venerdì 24 giugno 2016

CAMERON SI DIMETTE, E NON POTEVA NON FARLO

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Cameron dà le dimissioni e non vedo come avrebbe potuto non farlo.  Ha messo la faccia su questo referendum - inventato per vincere le elezioni politiche e mai Pirro è stato di maggiore attualità - , si è speso e sbattuto perché la Gran Bretagna votasse per rimanere. Ha perso, in modo alla fine netto. Oltre un milione di voti di scarto non sono pochi in un'elezione dove oltre i 2/3 degli aventi diritto al voto si sono espressi (magari anche noi torneremo a recuperare queste dignitose percentuali della più alta espressione della volontà dei cittadini) , e giustamente non può essere lui a guidare un Paese a cui aveva indicato un'altra strada.
Se la maggioranza si è espressa, e in modo sufficientemente chiaro, c'è però il problema che la spaccatura , già comunque evidenziata da un voto che vede i SI prevalere per meno del 52%, è vieppiù accentuata dal fatto che nevralgici settori del paese si sono espressi chiaramente per il NO.
In Scozia, per esempio, oltre il 60% degli scozzesi volevano rimanere. Ora, già in questa regione c'era - c'è - una forte istanza indipendentista, come la si mette ora che il Regno (non troppo) Unito sceglie un cambiamento di rotta così forte e poco gradito da quelli di Edimburgo ?
In Irlanda del Nord idem, ancorché con percentuali meno importanti (il 54%).
Poi c'è Londra, assolutamente europeista, con quartieri dove il Remain ha superato la soglia del 75%, e che pure non ha ribaltato il voto finale dell'Inghilterra, dove il Leave ha prevalso col 53%.
Insomma, città contro campagna, con la vittoria di quest'ultima.
Marcato, fin troppo, anche lo scontro generazionale, con gli under 30 assolutamente per il NO, che prevale fino agli under 50. Dopodiché parte la marea dei SI, che riguarda gli over 50.
Non sarà facile sanare una lacerazione così profonda, e il futuro prossimo per lo United Kingdom sarà complicato, a dir poco.



Brexit, i risultati del referendum
Gran Bretagna fuori dall'Ue
Cameron: «Serve nuova leadership»
La sterlina crolla, mercati nel panico

Il 51,8% ha votato per lasciare l’Ue, il 48,1 per restare. Il leader euroscettico canta vittoria e chiede le dimissioni di Cameron. Il premier si dimette: «Nuovo primo ministro, io guiderò i negoziati». L’ex sindaco di Londra Boris Johnson: «Sono dispiaciuto»

Cameron con la moglie Samantha alla conferenza stampa per l'annuncio delle dimissioni(Reuters) Cameron con la moglie Samantha alla conferenza stampa per l'annuncio delle dimissioni(Reuters)
 
La Gran Bretagna è fuori dall’Ue. «See Ue later» (ci vediamo più tardi): titola ironicamente, con un gioco di parole, tra «you» e «Ue» il tabloid britannico «Sun». Il referendum sulla Brexit segna uno spartiacque netto nel rapporto fra la Gran Bretagna e il Vecchio Continente, lasciando un segno indelebile sul futuro dell'Unione europea: a spoglio concluso, al termine di una notte drammatica, il «Leave» è al 51,9% , con un vantaggio consistente di oltre un milione di voti, che sancisce il divorzio fra Londra e Bruxelles.
 

Le dimissioni di Cameron
Il primo risultato del voto sono le dimissioni del premier. «Il voto del popolo britannico sarà rispettato», dice il primo ministro David Cameron nella conferenza stampa post voto dove poi annuncia le dimissioni: «Non posso essere io a guidare il Paese verso questo nuovo impegno - dice Cameron - Serve una nuova leadership». «Ci dovrà essere un nuovo primo ministro eletto entro ottobre», spiega ancora aggiungendo che il nuovo premier «dovrà guidare i negoziati con l'Ue». «Io farò il possibile, come primo ministro, per pilotare la nave nei prossimi settimane e mesi - ha detto ancora Cameron- Ma non penso che sia giusto per me cercare di essere il capitano che guida il nostro paese verso la sua prossima destinazione». «Non è una decisione che ho preso alla leggera. Ma credo che sia nell'interesse nazionale avere un periodo di stabilità e poi la nuova leadership richiesta», ha aggiunto Cameron.
 




Scozia, e Irlanda del Nord (e i giovani) per il «Remain»
Analizzando il voto emergono molti dati intereassanti. Il «Remain» ha perso il referendum con 16.141.241 voti. I britannici che hanno votato per uscire dall’Ue sono stati 17.410.742. Ma Scozia, Irlanda del Nord (e anche Londra) hanno votato largamente per restare. Il Galles e il resto d’Inghilterra per l’uscita. In particolare In Irlanda del Nord il «Remain» ha vinto con il 55,8% a fronte di un 44,2% attribuito al «Leave». In Galles il «Leave» ha ottenuto il 52,5% battendo il «Remain», fermatosi al 47.5%. In Scozia il no alla Brexit ha prevalso col 62,0% mentre per l'uscita dall'Ue ha votato il 38,0% degli elettori. Così il Regno Unito potrebbe ora affrontare una minaccia per la sua sopravvivenza: un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese dopo che quello del 2014 aveva sancito il legame con il Regno Unito. La prima ministra sella Scozia Nicola Sturgeon ha dichiarato infatti che il voto «chiarisce come la gente della Scozia veda il proprio futuro come parte dell’Unione europea».
 
