comunque indispensabili per
sopravvivere. Con dieci o venti persone tutte insieme le notti erano
movimentate e le coperte, tirate da tutte le parti, si rivelavano regolarmente
troppo piccole e lasciavano inevitabilmente scoperto qualcuno.
Oggi abbiamo i termostati e le termocoperte, mentre al MIT
hanno già pronta una pellicola di polimeri alimentati a energia solare che,
applicata al pigiama, può regolarne a comando la temperatura. Il concetto di
coperta troppo corta rimane però, come
metafora, quando in economia si parla di risorse scarse da distribuire.
A livello globale, come è ben
noto, il bene scarso di questi nostri anni è la crescita, che è la coperta che
ci protegge dalla disoccupazione di massa e dall’instabilità sociale.
Questa
coperta è così preziosa che i vari paesi cercano ogni volta che possono di
tirarla dalla loro parte svalutando la loro moneta. Poiché però la mia
svalutazione è la rivalutazione degli altri ecco che si usa dire che i
riallineamenti sono a somma zero. Se svaluto esporto di più e importo di meno,
ma a spese dei miei vicini. La crescita globale resta invariata e la guerra
valutaria genera solo instabilità e confusione, per cui può addirittura
risultare a somma negativa se il mio vantaggio competitivo diventa più piccolo
del danno creato agli altri.
Questo, quanto meno, è quello che
si usa dire, scuotendo la testa, soprattutto quando a svalutare sono gli altri.
Come tutte le frasi fatte (e come molte delle regole che si studiano sui
manuali di economia) la teoria della somma zero vale qualche volta, ma non sempre.
Ci sono infatti due casi in cui
tirare la coperta può risultare a somma positiva e produrre più calore per
tutti.
Il primo caso è quando si tira la
coperta tutti insieme, allargandola (si suppone in questo caso che la coperta
sia elastica). Se tutti i paesi creano contemporaneamente nuova base monetaria
attraverso il Quantitative easing è come se tutti svalutassero l’uno verso
l’altro. I rapporti di cambio rimangono alla fine invariati e si crea uno
stimolo. Se lo stimolo mette in moto risorse inutilizzate crea crescita, se le
risorse inutilizzate non esistono più crea solo inflazione. Se le risorse
inutilizzate esistono ancora, ma non hanno voglia o modo di essere utilizzate
lo stimolo ritorna al mittente (le banche ridepositano in banca centrale i soldi
del Qe) e non succede niente. In questi anni abbiamo visto che lo stimolo ha
avuto in parte il primo effetto e in parte il terzo. Alla fine, per quanto
inferiore alle attese, è stato positivo.
Il secondo caso di coperta tirata a somma positiva è quando
la coperta, senza cambiare forma o dimensione, viene spostata da una parte e
dall’altra con uno spirito di cooperazione.
Tutti abbiamo freddo, ma se
qualcuno ha la febbre (e a turno capita a tutti) accettiamo di rimanere con una
gamba o un braccio scoperti per coprire bene il malato. Se si tratta di un
figlio piccolo lo facciamo volentieri, se si tratta di un parente lontano siamo
meno lieti ma lo facciamo lo stesso. È lo spirito con cui si va ad aiutare il
vicino che ha la casa a fuoco perché si sa che il fuoco potrebbe arrivare anche
da noi.
In questi anni post-2008 la coperta l’hanno tirata per primi
gli Stati Uniti, che hanno inventato (o riscoperto) il Qe e hanno deciso che se
non guarivano loro non sarebbe guarito comunque nessuno. Gli altri hanno
accettato. Lo yen è salito fino a 80, l’euro fino a 1.50 e il renminbi ha
continuato a rafforzarsi fino all’agosto scorso.
