Sulla questione Catalana non ho le idee chiare, al di là di un istinto essenzialmente conservatore che mi porta a guardare con sfavore le rivoluzioni.
Ho letto le ragioni di entrambe le parti, e non è servito a granché.
Sicuramente, questi sommovimenti indipendentisti all'interno della cd. unione europea, accompagnati per lo più dal silenzio assordante di Bruxelles, una cosa la confermano : l'UE è un fantoccio, capace di rompere le balle su mille cose della vita quotidiana dei cittadini, ma MAI, e dico MAI, prendere una posizione politica su cose importanti.
Si parla tanto di Stati Uniti d'Europa...ve la immaginate Washington che resta silente di fronte ad una parte del Texas che decide di dividersi che so, per costituire un nuovo stato federale a sé ?
Da un punto di vista "legalitario" sarebbe evidente la ragione di Madrid ed il torto di Barcellona : la Costituzione spagnola, come quella italiana e in generale credo tutte le carte fondamentali degli stati moderni, prevede l'indissolubile unione del paese. La Secessione non è prevista, nemmeno tramite "voto democratico".
Del resto, Lincoln non legittimò la guerra civile americana sulla base della illegittimità della secessione, proclamata e popolarmente sentitissima, degli stati del Sud ?
Mica gli fece guerra per liberare i neri, cosa che avvenne dopo con il proclama di emancipazione del 1863 (la guerra era in corso già da due anni), ma perché quelli si erano separati.
Poi certo, alla base della secessione sudista c'erano le leggi federali che limitavano l'estensione della schiavitù ed in prospettiva si proponevano di ridurla fino ad eliminarla (cosa inaccettabile per l'economia sudista, fondata sulla produzione e il commercio del cotone, e quindi sui campi pieni di schiavi impegnati nella raccolta).
Resta che nel 1861 13 stati decisero "democraticamente", votando all'interno dei rispettivi parlamenti, di staccarsi dall'Unione, e Lincoln non poteva accettare questa dissoluzione degli Stati Uniti.
Sono passati 150 anni da allora, si dirà, però il dilemma è lo stesso : è giusto imporre a dei popoli che non vogliono più stare insieme ad una unione federata la conservazione dello status quo, per altro previsto ed imposto dalla Legge ?
In Yugoslavia abbiamo visto com'è andata, con i massacri orribili di una guerra durata 5 anni.
Ma in Cecoslovacchia invece le cose andarono tranquillamente, con la divisione in repubblica Ceca ( capitale Praga, 10 milioni di abitanti) e repubblica della Slovacchia ( 5 milioni di abitanti, capitale Bratislavia), e magari andrà così prima o poi in Belgio, tra valloni e fiamminghi.
Ma nella stessa Spagna ci stanno altre pulsioni indipendentiste, parliamo di Galizia e Paesi Baschi ( il terrorismo basco depose le armi non tanti anni fa).
Sappiamo della Scozia - che ha potuto fare il suo referendum, con il 55% degli scozzesi favorevoli a rimanere nell'Unione, ma adesso ne vogliono un altro...
E poi da noi abbiamo la Padania, con Lombardia e Veneto che guardano con noto favore a Barcellona, vista come un possibile precedente da cavalcare...
Alla base, più che ragioni storico etniche, che pure vengono evocate, ci sono prevalenti ragioni economiche. Molti dei secessionisti pensano che, separandosi, andrebbero a stare meglio perché vivono in regioni ricche, fiscalmente sfruttate dallo stato centrale.
Problema reale, che in altre nazioni si cerca di risolvere con un efficiente federalismo, che da noi non ha mai attecchito seriamente.
In questa confusione generale, trovo peraltro la conferma di una cosa che vado scrivendo da molto tempo : perché una comunità viva insieme pacificamente non sono sufficienti le leggi, è necessario un consenso esteso e diffuso.
Se le leggi, addirittura quelle costituzionali, non vengono più percepite come "giuste", ecco che la loro violazione appare giusta e doverosa.
E i poliziotti mandati per farle rispettare, diventano dei fascisti oppressori, non dei tutori della legalità.
Non so come andrà a finire in Spagna, non la vedo bene.
Sicuramente al momento gli sconfitti appaiono più certi dei vincitori, e tra questi mettere la pavida UE viene facile.
Dire ad esempio, a tutti i fan secessionisti dai loro stati nazionali ma aspiranti membri dell'Unione, che l'adesione non sarebbe automatica ma passerebbe per i tempi lunghi e severi cui vengono sottoposti i nuovi richiedenti, non sarebbe opportuno ?
Invece no, muti.
Colpevole silenzio, titola la Stampa e mi sembra azzeccato.
