lunedì 7 novembre 2016

I BUONI MOTIVI DEL NO, MA LE GAZZARRE VIOLENTE DEI CENTRI SOCIALI & CO. AIUTANO IL SI'

Risultati immagini per incidenti alla leopolda

Davide Giacalone mi viene in soccorso spiegandomi che non devo sentirmi in imbarazzo nel vedere che il mio essere favorevole al NO mi mette accanto ad una compagnia di viaggio francamente per me improbabile, per usare un eufemismo...la sinistra radicale, il peggio dei radical chic, come Asor Rosa, Flores D'Arcais, tribuni della plebe come Travaglio o i grillini...
Che ci azzecco io con codesta gente ? Eppure stavolta una cosa che ci accumuna c'è.
In fondo la colpa non è mia, ma di renzino e company.
Io non sono contrario a riformare la costituzione, che non ritengo "la più bella del mondo" (ah, l'attore comico che più l'ha definita tale, vota SI, potenza della coerenza...), e, nel dettaglio, nemmeno sono ostile al sistema monocamerale, all'aumento dei poteri dell'esecutivo ( preferisco i premierati nordici al parlamentarismo mediterraneo) , al superamento del caos di competenze tra Stato e regioni...
Allora perché voti NO ?? Perché le riforme sono scritte Male, con compromessi e pasticci che non vanno nella direzione di un sistema più efficiente. Perché alcune cose mi stanno bene - almeno in parte - ma altre no, e invece qui mi si costringe a prendere o lasciare l'intero pacchetto (e allora lascio ) . E poi c'è la legge elettorale, assolutamente sub sustanziale alla riforma.
Avere la concreta possibilità, anzi, la certezza, di questi tempi, che una minoranza assai risicata - tale è una forza politica che alla fine ottenga il consenso di un quarto se non addirittura un quinto dell'elettorato - si ritrovi con la maggioranza assoluta dell' unica Camera legiferante e che determina il governo, che si possa eleggere da sola i cd. contrappesi, quali il presidente della Repubblica e i giudici costituzionali, proprio NON va.
D'accordo la governabilità, va bene evitare la palude cui può condurre il proporzionale puro, però per governare devi avere la fiducia se non del 51% degli italiani (sarebbe meglio), almeno di un 40% caspita !
Che legittimazione avrebbe mai una maggioranza creata fittiziamente solo dal premio elettorale al vincitore, qualsiasi percentuale di voti abbia ottenuto, specie al momento di adottare provvedimenti difficili e talora impopolari come, in questa epoca, può ben accadere ?
Adesso renzino pare disposto a eliminare il ballottaggio, ma lo fa solo perché ha visto come quel sistema favorisca le alleanze "contro" di lui, e in particolare i grillini (che infatti alle ultime amministrative hanno prevalso in 19 ballottaggi su 20 !, tra cui Torino e Roma) .
Quindi probabilmente ha in mente un sistema che eviti questa possibile saldatura, togliendo di mezzo l'amato secondo turno, non più, al momento, favorevole alla sinistra.
Ok, e quindi il premio come viene attribuito ? AL primo comunque ? Anche se prende il 25% dei voti, che poi diventano il 15 o poco più tenendo conto degli astenuti ?
O rimane lo sbarramento della quota minima del 40% perché scatti il premio di maggioranza (introdotto su diktat della Corte Costituzionale, che aveva bocciato il porcellum proprio per l'assenza di un'asticella di consensi che garantisse una decente rappresentanza)
Non si sa.
Ah, leggo che quelli del SI' si augurerebbero una non massiccia partecipazione di votanti. Sa sarebbe calcolato che, se andassero a votare il 60% degli aventi diritto (non proprio una marea...) , il SI' per vincere dovrebbe contare su 15 milioni di voti, e tutto il PD - compresa la minoranza di sinistra che invece voterà NO -  ne pesa meno di 12... gli altri 3 dove si prenderebbero ?
Bisogna convincere i moderati..., che però sono sempre meno sedotti dai toni del putto toscano.
Giovanni Orsina, storico moderno e opinionista su La Stampa, oggi evidenziava come, da tempo. l'appeal di Renzi si sia appannato.
" Il premier ama accentrare su di sé ogni sguardo, iper comunica e iper promette. E' gigione e spaccone".
Già uno stile simile viene a noia in fretta, continua Orsina, figuriamoci quando alle iper promesse non corrispondono mai dei risultati evidenti. Il 40enne catapultato a Palazzo Chigi senza voto elettorale, oggi pare avere contro i giovani, orientati, secondo le proiezioni dei sondaggi, a votare NO.
Non proprio un successone, per uno affermatosi come rottamatore del vecchio.
Buona Lettura



