Angelo Panebianco ci "allieta" con la previsione di un futuro governo Lega Grillini.
Roba che appena la leggi ti tocchi per scaramanzia...
Il professore aggiunge che certo non è l'ipotesi più probabile, ma possibile sì, specie conservando un sistema elettorale interamente proporzionale, con nessuna coalizione vincolante in prospettiva post voto. Che governo potrebbe mai scaturire da una simile alleanza ? Di "Destra" o di "Sinistra" ?
La domanda è sbagliata, spiega l'editorialista, perché le due categorie, alquanto arrugginite, sono del tutto inutili per catalogare questi due partiti .
Servono criteri nuovi, e Panebianco ne suggerisce due, contigui : società aperta o chiusa, liberale o illiberale.
Ecco, leghisti e grillini cavalcano le seconde opzioni.
Se a questo ci aggiungiamo il loro essere filo russi, mi pare evidente da che parte starà il Camerlengo...
Buona Lettura
PERCHÉ DESTRA E SINISTRA SONO CATEGORIE ARRUGGINITE
di Angelo Panebianco
Abbiamo bisogno di
criteri diversi da quelli che si usavano un tempo per orientarci di fronte ai
dilemmi della politica. Per capirlo facciamo alcune ipotesi sull’Italia. La
prima è che la legge elettorale attualmente in vigore (proporzionale pura) non
cambi. In tal caso, anche l’accordo pre-elettorale che Berlusconi e Salvini
sembrano avere ora siglato, potrebbe non resistere a lungo (resisterebbe se ci
fosse la riforma elettorale perché essa imporrebbe loro di allearsi in una
parte dei collegi, quelli uninominali, che il nuovo sistema prevede). Se
resterà la proporzionale pura, le coalizioni di governo, quali che siano gli
impegni pre-elettorali, si decideranno dopo il voto. Tenuto anche conto che i
sondaggi per lo più sottorappresentano i partiti antisistema, non sarebbe
quindi inverosimile ipotizzare, dopo le elezioni, un governo 5 Stelle/Lega. Non
è un esito probabile (altre formule di governo sono più probabili di questa) ma
possibile sì. Al momento, è solo uno scenario che ipotizziamo al fine di
saggiare la validità dei criteri di giudizio comunemente utilizzati per
interpretare la politica. Bisognerebbe capire, nell’eventualità di un governo 5
Stelle/Lega, quale sarebbe il giudizio di coloro che continuano a pensare la
politica come se i conflitti del XXI secolo fossero solo una continuazione di
quelli del XX: coloro insomma che credono che l’unica cosa che conti in
politica sia distinguere la «sinistra» dalla «destra».
Come giudicherebbero un governo 5 Stelle/Lega? Di destra
oppure di sinistra? A quali elucubrazioni dovrebbero ricorrere per usare queste
categorie senza sentirsi ridicoli? Qualcuno dirà: ha senso preoccuparsi di cosa
penserebbero costoro? Sì, perché in politica non contano solo i «fatti» — per
esempio, le decisioni che vengono prese o non prese — ma anche le
interpretazioni di quei fatti quando esse assurgano a «verità» condivise da
tanti.
Ammesso (e concesso solo in parte) che la distinzione
destra/sinistra servisse a qualcosa nel XX secolo, il suo uso per interpretare
i conflitti del XXI secolo confonde, disorienta. Ad esempio, ci sono quelli che
sono filorussi perché la Russia
è l’erede dell’Unione Sovietica e, come l’Urss, si contrappone agli Usa. Poiché
un tempo essi pensavano che fosse «di sinistra» stare con i sovietici contro
gli americani, con la patria del socialismo contro il capitalismo, pensano
anche che sia loro dovere stare con gli eredi di quella esperienza. Si dà il
caso però che in quelle lande il socialismo (qualunque cosa fosse) di sicuro
non ci sia più, e che i russi abbiano dato vita a una combinazione di
democrazia illiberale e di capitalismo autoritario. C’è un solo elemento di
continuità con il passato: quella forma di «dispotismo asiatico» per il quale
lo Stato è tutto e il suddito esiste in funzione dello Stato che c’era al tempo
degli zar come dei bolscevichi, e che Putin, dopo il caos in cui sprofondò il
suo Paese negli anni 90, ha
cercato di ripristinare. Vedete quanti danni riesce ancora a fare la
distinzione destra/sinistra?
Come orientarsi allora? Come giudicare un eventuale governo
5 Stelle/Lega? Cominciamo col dire che un tale governo non sarebbe, come gli
avversari lo dipingerebbero, «antidemocratico». 5 Stelle e Lega sono partiti
democratici nel senso che hanno bisogno della legittimazione e dell’appoggio
del demos , del popolo. Governo antidemocratico no ma illiberale di sicuro.
Sarebbe cioè pronto a calpestare, in nome di un interesse superiore, vari
diritti individuali di libertà (come fa Putin). Non sono le (probabilmente
inesistenti) propensioni antidemocratiche di questi partiti a preoccupare, sono
le loro propensioni illiberali.
Se le categorie destra e sinistra non servono, quale altra
bussola utilizzare? Può aiutare la distinzione fra amici e nemici della società
aperta (o libera). Non se ne parlerà nella prossima campagna elettorale. Si
discuterà di tutto tranne che dell’essenziale. Ciò che rende plausibile (numeri
e sistema elettorale permettendo) un governo 5 Stelle/Lega è il fatto che
questi due gruppi, pur diversi per vari profili, sono accomunati dalla ostilità
per la società aperta. C’è coerenza nel fatto che essi siano al tempo stesso
fautori del protezionismo economico (così si spiega la loro comune ostilità per
il Ceta, l’accordo di libero scambio fra Unione europea e Canada che il nostro
Parlamento dovrebbe prima o poi ratificare) nonché pronti a spostare l’asse
della politica estera in senso filorusso (Di Maio e Salvini hanno fatto
inequivocabili dichiarazioni in tal senso). La coerenza sta nel fatto che
entrambe le scelte, protezionismo economico e alleanza con i russi,
implicherebbero uno spostamento dell’Italia dalla condizione di società (più o
meno) aperta a quella di società chiusa. Ostilità al libero mercato e
convergenza con una potenza neo-mercantilista (nel senso che lo Stato russo
controlla e indirizza il commercio in funzione delle sue esigenze politiche)
sono più che compatibili: anzi, sono indispensabili l’una all’altra. Si tratterebbe
di una operazione oggi facilitata dalla presenza di Trump alla Casa Bianca e
dalle sue (fin qui più esibite che attuate) velleità protezioniste. Una società
chiusa come quella prefigurata dai discorsi e dalle scelte di quei partiti
sarebbe democratica e illiberale.
Vero è il fatto che essi non avrebbero la vita facile.
Nonostante gli auspici di alcuni l’Italia non è l’Argentina di Perón né il
Venezuela di Chávez. È integrata nell’economia internazionale e membro della Ue
e della Nato. I nemici della società aperta, ancorché numerosi, dovrebbero
confrontarsi con avversari altrettanto numerosi e tenaci. Più probabile di una
vittoria degli uni o degli altri è lo stallo, un precario equilibrio delle
forze. Il sistema elettorale proporzionale, dicono molti, servì la democrazia
all’epoca del confronto fra comunisti e anticomunisti. Forse no. Oggi, come
allora, obbligherà alla convivenza forze fra loro incompatibili.
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