Anche Antonio Ferrari , commentatore del Corriere della Sera che sta seguendo le vicende egiziane, si è persuaso che, per quanto i Fratelli Musulmani siano nemici della democrazia compiutamente intesa (alias, quella di noi occidentali ), e l'intervento militare volto ad arrestare la degenerazione autoritaria del Presidente Morsi fosse comprensibile, la situazione è degenerata e il rischio Siria (ma anche Libia) si è fatto molto concreto.
Emma Bonino ha dichiarato che il minacciato scioglimento e conseguente messa fuorilegge della confraternita sarebbe un errore, esaltando le frange più estremiste di quella parte del popolo egiziano che, vincendo nettamente le elezioni politiche, ha dimostrato solo due anni fa, di essere la più numerosa e organizzata.
L'Unione Europea dovrebbe quindi agire di concerto per convincere i militari in Egitto di trovare una utile mediazione e fermare la deriva verso la guerra civile. Il proposito è sacrosanto, ma se deve passare per l'Europa, meglio rassegnarsi subito...
Non che gli Stati Uniti mostrino di sapersi districare nel ginepraio.
In realtà il miliardo e mezzo di dollari che ogni anno arriva ai militari del Cairo come gentile cadeau dell'amministrazione americana sono una leva persuasiva debole, di fronte alle elargizioni dei vicini sauditi che appaiono decisi a sostenere Al Sisi purché riporti "ordine" nel Paese, il che vuol dire anche che la si faccia finita con sta favola della democrazia (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, sono tutte regioni dove la parola non credo abbia nemmeno una traduzione ) e della "primavera".
A questo riguardo, interessante l'intervento di Renaud Girard, saggista e corrispondente di guerra per Le Figaro di Parigi, che conosce bene il mondo arabo. Ebbene, sulla base di questa conoscenza, l'uomo conclude che vi è assoluta incompatibilità tra la democrazia e i Paesi Musulmani.
Questa l'avevo però già letta...Ah sì, l'aveva scritto Oriana Fallaci, ricevendo ogni sorta di critica dai soliti radical chic di ventura (gli stessi che oggi quasi plaudono alle pallottole che fanno strage dei fratelli barbuti ) che la definirono una razzista nei confronti del mondo arabo. In realtà la Fallaci non faceva che rappresentare quello che oggi vediamo tutti. Come ripete Giraud, il problema non è etnico ma religioso, non incide l'essere arabi, ma l'essere musulmani. L'Islam ortodosso, o almeno quello interpretato dai più, non prevede uno stato completamente laico (anzi, in molti casi, nemmeno parzialmente), con una separazione netta tra Stato e Religione. Sono le regole religiose che devono ispirare quelle civili.
In fondo è semplice da capire.
Buona Lettura
"Democrazia e Paesi musulmani sono Mondi incompatibili"
E se fosse un’insormontabile questione di Dna? Una congenita incompatibilità tra il mondo arabo, o meglio la sua cultura, e le regole basilari della democrazia occidentale? Se fosse un’illusione pensare che al Cairo o a Damasco, a Tripoli o a Bagdad, possano innestarsi libertà di scelta politica e di pensiero, di dissenso e di autodeterminazione? «No, non esiste alcun problema di incompatibilità della democrazia con il mondo arabo. Ma esiste invece, eccome, con l’Islam». Il saggista Renaud Girard, 58 anni, storico corrispondente di guerra del quotidiano francese Le Figaro , per il quale ha coperto tutti i principali conflitti degli ultimi trent’anni e redige ogni martedì un editoriale di politica internazionale, è tornato poche settimane fa dall’Egitto rafforzato nelle sue opinioni. Già espresse, dopo decenni «sul terreno», nei suoi libri tra i quali Perché si combattono? Viaggio nelle guerre del Medio Oriente , pubblicato otto anni fa da Flammarion: «La democrazia non ha problemi a installarsi in un Paese arabo, quanto in un Paese musulmano. Basta pensare a quanto accade in Pakistan, alla Turchia o all’Iran, dove la popolazione non è araba, ma è in grande maggioranza musulmana». Ecco, la Turchia, per esempio, proprio sulla soglia dell’Europa, eppure così lontana dopo le sanguinose repressioni dei manifestanti in piazza Taksim, a Istanbul, nella scorsa primavera: «Il capo di governo, Erdogan si presenta come un uomo pragmatico, capace di mantenere gli equilibri politici tra diversi poteri, siano le Forze armate o gli Stati Uniti – riconosce Girard –, ma i fatti recenti dimostrano che sarebbe ridicolo paragonarlo a statisti e cristiano-democratici del calibro di Adenauer o De Gasperi. Erdogan è rimasto profondamente intollerante con chi non la pensa come lui».
Una controprova? «Il Libano – suggerisce Girard –. Il Cristianesimo orientale libanese è percorso da diverse correnti capaci non soltanto di coabitare, ma anche di ascoltarsi e di dibattere. Stampa e tivù cristiane sono libere di esprimere tendenze e ideologie diverse fra loro. Proprio riguardo alla Siria, una parte dei cristiani libanesi è contraria al regime di Assad, mentre i cristiani maroniti manifestano il loro appoggio». Non sembra un azzardo, quindi, al saggista del Figaro ricondurre il problema al scivoloso piano confessionale: perché dunque l’Islam sarebbe allergico alla democrazia? «Perché non esiste nella civilizzazione musulmana una separazione tra la sfera religiosa e la sfera politica. Non c’è mai stata, dal VII secolo in poi, quella separazione tra potere religioso e potere politico che invece è alla base della civiltà occidentale. E fin dal principio del Cristianesimo, se è vera la frase che i Vangeli attribuiscono a Gesù: date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Cristo non voleva interferire con la politica». Si potrebbe obiettare che non sempre, nei secoli, la Chiesa ha seguito l’esempio di Cristo, ma Renaud Girard osserva che, comunque, mai il potere religioso ha travalicato quello politico, nel mondo cristiano, come avviene in quello musulmano: «Per il Corano, Maometto è il capo religioso, militare e politico. Ed è il Corano a stabilire che, in un processo, la testimonianza di una donna vale metà di quella di un uomo. Nell’Islam contemporaneo, il fondatore dei Fratelli Musulmani, Hasan al-Banna, è segnalato dal suo movimento come la guida suprema. Non c’è possibilità di una libera interpretazione dei testi sacri nel mondo sunnita dai tempi successivi ad Averroè, quando fu proibita e lo spirito critico considerato satanico». Finché vale soltanto la verità rivelata, la democrazia è fuori gioco: «Per questo gli sciiti sono meno pericolosi dei sunniti radicali — argomenta Girard —. Perché hanno conservato la libertà di interpretazione e ci sono perfino delle scuole sciite che rifiutano il governo teocratico in Iran. L’Islam non si è riformato, a differenza del Cristianesimo. Anzi, si è radicalizzato con l’apparizione del Wahhabismo, che non accetta l’evoluzione del mondo». Ma la democrazia ha ancora qualche chance: «C’è una parte della gioventù egiziana convinta che la religione sia una questione individuale, un rapporto fra Dio e la propria coscienza. Scrivo spesso, per scherzo, che il musulmano si preoccupa del suo rapporto personale con Dio, mentre il Fratello musulmano è ossessionato dal rapporto del suo vicino con Dio. Chiaramente è una battuta, ma gli egiziani sono molto nazionalisti, fieri del loro passato, dei faraoni. Non accettano chi, come Morsi, mostra di disprezzarlo. Se apparisse domani un nuovo pensatore della statura di Muhammad Abduh, un vero riformatore, il cambiamento può essere molto rapido».
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