Molto bello, da conservare, il pezzo di oggi di Piero Ostellino che , come ormai di consueto, si dedica alla riflessione sui modelli di Stato e di Società, su come lui propugni quella liberale e di come in Europa, a parte poche eccezioni, si sia affermato il modello statalista dirigista. Di come ci siano profondi motivi storici e culturali che abbiano privilegiato questo o quel sistema, e la predilezione italiana per lo Stato padre padrone ha molto a che fare con l'irresponsabilità individuale che così tanto ci caratterizza.
Ostellino fa riferimento alla triste trasmissione di Floris, Ballarò, nella quale venivano esaltati i modelli di welfare di Svezia e Finlandia. Della seconda non sapevo, ma della prima conosco il mito da quando nemmeno facevo il ginnasio (roba vecchia quindi ).
La Svezia è il paese dove lo Stato ti prende per mano e ti accompagna dalla culla alla tomba. Tu rispetta le regole, e lui provvederà a te. Piace. Perché ? Non si vuole diventare adulti prima o poi ? liberi e responsabili delle proprie scelte ? Anche in Svezia sono liberi...beh fino ad un certo punto in un posto dove quello che guadagno viene preso dallo Stato che deciderà lui, al posto mio,. come meglio utilizzarlo.
Due considerazioni banali, già fatte in passato. La prima : perché tutti i campiono sportivi svedesi, diventati tali, cambiano residenza ( Borg, Stenmark, Edberg....) ? Non sono grati al loro bel paese e contenti quindi di dare il 60 o non so quanto per cento dei loro guadagni al Papà ? La Svezia è paese grande più dell'Italia e con 5 milioni di abitanti. Quanti tutto il Lazio. Un po' più semplice organizzare, fare, anche controllare. E infatti i loro servizi, per cui spendono così tanto, FUNZIONANO. Già non è giusto pagare tasse così alte, se poi ad esse non corrispondono servizi efficienti, figuriamoci.
Non torno sulla questione dei suicidi che è argomento abusato e anche esagerato. E' un fatto statistico che da loro, e in Finlandia, si uccidano il doppio delle persone che lo fanno da noi. Hanno ipotizzato che dipenda dal particolare clima, dalla poca luce, dalla scarsa densità abitativa che acuisce il senso di solitudine.
Ma ci sono paesi in Europa dove il tasso è superiore, almeno in Svezia vivono meglio, prima di decidere di lasciare questo mondo.
Questo solo per dire che non sottovaluto le eccellenze scandinave, ma se scegliessi un paese in cui vivere, preferirei la Svizzera in Europa, di gran lunga, e il Canada o l'Australia nel mondo.
Mi piace la LIBERTA', e quindi un paese dove possa decidere della mia vita senza tutti i diktat, le norme , i controlli con cui stiamo strangolando la vita delle persone in nome della sicurezza, del costo sociale, della solidarietà obbligatoria ( che è poi un po' un controsenso unire due parole come solidale e obbligato...).
Non che alcuni di questi valori non siano importanti , si tratta di EQUILIBRI.
E nello Statalismo e Dirigismo attuali la Libertà PERDE.
In genere si pensa sia più conveniente la SICUREZZA. Magari per scoprire alla fine che si è certamente meno Liberi, e poi nemmeno così sicuri.
Buona Lettura
MODELLI
Lo Stato sociale moderno
Leviatano
Si scambia la sicurezza con
la libertà
A «Ballarò» mostrano due casi
«esemplari», svedese e finlandese, di Stato sociale. Dovrebbe essere la
celebrazione di un welfare giusto ed efficiente e, invece, ne è, di fatto, la
demolizione. Ma nessuna delle belle, e loquaci, intelligenze presenti in studio
se ne accorge e fa notare che lo Stato sociale è, ormai, un postulato
ideologico che - salvo casi, circoscritti e circoscrivibili, di assistenza ai
più bisognosi e dei quali si fa carico anche la cultura liberale di mercato -
non regge alla prova empirica della realtà, dei «fatti» diligentemente
raccontati dagli esempi trasmessi.
Lo Stato che assiste il
cittadino «dalla culla alla tomba» è, anche e, forse, soprattutto quando è
efficiente: 1) un non senso logico; 2) una forma di paternalismo pubblico che
deresponsabilizza l'individuo e lo fa regredire a uno stadio semi-infantile; 3)
una macchina costosa, che brucia risorse, ingrossa, e ingrassa, la burocrazia
che la gestisce; 4) una mistificazione politica che dirigisti e statalisti
utilizzano per comprarsi il consenso elettorale a spese del
contribuente-consumatore di beni sociali che potrebbe produrre l'iniziativa
privata. I servizi di «Ballarò» - che tacciono sulla tassazione dei due sistemi
fiscali; che, ancorché alta a livello individuale, non incide negativamente su
produzione e accumulazione di ricchezza - mostrano che, in Svezia e in
Finlandia, lo Stato preleva, con i contributi previdenziali (necessari e
legittimi) e le tasse (eccessivamente alte) - che «pagano tutti» (vivo
compiacimento dei presenti alla trasmissione) - una rilevante quantità di
denaro che, poi, restituisce, in parte, persino in contanti e/o attraverso una
quantità di prestazioni mediche, scolastiche e genericamente pubbliche agli
stessi cittadini.
