Piacevole, con un bel ritmo, la cronaca che La Stampa fa della giornata Leopoldiana di Renzi . Del resto al sindaco di Firenze le battute non mancano e quindi se il giornalista è bravo, viene fuori un bel pezzo. Io credo che Renzi abbia ragione ad aver fiducia in se stesso, nel suo appeal elettorale, anche se certe sue iniziative non sono state apprezzate (vedi Prodi candidato alla presidenza della Repubblica, una improvvisa fascinazione per le sentenze gradite...) dall'elettorato di centrodestra, che pure, al di fuori dei pretoriani berlusconiani, lo ha fin dall'inizio guardato con interessata curiosità.
Insomma, si sente favorito in caso di elezioni politiche e per questo gli piace il porcellum. Non lo può dire (nemmeno Bersani poteva), ma il suino piace molto ai favoriti perché basta vincere, anche di nulla (che so, il 30% dei voti ?), e poi ti viene regalata una maggioranza blindata (55% dei seggi). Il "lepre" (espressione romanesca per dire l'intoppo, il guaio) sta nella differenza dei sistemi tra Camera e Senato, ma Renzi , se non si può cambiare uniformando le cose (fu CIAMPI a sparigliare, sapevatelo...), confida che anche al Senato può prevalere.
A dire la verità, lui si è sempre espresso per il sistema di voto usato per i sindaci, e parla del SINDACO d'Italia. Bè, ma allora parla di presidenzialismo (a me starebbe benissimo), che per farlo ci vuole una riforma costituzionale...roba lunga. Ma al sindaco non importa, che se non si fa in tempo, si vota con la legge che c'è...
Peccato che il 3 dicembre la Consulta minaccia di sfasciargli il giocattolo...
Comunque, ecco la giornata alla Leopolda
Porcellum, Renzi avverte il Pd
“Basta voglia di proporzionale”
Epifani: cambiare o galleggiare
ANSA
Renzi durante la convention all’ex stazione fiorentina
Come la goccia cinese. Nella seconda giornata di meeting
alla stazione Leopolda, Matteo Renzi ha preso di mira il Pd. Chiosando
gli interventi di chi si è avvicendato sul palco, a cadenza regolare ha
dato colpi su colpi al partito. Il primo, forse il più duro, è stato
sulla legge elettorale: se qualcuno nel Pd ha voglia di proporzionale,
«noi gliela facciamo passare».
A dargli lo spunto era stato il politologo Roberto D’Alimonte: «C’è tanta voglia di proporzionale dentro una parte del Pd, dentro una parte del Pdl, dentro una parte del Movimento 5 Stelle. Per non parlare di Casini e soci. Oggi, in queste condizioni, il proporzionale sarebbe un disastro per il Paese».
Il ventaglio dei temi su cui Renzi ha criticato il Pd è ampio: occupazione - «i dati dicono che i disoccupati sono raddoppiati e intanto il Pd fa i convegni» - vocazione alla sconfitta, le persone da cambiare. Perché «l’elettore del Pd non ne può più». A mettere premura sulla legge elettorale c’è anche lo sciopero della fame di Roberto Giachetti: «Spero che tu finisca presto - gli ha detto Renzi dal palco - significherebbe che il tema ha imboccato la strada giusta». In ogni caso, ha ricordato il professor D’Alimonte, senza «una buona riforma elettorale» sarebbe «meglio andare a votare col Porcellum», che «il Pd con Renzi può vincere sia alla Camera che al Senato, come fece Berlusconi nel 2008».
