Siccome in casa la spocchia non paga più, perché da tempo la menata del "siamo migliori" , perché più morali, anzi, etici, è smentita dai fatti (Mafia Capitale è lì come ultima, più clamorosa, testimonianza, ma i precedenti ormai sono infiniti), una certa sinistra cerca un'altra sponda, estera, europea, addirittura "evangelica" - grazie ad un papa finalmente amico e consono alla bisogna - , per ritornare a recitare la solfa stantia della classe elitaria, quella che capisce laddove il popolino no.
La seconda cosa potrebbe anche essere vera, ma sicuramente la prima è FALSA.
Io alla classe "colta" sinistrese non affiderei nemmeno l'annaffiamento delle piante di casa, sicuro dell'assoluta incompetenza pratica, e alla stessa suggerirei, per potersi veramente sentire superiori in qualcosa, di spostare le classifiche sulle materie di arroganza e retorica. Lì sì che vincono a mani basse.
L'altro giorno, sul Corriere della Sera, è stato ospitato un articolo di Bernarde Henri Levy che trasudava violenza verbale e arroganza da ogni riga. Ce l'aveva con gli inglesi, ignoranti, incivili, cretini, e, con loro, naturalmente tutti quelli che, in Europa, la pensano in qualche modo come quelli del Leave, nei confronti della mitica Unione Europea. Risponde a tono al presuntuoso francese il nostro Ernesto Galli della Loggia, a cui va il mio plauso grato.
L'altra sera, a cena da un'amica, ho dovuto sentire la stupidaggine, trita e ritrita degli "elitari", per la quale simili materie - tra cui appunto il fatto di rimanere o no nell'Unione - non dovrebbero essere lasciate alla decisione del popolo...
Ah no ? E perché il resto sì ? Perché possiamo eleggere un Parlamento ? Perché i governanti ? Se siamo così ignoranti - e sicuramente lo siamo - e incolti - peggio ! - da non poter rispondere ad un quesito chiaro e lineare (ancorché gravido di conseguenze importanti) come un Si o NO al fatto di stare dentro un sistema nevralgico per la nostra esistenza, allora non fateci votare punto e basta, e non pensiamoci più.
Le gente non sapeva le conseguenze .... NON SAPEVA ??? Sono MESI che in GB non si parlava d'altro !!
Magari tanta attenzione di media di tutti i tipi, social web compresi, venisse prestata in altre occasioni !
E infatti, rispetto all'abituale 50% di votanti, stavolta alle urne sono andati oltre il 70%. Già, quando è importante e soprattutto si pensa di POTER INCIDERE, la gente a votare CI VA. Anche nelle "democrazie mature"...
Ed è in casi come questo, e non invece negli altri, che si può dire che gli astenuti hanno delegato la decisione finale.
Quelli che invece lo hanno fatto per pigrizia e/o ignavia (e pare che 9 giovani inglesi su 10 abbiano seguito questa strada ) , ebbè, possono oggi lamentarsi ?
Buona Lettura
Il solco profondo sull’Europa tra le élite e il mondo reale
Per antica consuetudine gli intellettuali europei — specie quelli di sinistra, da settant’anni in strabocchevole maggioranza — sono molto bravi nel trovare i termini appropriati per designare le cose che non piacciono usando il marchio dell’infamia ideologica. Questa volta è stato Bernard-Henri Lévy che non si è lasciato scappare l’occasione fornitagli dalla vittoria inglese della Brexit. I cui fautori, ai suoi occhi, non sono altro che «populisti», «demagoghi», «ignoranti», «cretini», seguaci più o meno inconsapevoli di tutto ciò che c’è di peggio al mondo.
Da Le Pen a Putin a Trump, «nuovi reazionari», «incompetenti», «volgari» «sovranisti ammuffiti» (termini testuali che traggo da un articolo del nostro sul Corriere di lunedì scorso).
Mi chiedo come sia possibile, con tutto quello che sta succedendo, non rendersi conto che proprio pensando, dicendo e scrivendo da anni, a proposito di parti sempre crescenti delle opinioni pubbliche del continente cose come quelle scritte da Lévy, non rendersi conto, dicevo, che proprio in questo modo le élite intellettuali (e politiche) europee sono riuscite a scavare tra sé e le opinioni pubbliche di cui sopra un solco profondo di avversione e di disprezzo. A rendersi insopportabili con la loro sicumera e la loro superficialità.