Ora, a parte il fatto che
quei cittadini le prestazioni di cui godono le hanno già pagate, in anticipo,
con contributi previdenziali e imposte, il meccanismo sociale - che preleva con
un mano e restituisce con l'altra del denaro - è un non senso logico.
Tanto varrebbe lasciare
(almeno) una parte dei soldi prelevati con le tasse nelle tasche dei
contribuenti; che ne farebbero ciò che meglio credono e si pagherebbero
privatamente molte prestazioni ottenute per via pubblica. La soddisfazione che
mostrano, inoltre, svedesi e finlandesi per tale assistenza pubblica rivela che
nessuno di loro si rende conto del non senso logico. E qui occorre fare una
digressione sulle due differenti strade percorse dalla civiltà occidentale.
Da un lato, la strada
anglo-americana il cui modello istituzionale i coloni giunti in America avevano
importato dall'Inghilterra liberale; un modello incarnato nel diritto di
proprietà e nel principio di rappresentanza, la cui autonomia era derivata
dalla Riforma religiosa protestante. Dall'altra, la strada europea, incarnata,
dapprima, nel feudalesimo istituzionale, economico e sociale, poi, nel
razionalismo giacobino e elitario francese e legittimata dalla dipendenza dalle
autorità ecclesiastiche imposta dalla Controriforma religiosa cattolica. L'una,
quella anglo-americana, foriera dell'individualistico spirito di iniziativa, e
del corrispettivo principio di responsabilità, che hanno dato vita ad un Paese
autenticamente liberal-democratico, e che si sostanzia nell'amore per la
libertà e la democrazia, per non parlare della ricerca del successo
professionale e della legittimità del denaro guadagnato col duro lavoro.
L'altra, quella europea, fondata sulla collettiva dipendenza dal potere
politico, ispirata a una religiosità ecclesiale, l'una e l'altra ben poco
inclini ai principi di libertà e di responsabilità individuali, e
caratterizzate da uno scarso senso del dovere e del lavoro.
Occorre, però, aggiungere,
per correttezza, che lo Stato sociale è figlio della stessa insicurezza e della
stessa paura del futuro che furono alla base della teorizzazione,
nell'Inghilterra dilaniata dalle guerre di religione, dell'idea di uno Stato
assoluto. La sostanziale assenza di ricorso a una sanità privata e la
dipendenza pressoché generalizzata da quella pubblica, sostenuta da una
fiscalità eccessiva, sono il corrispettivo della totale devoluzione dei diritti
e delle libertà individuali al potere di un sovrano che avrebbe garantito i
suoi cittadini dalla ricaduta nello stato di natura, dove l'«uomo lupo
dell'uomo» si faceva giustizia da sé (Thomas Hobbes: Il Leviatano , 1561). Gli
Stati in cui vive l'uomo europeo sono, a loro modo, il Leviatano contemporaneo.
Dei costi finanziari della
burocrazia che gestisce il welfare - e che si ripercuotono sul bilancio dello
Stato e sulle tasse - e dei guadagni elettorali della classe politica, né
svedesi né finlandesi interpellati dalla tv pare avessero coscienza.
Succede dappertutto ed è un
prezzo che i cittadini-contribuenti pagano alla democrazia rappresentativa. A
fare la differenza, fra un Paese di cultura democratico-liberale e uno di
cultura collettivista e dirigista, dovrebbero essere la presenza, alta ovvero
ridotta, dell'intermediazione pubblica nella sfera privata e il diverso livello
di fiscalità. Ma la situazione è ovunque la stessa perché lo Stato del
Novecento si è esteso oltre i limiti e i costi della sua burocrazia sono finiti
fuori controllo.
Ciò non significa,
ovviamente, che sia auspicabile, e tanto meno sia considerata necessaria dalla
cultura liberale, per far fronte alle carenze dello Stato contemporaneo,
l'eliminazione dello Stato sociale e persino dello Stato stesso. Quello
democratico-liberale, oltre che la sola, accettabile, forma di convivenza
civile, rimane una garanzia di equità, di giustizia e di eguaglianza delle
opportunità per i più deboli. Non dovrebbe essere, come invece spesso è, una
fonte di sprechi finanziari, di clientelismi politici, di corruzione pubblica.
Si tratterebbe, dunque, di analizzare dimensioni e funzioni dello Stato e, in
particolare, di quello cosiddetto sociale, alla luce degli evidenti parametri
negativi che ormai lo caratterizzano e di porre rimedio alle molte disfunzioni
con una corretta riforma modernizzatrice. Che a questa, peraltro, neppure
pensino burocrazia e classe politica è nell'ordine stesso delle cose.
Ciò che è stupefacente è che
se ne disinteressino la pubblica opinione e chi la dovrebbe rappresentare (i
media). E qui sta tutta la differenza fra un Paese di cultura
liberal-democratica e uno di cultura collettivista e dirigista quale è il
nostro. Che, non a caso, relega l'Italia agli ultimi posti delle classifiche
mondiali per efficienza produttiva, funzionalità amministrativa e tasso di libertà.
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