Gli Stati Uniti sono guariti e si è ammalato invece il
Giappone, che nel 2013 e poi di nuovo a fine 2014 ha svalutato fino a
che non sono occorsi 125 yen per comprare un dollaro. Nessuno dei vicini ha
fatto i salti di gioia ma Abe è stato bravo a convincere il mondo che la
svalutazione, accompagnata dalle altre misure fiscali e strutturali, ci avrebbe
restituito un Giappone risanato.
Nella primavera del 2014 è stata l’Europa, con la sua parte
meridionale esausta dopo tre anni di austerità, a mettersi in malattia e a
curarsi con Qe e svalutazione. Anche questa volta i vicini hanno accettato di
spostare la coperta. Un’implosione dell’Europa in un mondo fragile sarebbe
stata devastante.
Nel 2013 hanno cominciato ad ammalarsi anche molti
emergenti. La febbre si è alzata di nuovo nel 2015 per i molti di loro che
producono materie prime e ha raggiunto in certi casi livelli pericolosi. E così
l’anno scorso è stato loro concesso di tirare la coperta aggressivamente. Oggi
non sono guariti, ma sono comunque sopravvissuti a una crisi gravissima e, sia
pure barcollanti, sono di nuovo in piedi.
Nel 2015,
in agosto, la
Cina ha smesso di fare finta di essere sana e ha fatto capire
ai vicini di non farcela più a stare agganciata a un dollaro sempre più forte.
In settembre la Yellen
ha dichiarato ufficialmente che anche agli Stati Uniti cominciava a mancare il
fiato. Questa idea è stata poi ribadita dalla stessa Yellen due settimane fa.
Da settembre a oggi, del resto, l’economia americana è cresciuta pochissimo.
Da qualche tempo, quindi, sono gli Stati Uniti
(ufficialmente a nome della Cina) a tirare la coperta. Tutti gli altri hanno
restituito all’incirca un quarto della loro svalutazione rispetto al dollaro.
G 20 di Shanghai di fine febbraio si conferma ogni giorno di
più come un piccolo Plaza (l’accordo del 1985 che fermò l’ascesa del dollaro).
Nelle settimane che sono seguite a Shanghai abbiamo visto una nuova manovra
europea studiata in modo da non indebolire l’euro. Il Giappone, dal canto suo,
rinunciando ad allargare ulteriormente il suo Qe, ha implicitamente rinunciato
a riportare lo yen a 125 (ora è a 108) anche se la sua economia ha perso una
parte notevole dei progressi dovuti alla prima Abenomics. La Corea ha accettato di
rivalutare insieme allo yen e perfino la Nuova Zelanda ,
rinunciando ad abbassare i tassi, ha accettato di non svalutare più.
Da una parte c’è la sensazione che allargare troppo il Qe è
inutile e che i tassi negativi, oltre una certa misura, siano profondamente
destabilizzanti. Dall’altra c’è la richiesta americana di una tregua sul
dollaro.
A questo punto la coperta è posizionata in modo ottimale,
perché nessuno sta troppo bene e nessuno sta troppo male. Il paese che sta
meglio, a guardare i numeri, è la
Germania , che è anche quella che si lamenta più di tutti.
L’equilibrio attuale dei cambi può tenere a patto che
tengano i suoi due anelli deboli, la
Cina e l’America. Per l’America non c’è troppo da
preoccuparsi perché ha una solidità strutturale senza pari. Per la Cina c’è da chiedersi quanto
potrà andare avanti con lo stimolo del credito, ma per il momento le cose sono
sotto controllo.
L’America, sempre più vicina alla piena occupazione, ha
bisogno di alzare i tassi, ma non può farlo con un dollaro troppo forte. La
coperta verrà dunque aggiustata fino a che la Cina sarà capace di assorbire un rialzo americano
senza svalutare. In pratica ci sarà il rialzo il giorno in cui le economie
americana e cinese andranno bene contemporaneamente. La prossima verifica sarà
a giugno, ma se l’America andrà piano come adesso il rialzo verrà rimandato di
nuovo.
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