Ci contavo, e puntuale è arrivato. Mi riferisco al commento rassicurante di Alessandro Fugnoli sulla BREXIT.
In altro post esprimerò il mio pensiero, ma intanto può far bene, in una giornata di lutto per i risparmiatori, leggere un esperto spandere parole pacate che invitano alla calma e spiegando le ragioni del suo non pessimismo.
Magari qualcuno obietterà che stavolta il consueto positivismo di Fugnoli è esagerato, e che la Brexit innescherà un terremoto politico finanziario che riporterà l'occidente, soprattutto la parte più debole dello stesso (dove siamo noi italiani, per intenderci) alla recessione più critica, favorita dalle speculazioni in borsa.
Come non confidare, di fronte a questa alternativa, che sia il primo ad avere ragione ?
STIAMO CALMI
Non ci sarà overshooting.
Se nel cuore della notte sentiamo strani rumori in casa e
scopriamo che è entrato un ladro che ha in mano un coltello abbiamo diritto, in
molti sistemi legislativi, solo a una reazione proporzionata. Non possiamo
aprire il fuoco o tirare una bomba. Se lo facciamo andremo incontro a seri guai
giudiziari.
Di fronte a Brexit le banche centrali permetteranno ai
mercati solo una reazione proporzionata all’evento, non di più. Va quindi bene
prezzare una sterlina più debole e un po’ meno crescita nel Regno Unito.
Non va
invece bene lasciarsi andare a voli pindarici e prezzare una recessione europea
o globale, il crollo dell’euro e del renminbi, la deglobalizzazione universale,
il ritorno in grande stile al nazionalismo e la fine dell’occidente. Se ci sarà
recessione (ipotesi ancora improbabile) la prezzeremo al suo effettivo
eventuale realizzarsi, non prima. Un passo alla volta, per favore.
Sono mesi che le banche centrali si preparano all’ipotesi di
Brexit, ma alla fine, a parte gli interventi di sostegno sui mercati, non sarà
necessario fare molto. Alla sterlina saranno sufficienti line swap di dollari
ed euro in modo da evitare un deprezzamento eccessivo. Il punto su cui ci si
concentrerà sarà il mantenimento della stabilità dei cambi che regna da
febbraio. Si cercherà in ogni modo, e al momento ci si sta già riuscendo
benissimo, di evitare che il dollaro si rafforzi e buchi stabilmente 1.10.
L’Europa non ha bisogno di un euro più debole. In compenso l’America e la Cina non si possono
permettere un dollaro più forte.
Quanto alle borse, la cosa migliore per calmare gli animi è
di lasciarle scendere velocemente al minimo e poi riportarle lentamente a metà
strada tra i massimi sconsiderati raggiunti poco dopo la chiusura dei seggi
inglesi e i minimi. Magari nei prossimi giorni si tornerà a scendere, ma
l’importante è evitare le resse all’uscita, ovvero il panico.
Adottando ufficialmente la teoria della stagnazione secolare
(guarda caso pochi giorni prima del referendum) la Fed , che ancora a gennaio
accarezzava l’idea di quattro rialzi entro dicembre, ha proiettato sul lungo
periodo il regime di tassi straordinariamente bassi e offerto dunque una solida
rete di protezione alle borse. L’obiettivo, come minimo, è quello di arrivare tranquilli
alle presidenziali di novembre e togliere a Trump l’opportunità di sfruttare un
crollo di borsa estivo che non ci sarà.
Si potrà obiettare che tutto questo incanalare e sorvegliare
i mercati li rende sempre più artificiali e quindi vulnerabili a una rottura
violenta. In teoria è vero, ma i valori espressi da questi mercati sorvegliati
non sono particolarmente distorti se contestualizzati nei tempi che corrono.
Siamo pur sempre in un mondo che cresce poco, ma cresce. L’inflazione, dal
canto suo, riesce sempre a rimanere bassa senza però trasformarsi in
deflazione. Brexit non cambierà questi due dati di fondo.
È inutile nascondere che l’anello più vulnerabile a Brexit è
l’Italia. Per questo è particolarmente positivo che il movimento politico che
ha vinto le elezioni amministrative abbia corretto il tiro, proprio nelle
ultime ore, sulla sua linea europea, prendendo le distanze da Farage.
In conclusione Brexit, per quanto evento di portata
potenzialmente storica, non sarà in grado da sola di mettere in discussione
l’assetto globale. Affermare che questo è l’inizio della fine del progetto
europeo è assolutamente prematuro. Può darsi anzi, lo vedremo già domenica in
Spagna, che guardare negli occhi la possibile dissoluzione dell’Europa induca
l’opinione pubblica continentale a contenere la sua frustrazione e a
posizionarsi razionalmente, soprattutto se le elites politiche sapranno fare
altrettanto.
Non siamo quindi venditori di azioni, siamo semmai alla
ricerca di occasioni interessanti per comprare, distribuendo gli acquisti
nell’arco delle prossime settimane.
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