Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
giovedì 8 maggio 2014
QUANDO ALLA PROCURA DI MILANO SI LITIGAVANO I PROCESSI A BERLUSCONI
Non l'ha detto uno degli avvocati di Berlusconi, né l'interessato, né qualcuno del gruppo - in via di restringimento. dei fedelissimi. Che Ilda Boccassini non avesse la titolarità del caso Ruby, ai suoi albori, e quindi non spettava a lei l'iniziativa di interrogare il Questore Ostuni o la funzionaria Iafrate. lo ha detto un procuratore generale di Milano, Manlio Minale.
Ho sempre considerato il processo Ruby la "prova provata" dell'accanimento giudiziario contro il Cavaliere : che su una vicenda di possibile prostituzione s'impegnasse il gotha della procura milanese, Boccassini in testa, mi è sembrato più una pistola fumante. Anche il reato di concussione, senza alcuna denuncia, faceva (fa ) pensare a quei casi stigmatizzati anche di recente dal Senatore Violante, dove gli inquirenti NON aspettano la notizia di reato ma la "cercano".
Ne ho scritto varie volte, e da subito ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2011/06/ragazze-ingenue.html )
Oggi c'è solo una conferma di questa idea, con la descrizione della procura milanese come luogo dove il "berlusca" se lo litigavano !
Non ho competenza per dire cosa potrebbe significare per il processo la conferma della rivelazione del Dr. Minale (che tra l'altro ipotizza che sullo scavalco di competenza poi il Capo, Bruti Liberati, poteva aver messo una pezza) , la sostanza non cambia.
Per determinati magistrati Silvio Berlusconi era un male da abbattere.
E continua ad esserlo, come certi articoli dell'organo di informazione di md (al secolo magistratura democratica) fanno ben intendere, stracciandosi le vesti perché al condannato viene consentita l'agibilità politica.
La notizia riportata è tratta dal Corriere della Sera
Caso Ruby, l’attacco di Minale
«Boccassini non aveva titolarità»
ROMA — Ilda Boccassini, procuratore aggiunto di Milano, «non aveva titolarità». Né per interrogare Piero Ostuni, l’ex capo di gabinetto della Questura di Milano, cui arrivarono le pressioni di Silvio Berlusconi per liberare la falsa «nipote di Mubarak», Ruby Rubacuori. Né per ascoltare Giorgia Iafrate: la funzionaria di polizia che, dopo le pressioni dell’ex presidente del Consiglio, affidò la minorenne, frequentatrice delle serate ad Arcore, alla consigliera regionale Nicole Minetti.
Lo ha detto al Csm il pg di Milano, Manlio Minale, nel corso della sua audizione del 14 aprile scorso, davanti alla prima e alla settima Commissione che stanno tentando di chiarire se la denuncia presentata dall’aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, contro il capo della procura Edmondo Bruti Liberati, abbia qualche fondatezza. In un esposto Robledo, che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione, ha accusato il capo di irregolarità nell’assegnazione di alcuni fascicoli. A cominciare dal caso Ruby. Secondo Minale, Bruti Liberati avrebbe avuto «l’obbligo di interpellarlo» per l’iscrizione tra gli indagati di Berlusconi.
Dunque Ilda Boccassini non avrebbe dovuto ascoltare quelle testimonianze così preziose per il processo costato la condanna per prostituzione minorile a Berlusconi? Minale non è così netto. «Io non so se non abbia chiesto al procuratore se poteva compiere quell’atto», ha spiegato al Csm. Ricordando che nella circolare del Consiglio sulla riforma Castelli «è prevista addirittura la possibilità per il procuratore di designare anche per singoli atti», ha aggiunto. Ed è proprio questa la motivazione fornita al Csm da Bruti Liberati, di quella apparente intrusione. Il 26 ottobre — ha ricostruito a Palazzo dei Marescialli — lui decise di affidare il caso alla Boccassini, come aggiunto di riferimento. D’accordo con l’aggiunto Nobili. D’altronde, aveva spiegato Bruti Liberati, a Milano è abitudine che gli aggiunti partecipino anche a procedimenti non assegnati. Il 28 si tenne l’interrogatorio.
Tutto normale, allora? Manlio Minale non lo sa. «Non è escluso che in quel caso ci sia stata un’interlocuzione tra l’aggiunto e il procuratore per cui ci sia stata una autorizzazione a compiere quell’attività che poi si è formalizzata nell’iscrizione». Quello che è certo è che, dice, «i magistrati sostituti trascinano i procedimenti», come accadde al pm Sangermano, titolare del fascicolo Ruby, passato dal pool guidato dall’aggiunto Nobili a quello della Boccassini. «Ma — sottolinea — se sono di materia specializzata devono riferire al loro superiore, che è addirittura il procuratore aggiunto di riferimento che mette il visto». Quindi, Ilda Boccassini «non essendoci stata un’assegnazione diretta fino al provvedimento di iscrizione dobbiamo ritenerla non assegnataria di quel procedimento, sempre che — aggiunge Minale — non si ritenga che il procuratore, annotando “procedimento assegnato a Boccassini, Forno e Sangermano”», nel dicembre 2010, al momento dell’iscrizione del reato di concussione, «non abbia voluto coprire, sanare la precedente situazione». Secondo il pg, «fino a quel provvedimento di iscrizione la collega Boccassini non era assegnataria perché si è inserita, ha ritenuto di assistere, di lavorare insieme al sostituto che era del suo dipartimento ma in un procedimento che non era di Dda». Tra lunedì e martedì saranno ascoltati la stessa Boccassini, Francesco Greco, Ferdinando Pomarici e Nunzia Gatto.
Intanto Forza Italia protesta: «Se venisse confermata la notizia, secondo cui il pm Boccassini avrebbe dato inizio all’inchiesta nei confronti dell’allora premier senza averne la titolarità — accusa Manuela Repetti —, ciò inficerebbe all’origine l’intero procedimento giudiziario».
Virginia Piccolillo
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