Epifani ha rotto il tabù presentandosi alla Leopolda, finora «disertata» dai segretari Dem, ma non ha mancato di mandare qualche stoccata all’ex rottamatore. Matteo Renzi - più della platea leopoldina - gli riserva una calorosa accoglienza (con tanto di maglia personalizzata) ma rimarca anche il fatto che «due anni fa ci guardavano come degli asini che scalciavano, degli infiltrati...». Insomma il gesto di riconoscimento reciproco c’è e un cambio di rapporti tra i due - che si concedono anche un breve colloquio per pranzo a margine dei lavori della convention - è innegabile. Ma alcune distanze restano. Se il discorso dal palco del segretario - infatti - viene piuttosto apprezzato in platea, Epifani non risparmia le critiche e gli altolà. No ai partiti personali ma non solo. «Renzi - dice - è una persona che ha un consenso e un seguito, è una persona forte, è di quelli con cui il Pd può candidarsi a uscire da questa situazione» ma «non abbiamo solo lui, ne abbiamo tanti e questa è la nostra forza». D’altra parte l’ex leader Cgil stoppa l’ipotesi del doppio incarico segretario-sindaco e stronca l’intervento (applauditissimo) del finanziere Davide Serra dal palco («dire che mi sia piaciuto è una parola grossa...»). Non solo. Sarà a tutte le manifestazioni più importanti anche degli altri tre candidati e ribadisce che il Pd è contendibile e tutti i candidati sono pari ai nastri di partenza. «Il paese deve fare una scelta, cambiare e tirarsi fuori o galleggiare».
Camicia bianca, né giacca né cravatta, Renzi ha coordinato gli interventi “guidando lo show” dal palco, parlando a un microfono anni Trenta. Il sindaco ha citato anche la Web Car de La Stampa, «esempio di innovazione», parcheggiata proprio fuori dalla Leopolda. «Due anni fa ci vedevano come degli asini che scalciavano, degli infiltrati», ha ricordato Renzi. I simboli del partito non ci sono, perché la Leopolda «non è un’iniziativa del Pd, ma parla anche ad altri mondi». Infatti, l’obiettivo è sì vincere le primarie, ma soprattutto le elezioni. L’elogio delle cose «fatte meglio quando siamo in pochi è una cosa che la sinistra ha fatto fin troppo spesso. Dobbiamo imparare ad accogliere e, perché no?, a vincere”. Nel Pd «ormai è arrivato il momento di provare a voltare pagina». Se sarà Renzi il nuovo segretario «innanzitutto» spalanchera’ le finestre, per «fare entrare un po’ di aria nuova e di gente nuova. Il tema non è chi mandiamo a casa, ma quanto ci mettiamo ad aprire le finestre: poco». Il sindaco di Firenze, l’aspirante candidato alla presidenza del Consiglio, non vede elezioni alle porte, per ora, nonostante le fibrillazioni del Pdl. Il governo regge, ha ribadito, prima di spiegare che però «il problema è cosa fa». Dopo il fair play con Epifani - «È una bella novità avere con noi il segretario del Pd» - Renzi è passato a quello con gli sfidanti alla segreteria, con l’invito a fare un applauso per «Gianni Cuperlo, Gianni Pittella e Pippo Civati». Con Cuperlo, però, ha avuto uno scambio a distanza calcistico-politico. Il candidato triestino ha criticato la mancanza di simboli del Pd, alla Leopolda, che è come presentare l’acquisto di Messi alla Fiorentina ma non avere a disposizione una maglia viola. «Tu mandaci Messi - gli ha risposto Renzi - che poi una maglia si trova»
A dargli lo spunto era stato il politologo Roberto D’Alimonte: «C’è tanta voglia di proporzionale dentro una parte del Pd, dentro una parte del Pdl, dentro una parte del Movimento 5 Stelle. Per non parlare di Casini e soci. Oggi, in queste condizioni, il proporzionale sarebbe un disastro per il Paese».
Il ventaglio dei temi su cui Renzi ha criticato il Pd è ampio: occupazione - «i dati dicono che i disoccupati sono raddoppiati e intanto il Pd fa i convegni» - vocazione alla sconfitta, le persone da cambiare. Perché «l’elettore del Pd non ne può più». A mettere premura sulla legge elettorale c’è anche lo sciopero della fame di Roberto Giachetti: «Spero che tu finisca presto - gli ha detto Renzi dal palco - significherebbe che il tema ha imboccato la strada giusta». In ogni caso, ha ricordato il professor D’Alimonte, senza «una buona riforma elettorale» sarebbe «meglio andare a votare col Porcellum», che «il Pd con Renzi può vincere sia alla Camera che al Senato, come fece Berlusconi nel 2008».