Il colpevole silenzio dell’Europa
STEFANO STEFANINI
Si apre, per la
Spagna , la crisi più grave dalla fine della dittatura
franchista nel 1975. Quello di ieri, in Catalogna, è stato un disastro politico
annunciato – ed evitabile – nell’assordante silenzio dell’Europa. L’indomani è
il giorno dell’incertezza. Carlos Puigdemont può dichiarare l’indipendenza
della «Repubblica catalana» nel giro di 48 ore.
Come risponderà Mariano Rajoy? L’Ue e le grandi capitali
europee possono continuare a restare alla finestra?
Il 1° ottobre del 2017 è la data che scava un abisso fra
Madrid e Barcellona. Non per il voto catalano pro-indipendenza, troppo
imperfetto per far testo, ma per il tentativo spagnolo d’impedire ai cittadini,
con la forza, di esprimere la propria opinione. Per di più è stato un mezzo
fallimento. La maggior parte dei seggi, o comunque molti, sono stati aperti e
funzionanti. In compenso Madrid ha pagato un costo altissimo nelle immagini
della polizia contro una folla che di violento non aveva nulla. Non erano i «No
Global» di Genova. Non volevano sovvertire il sistema. Volevano andare a
votare. E sfidavano la polizia, manganelli e pallottole di gomma comprese.
Quali che fossero le ragioni costituzionali di Madrid, sono
naufragate nelle strade e nelle piazze catalane. La Spagna può ancora evitare
il precipizio ma solo se entrambe le parti saranno capaci di fare un passo
indietro e tornare a far politica. Sembra difficile dopo il confronto di ieri.
Gli animi sono riscaldati. Rajoy pretende che l’episodio sia chiuso con un
nulla di fatto; se lo pensa veramente non ha capito quanto è successo. Tocca
ora anche all’Ue e ai leader europei far capire a Madrid come agli
indipendentisti catalani che il muro contro muro conduce a una catastrofe
politica. Il silenzio di Bruxelles, forse benintenzionato, diventa indifferenza
callosa.
Con una scelta legalistica e impolitica, il premier spagnolo
ha regalato agli indipendentisti catalani un successo a tavolino che avrebbe
potuto vincere o pareggiare sul campo. Aveva dalla sua la maggioranza
silenziosa dei catalani che non chiedeva la secessione, più la Costituzione che gli
permetteva di ignorare il risultato del referendum come esercizio extra legem.
Facendone una prova di forza ha costretto i catalani, anche la palude degli
indecisi, a schierarsi. I cittadini pacifici che ieri sfidavano la polizia si
ribellavano all’idea di non poter pronunciarsi sul proprio futuro. In
democrazia non c’è legge che possa spiegarlo, non c’è Costituzione che tenga.
Non chiamiamolo referendum. La consultazione si è svolta in
circostanze quantomeno anomale, con urne aleatorie e conteggi altamente
problematici. Si può solo osservare che malgrado gli ostacoli frapposti dalla
polizia l’affluenza è stata elevata e che, del tutto prevedibilmente, il voto è
stato massicciamente a favore dell’indipendenza. Chi è contro non è certo
andato alle urne. Puigdemont ringrazia Rajoy: il risultato sarebbe stato
diverso se Madrid avesse chiuso un occhio. Chiamiamola svolta politica che
mette le ali al nazionalismo catalano: per Madrid molto peggio di un
referendum.
L’indipendenza di chi non ce l’ha non riscuote molte
simpatie nella comunità internazionale. Chiedere al 98% dei curdi che l’hanno
votata. L’Onu è ancorata agli Stati esistenti, beati possidenti di sovranità
nazionale e tutt’altro che disposti a creare precedenti che la minaccino o la
frazionino. Salvo poi arrendersi all’evidenza quando il coperchio salta come in
Urss e nell’ex Jugoslavia.
Dall’Ue ci sarebbe però da aspettarsi di meglio; per rispetto
di democrazia sostanziale e per lungimiranza strategica. A Tallinn i leader
europei non hanno parlato di Catalogna per non offendere l’assente Rajoy; non
hanno parlato di Brexit, dopo l’importante discorso di Theresa May a Firenze,
per non invadere il campo della Commissione. Danno l’impressione di evadere i
veri problemi sul tappeto fino a che non diventino crisi di cui siano costretti
ad occuparsi.
Le pressioni secessioniste e indipendentistiche, non solo
politiche, sono reali; ma non hanno nulla d’irresistibile: sono gestibili e
contenibili, se affrontate con la politica – Scozia e Quebec docent. Se l’Ue
non lo farà il camion del rilancio e dell’integrazione ripartirà con un carico
di cocci anziché di vasi.
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