Revival

Davide Giacalone
Risultati immagini per incidenti alla leopolda

La gazzarra in piazza non è una manifestazione per il No, ma uno spot per il Sì.
A quanti non s’accodano al pifferaio costituzionale è rimproverata l’eterogeneità e la contraddittorietà della compagnia. Strano argomento: se soggetti solitamente conflittuali si ritrovano assieme vorrà forse dire non che la riforma è bellissima e giustissima, ma che potrebbe anche essere l’opposto.
C’è un limite, però, all’eterogeneità: la civiltà degli argomenti e dei toni. Non tutto è accettabile e quel che è successo ieri a Firenze non lo è. Essere eretto a simbolo del male potrà compiacere l’ego lievitante di taluno, ma quel genere di processo porta male.
Da queste colonne avevamo invitato a tenere presente che arriverà il 5 dicembre, sicché sarebbe saggio rinunciare ai millenarismi: tanto di chi prevede la dittatura, quanto di chi prefigura sprofondamenti. Fin qui abbiamo parlato al muro, specie rispetto ai secondi, visto che il governo (e un assai imprudente ministro dell’economia) non smette di annunciare l’ira dei mercati, se la riforma dovesse soccombere. Anche questo modo di procedere porta male.
Tanto i fautori dell’intangibilità costituzionale (sciocchi: è stata cambiata 36 volte, il che dovrebbe tacitare i garruli dell’ora o mai più), quanto quelli del cambiamento per il cambiamento, non sanno far altro che buttarla sull’ideologico.
E la caciara di piazza li aiuta. Dicono di volere parlare nel merito, ma poi scantonano. Giusto alcune osservazioni. La riforma della legge elettorale fu approvata come propedeutica e con il voto di fiducia. Chi la proponeva, giustamente, la individuava come la vera sostanza del cambiamento. Ora, però, sono pronti a cambiare il cambio, nell’onirica condizione di una legge che muta prima ancora d’essere stata applicata. La parte “migliore” della riforma costituzionale, del resto, è quella che pone (male) rimedio alla precedente riforma del Titolo quinto, fatta dal fronte che ora s’impanca a maestro (certo, Renzi era altrove, ma posto che il mondo non si racchiude in quella monade, non fu favorevole? non si batté contro la riforma della riforma, fatta successivamente?). Perché ci si dovrebbe fidare della sapienza di quanti si pentono con tanta frequenza?
L’articolo 138 non cambia, la prossima riforma costituzionale si farà come le passate, ma non ci sarà più il Senato eletto.
La prossima si contratterà con i Consigli regionali.
La prossima non si farà, quindi, se passa il pastrocchio.
A proposito di regioni, non solo avranno competenze sugli affari internazionali (parlando il dialetto), ma, come stabilisce il nuovo articolo 57, eleggeranno i loro senatori “con metodo proporzionale”. Ma otto regioni (Abruzzo, Basilicata, Friuli VG, Liguria, Marche, Molise, Umbria e Valle d’Aosta) e due province autonome (Bolzano e Trento) hanno un solo senatore, cui si unisce un solo sindaco: qualcuno sa dire come si elegge proporzionalmente una sola persona? Neanche dove sono due, come in Calabria e Sardegna, è possibile: semmai a metà, ma le parti non sono solo due.
Può anche darsi che per inseguire la stabilità della prosopopea e l’innovatività del guazzabuglio si debba approvare questa roba, ma il politicismo comiziante, l’immobilismo scambiato per continuità e il consenso conquistato con i bonus mi sembrano la classica reincarnazione della cultura burocraticoclientelare.
Non cambia neanche l’ideologismo, pietrificato nella santificazione della prima parte della Costituzione. Ci voleva la piazzata, per completare il revival.

Nessun commento:

Posta un commento