Epifani ha rotto il tabù presentandosi alla Leopolda, finora «disertata» dai segretari Dem, ma non ha mancato di mandare qualche stoccata all’ex rottamatore. Matteo Renzi - più della platea leopoldina - gli riserva una calorosa accoglienza (con tanto di maglia personalizzata) ma rimarca anche il fatto che «due anni fa ci guardavano come degli asini che scalciavano, degli infiltrati...». Insomma il gesto di riconoscimento reciproco c’è e un cambio di rapporti tra i due - che si concedono anche un breve colloquio per pranzo a margine dei lavori della convention - è innegabile. Ma alcune distanze restano. Se il discorso dal palco del segretario - infatti - viene piuttosto apprezzato in platea, Epifani non risparmia le critiche e gli altolà. No ai partiti personali ma non solo. «Renzi - dice - è una persona che ha un consenso e un seguito, è una persona forte, è di quelli con cui il Pd può candidarsi a uscire da questa situazione» ma «non abbiamo solo lui, ne abbiamo tanti e questa è la nostra forza». D’altra parte l’ex leader Cgil stoppa l’ipotesi del doppio incarico segretario-sindaco e stronca l’intervento (applauditissimo) del finanziere Davide Serra dal palco («dire che mi sia piaciuto è una parola grossa...»). Non solo. Sarà a tutte le manifestazioni più importanti anche degli altri tre candidati e ribadisce che il Pd è contendibile e tutti i candidati sono pari ai nastri di partenza. «Il paese deve fare una scelta, cambiare e tirarsi fuori o galleggiare».
Camicia bianca, né giacca né cravatta, Renzi ha coordinato gli interventi “guidando lo show” dal palco, parlando a un microfono anni Trenta. Il sindaco ha citato anche la Web Car de La Stampa, «esempio di innovazione», parcheggiata proprio fuori dalla Leopolda. «Due anni fa ci vedevano come degli asini che scalciavano, degli infiltrati», ha ricordato Renzi. I simboli del partito non ci sono, perché la Leopolda «non è un’iniziativa del Pd, ma parla anche ad altri mondi». Infatti, l’obiettivo è sì vincere le primarie, ma soprattutto le elezioni. L’elogio delle cose «fatte meglio quando siamo in pochi è una cosa che la sinistra ha fatto fin troppo spesso. Dobbiamo imparare ad accogliere e, perché no?, a vincere”. Nel Pd «ormai è arrivato il momento di provare a voltare pagina». Se sarà Renzi il nuovo segretario «innanzitutto» spalanchera’ le finestre, per «fare entrare un po’ di aria nuova e di gente nuova. Il tema non è chi mandiamo a casa, ma quanto ci mettiamo ad aprire le finestre: poco». Il sindaco di Firenze, l’aspirante candidato alla presidenza del Consiglio, non vede elezioni alle porte, per ora, nonostante le fibrillazioni del Pdl. Il governo regge, ha ribadito, prima di spiegare che però «il problema è cosa fa». Dopo il fair play con Epifani - «È una bella novità avere con noi il segretario del Pd» - Renzi è passato a quello con gli sfidanti alla segreteria, con l’invito a fare un applauso per «Gianni Cuperlo, Gianni Pittella e Pippo Civati». Con Cuperlo, però, ha avuto uno scambio a distanza calcistico-politico. Il candidato triestino ha criticato la mancanza di simboli del Pd, alla Leopolda, che è come presentare l’acquisto di Messi alla Fiorentina ma non avere a disposizione una maglia viola. «Tu mandaci Messi - gli ha risposto Renzi - che poi una maglia si trova»
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