giovedì 15 maggio 2014

LA GUERRA TRA BANDE ALLA PROCURA DI MILANO : QUANDO I MAGISTRATI SI DELEGITTIMANO DA SE'


Hanno sicuramente ragione quegli amici che leggendo la rissa da saloon che sta caratterizzando la procura milanese da mesi a questa parte, esprime giudizi come "sconcerto" e "disagio". 
Stiamo parlando della seconda procura più importante del paese, e storicamente la più "nobile" che mentre quella romana, più grande, era (è ?) spesso vista e descritta come troppo compiacente con i palazzi della politica, quella meneghina era la castigamatti. Del resto, a Milano nasce il pool di mani pulite no ?  E tanto basta.
Non è rimasto nessuno di quel pool : Borrelli in pensione (meno male che esiste l'INPS), D'Ambrosio e DI Pietro in politica, con ben diversa fortuna ma anche con tramonti assai differenti (dignitoso il primo, assai meno il secondo, come del resto lo spessore delle persone poteva far prevedere ), Colombo a fare l'intrattenitore su vari media. Solo Davigo è rimasto in magistratura, ma sta in Cassazione. 
L'Italia delle tangenti fu sconfitta ? No, evidentemente, anzi, è peggiorata. 
Ma questi sono i "padri nobili". Oggi la Procura milanese è quella che ha guidato la santa battaglia contro il male berlusconiano, e dopo 20 anni di impegno solerte ed indefesso ha iniziato a raccogliere i primi frutti.
Proprio sul più bello, quel "giuda" del Dr. Robledo  va a innescare una polemica di fuoco con il capo, l'integerrimo Bruti Liberati, che ha avuto modo di esprimergli tutto il proprio sdegno per tanta ingratitudine ! E già che si è scoperto, tra uno straccio e l'altro che volava, come Robledo occupasse il suo posto di aggiunto solo grazie ai buoni uffici del capo cui oggi morde la mano. Che brutte persone !
Orlando e Vietti sono disperati, che i due contendenti non solo non si fermano ma allargano il conflitto, ognuno coi suoi alleati, tanto che la cosa non è più un duello ma una guerra tra bande, con quelli di magistratura indipendente contro quelli di magistratura democratica.
Uno spettacolo ! Penoso, certo, ma per chi certi uomini in toga non sono mai stati quei "santini" da sventolare in piazza, anche una rivincita.
Ora che i magistrati si delegittimano da sé, accusandosi di tutto, con chi se la prenderanno gli scribacchini impegnati nella loro stolida difesa "a prescindere" ? E il Dr. Sabelli, presidente della ANM, pensa ancora che si tratti di "normale dialettica" interna ad un ufficio ?
DI seguito, un Luigi Ferrarella imbarazzato dà conto dello scontro nel suo articolo odierno sul Corriere




«Pedinamenti doppi? Mai» Smentita per Bruti Liberati
La Guardia di finanza contraddice 
il capo della Procura 
MILANO — «Nel corso delle attività di osservazione e controllo svolte dal personale di questa articolazione, non si sono registrati episodi di sovrapposizione operativa con personale della Sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza presso la Procura della Repubblica»: in questo rapporto ufficiale indirizzato ieri al procuratore aggiunto Alfredo Robledo dai comandanti del Nucleo di Polizia Tributaria e del Gruppo Tutela Mercato, la Guardia di Finanza milanese scrive l’esatto contrario di ciò che il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati aveva invece affermato l’altro ieri in una lettera ufficiale al Consiglio superiore della magistratura: quella in cui lamentava che Robledo, «pur essendo costantemente informato del fatto che fosse in corso un’attività di pedinamento e controllo su uno degli indagati svolta da personale della polizia giudiziaria» nell’inchiesta dei pm Boccassini-Gittardi-D’Alessio su Expo, «aveva disposto un analogo servizio» di pedinamento del medesimo indagato «delegandolo ad altra struttura della stessa Gdf», al punto che «solo la reciproca conoscenza del personale che si è incontrato sul terreno ha consentito di evitare» che questo «evento surreale» arrecasse «gravi danni alle indagini».
Ma questa descrizione — apparentemente di un preciso fatto storico nitidamente delineato nella dinamica e tempistica — viene ora contraddetta alla radice. E il fatto che nella relazione Gdf «si affermi e si dia documentalmente atto che tale episodio non è mai avvenuto», spinge Robledo a chiedere nuovamente tutela al Csm contro «le affermazioni del procuratore inveritiere e fuorvianti, radicalmente inventate e prive di qualunque fondamento», che «turbano il regolare svolgimento della funzione di coordinatore del dipartimento reati contro la Pubblica amministrazione» e sono «altamente lesive della dignità» di questa funzione.
Se Robledo domanda dunque al Csm di essere nuovamente convocato, Bruti Liberati ieri sera non fa alcun commento, forse riservando al momento di un eventuale nuovo interessamento del Csm l’illustrazione della più complessiva documentazione che ritiene possa mostrare le sovrapposizioni che, a suo avviso, si sarebbero rischiate per responsabilità di Robledo tra le due più «calde» inchieste sull’Expo. Evento mai visto neanche negli anni delle polemiche politiche più accese, ora a invocare un’ispezione sulla Procura di Milano non è un componente «laico» del Csm (cioè della quota eletta dal Parlamento) ma «togato», cioè uno dei magistrati eletti dai colleghi ogni quattro anni nelle elezioni che, per l’imminente nuova consiliatura, si terranno all’inizio di luglio: Angelantonio Racanelli, della corrente di Magistratura indipendente (alla quale è vicino Robledo e di cui Cosimo Ferri è rimasto punto di riferimento anche dopo essere diventato sottosegretario alla Giustizia), ritiene l’ispezione «necessaria per restituire serenità a un ufficio dal ruolo fondamentale». Ma il togato Paolo Carfì, eletto dal cartello «Area» che comprende la corrente di Magistratura democratica di cui Bruti Liberati è storico esponente, giudica «intollerabile il comportamento» di Racanelli «componente di entrambe le commissioni che si stanno occupando del caso, la I e la VII: trovo estremamente grave che, così consapevolmente contribuendo ad alimentare le polemiche, un componente delle commissioni che ancora devono decidere sulla complessa questione abbia ritenuto di strumentalmente usare la vicenda in un contesto del tutto improprio. Immagino che la prossimità delle elezioni per il nuovo Csm non sia estranea», aggiunge Carfì, per il quale ciò «porta acqua al mulino di chi in questi giorni potrebbe avere interesse a danneggiare l’immagine della Procura ancora sotto i riflettori per inchieste giudiziarie e dibattimenti di grande impatto». Dalle ispezioni, per ora, il ministro Orlando sembra volersi tenere alla larga: «Dobbiamo ragionare in termini di sistema, attendo il lavoro del Csm che sta affrontando il caso»: «rapidissimamente», si augura il vicepresidente del Csm Michele Vietti, perché «di tutto ha bisogno il sistema giudiziario, tranne che di delegittimazione».

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