 
Un secondo dato è quello che riguarda i giovani. Ben Riley-Smith - firme di punta del Telegraph- analizza il sondaggio che arriva da YouGov e che testimonia la frattura generazionale che ha preso corpo nelle urne. Il 75% degli under 24 ha votato contro la Brexit. Il 56% degli under 49 ha fatto lo stesso. Sono gli ultracinquantenni — e in particolare gli ultrasessantacinquenni — ad aver votato in maggioranza per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea.
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Brexit, i giornali inglesi in edicola venerdì
Farage e gli euroscettici cantano vittoria
Per gli euroscettici, guidati dall’ambizioso ex sindaco conservatore di Londra Boris Johnson, e per il tribuno populista dell’Ukip Nigel Farage si tratta di una notte difficile da dimenticare. «Sembra che “Remain” sia in vantaggio», aveva detto Farage alla chiusura dei seggi, rilanciando poco dopo: «Forse abbiamo perso una battaglia, ma vinceremo la guerra». Superata la metà dello spoglio, però, il leader euroscettico ha cominciato a cantare vittoria. «È l'Independence Day», ha affermato a tarda notte, dando ormai per scontata l'affermazione del «Leave» — che aveva già oltre 700 mila voti di vantaggio — e chiedendo le dimissioni di Cameron in caso di vittoria. «È l'alba di un Regno Unito indipendente». «Sono dispiaciuto per le dimissioni di David Cameron da premier, lo considero uno straordinario politico», commenta il compagno di partito del premier Boris Johnson in una conferenza stampa al quartier generale della campagna «Leave» a Londra (accolto dai «buu»).
 

Intanto, in tutta Europa, gli euroscettici prendono forza : in Francia Marine Le Pen ha chiesto subito un referendum per l’uscita dall’Ue e in Italia Salvini twitta: «Grazie Uk, ora tocca a noi». «Dobbiamo cambiarla per renderla più umana e più giusta. Ma l'Europa è la nostra casa, è il nostro futuro», commenta invece in un tweet il premier Matteo Renzi.
 

Tusk: «Siamo preparati anche per questo»
L'Ue è «determinata a garantire unità a 27», rassicura nelle prime dichiarazioni dopo il voto il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. «Oggi, a nome dei ventisette leader, affermo che siamo determinati a garantire l'unione come ventisette», ha detto Tusk. «Non bisogna nascondere che volevano un altro risultato. Sono consapevole della drammaticità del momento politico, e non è facile prevedere le conseguenze politiche di questa decisione, soprattutto per il Regno Unito», ha aggiunto. Poi la conclusione: «Voglio rassicurare tutti. Siamo preparati anche per questo scenario negativo. La Ue non è un progetto solo per i tempi buoni». Quindi Donald Tusk aggiunge che «non ci sarà un vuoto legale». «Finché il Regno Unito non avrà formalmente lasciato la Ue, le leggi della Ue continueranno a valere per e all'interno della Gran Bretagna, ciò significa diritti e doveri».

I primi sondaggi e il capovolgimento dei risultati
Eppure, alla chiusura dei seggi, il primo sondaggio di YouGov dava il fronte del «sì» (Remain) al 52%, e quello del «no» (Leave) al 48%. Il margine — già non del tutto rassicurante — si è però capovolto: superati i due terzi dello spoglio, il futuro della Gran Bretagna è sembrato sempre più lontano dall'Unione Europea, con l’area di Londra e la Scozia largamente a favore del «Remain» ma il resto del Paese che ha votato per lasciare l’Ue, e lo ha fatto in percentuali superiori alle aspettative: l'affluenza alta, al 72,2%, e i numeri in arrivo dai primi seggi hanno immediatamente fatto temere una vittoria degli euroscettici, con le roccaforti del sì che non sono sembrate in grado di contenere l’ondata del «Leave». La certezza è arrivata in mattinata, quando la Bbc ha dichiarato la vittoria della Brexit e la conseguente uscita della Gran Bretagna dall'Ue.
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Brexit, la conta dei voti
La reazione delle Borse
I risultati in arrivo dalla Gran Bretagna hanno fatto tremare nella notte i mercati asiatici, già aperti, e poi quelli europei. Dopo un’avvio incerto e lievi perdite, verso metà seduta Tokyo è andata nel panico, cedendo l'8,1%. Sui mercati asiatici, il prezzo del petrolio perde oltre il 5%, con la sterlina che cede quasi il 6% nei confronti dello yen ed è scesa sotto quota 1,33 dollari, facendo segnare i livelli più bassi dal 1985. Anche l'euro ha toccato i minimi da marzo. Il timore del «Leave» ha fatto scattare la corsa all’oro: le quotazioni del bene rifugio per eccellenza salgono dell'8% a 1.330 dollari l’oncia, al massimo da marzo 2014, e, secondo gli analisti, potrebbero arrivare a 1.400 dollari in caso di vittoria degli euroscettici.

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