Prendiamo una delle accuse più ripetute, quella di «sovranismo». Che cosa vuole dire? Chi la muove ne dà regolarmente un’interpretazione che più negativa, anzi odiosa, non si potrebbe. Sovranista, secondo questa accusa, vorrebbe dire che vogliamo e dobbiamo contare solo «noi», che conta solo quello che ci fa comodo, che nessuno deve venire a disturbare la nostra vita quotidiana, le nostre abitudini perché tutto ciò che non ne fa parte ci mette paura e lo sentiamo come una minaccia alla nostra tranquillità. Insomma qualcosa a metà tra un «borghese piccolo piccolo» e uno xenofobo, tra Alberto Sordi e Himmler.
Ma dentro il termine sovranismo non è forse contenuto il concetto di sovranità, quella cosa che il primo articolo della Costituzione (certo della «nostra» Costituzione, quella italiana, ma a quale altra dovremmo fare riferimento?, è forse indice di «nazionalismo» riferirsi ad essa?) «appartiene al popolo»? Dunque è al «popolo» o no, è agli elettori o no che spetta l’ultima parola sulle cose importanti che li riguardano? e ai primissimi posti tra questi non c’è forse la costruzione europea? E se questa con i trattati di Maastricht , di Lisbona e con la moneta unica, ha previsto la cessione proprio di parti rilevantissime della sovranità, è davvero così assurdo pensare che il popolo avrebbe dovuto, o debba, dire la sua?
E perché mai, poi, se la richiesta di un referendum su un simile argomento la propone David Cameron — così com’ è effettivamente accaduto, ma come troppo facilmente ci si dimentica — allora tanti come Bernard-Henri Lévy non trovano nulla da ridire e osservano il più scrupoloso silenzio, ma se invece il medesimo referendum lo chiede un partito che a loro dispiace allora apriti cielo, è il populismo che stende i suoi tentacoli, la demagogia che vuole sostituirsi alla democrazia?
Quello di Lévy è solo un esempio tra i moltissimi. In tutti gli anni trascorsi, infatti, troppa parte dell’intellettualità europea, e proprio quella più autorevole o legittimata — a cominciare dal giornalismo e dall’intellettualità economico-giuridica, in mille modi legata a filo doppio al potere politico-statale e alle «occasioni» offerte da Bruxelles — ha chiuso gli occhi o ha troppo debolmente eccepito sulle incongruenze o sulle vere e proprie forzature che hanno caratterizzato il cammino dell’Ue. Ha fatto proprio con troppa docilità il politicamente corretto che faceva tutt’uno con l’europeismo ufficiale, spesso, tra l’altro, largamente foraggiato dalla stessa Bruxelles.
È accaduto precisamente così che l’ insoddisfazione che andava crescendo nell’opinione pubblica di molti Paesi del continente, vedendosi impossibilitata ad accedere al circuito della discussione pubblica qualificata e ostracizzata dai media ufficiali, vedendosi regolarmente ridicolizzata e pubblicamente apostrofata con i peggiori epiteti, sia andata sempre più radicalizzandosi, sempre più caricandosi di astio , diciamolo pure, spesso sempre più incarognendosi, dando vita alla difficilissima situazione attuale. Con l’Unione a pezzi, i sistemi politici di mezza Europa alle corde, le loro élite boccheggianti e delegittimate. Non c’è che dire: gli aedi della democrazia possono essere soddisfatti.
Penso che dell'Unione Europea non si possa fare a meno. Ma sono anche sicuro che così com'è oggi, un'unione fondata sull'economia, al cittadino serve a ben poco.
RispondiEliminaPenso anche che l'Inghilterra, calcolando che rischia seriamente l'auto amputazione di Irlanda e Scozia che vogliono rimanere in Europa, avrà di che pentirsi. Se non altro l'attuale presidenza dell'Unione a trazione teutonica non pare abbia intenzione di addolcirgli la pillola .
Per gli inglesi della mia età (67) non ho mai nutrito grandi simpatie (spesso nazionalisti e presuntuosi) e mi dispiace che che abbiano prevalso sull'Inghilterra più viva e al passo coi tempi.