mercoledì 10 dicembre 2014

IN DIFESA DI VERONICA : NE' MOSTRO, NE' SANTA



Ho trovato molto belle questo articolo sul Garantista, dove giustamente si biasima il "dagli al mostro" colpevolmente scatenato da giornali e tv contro Veronica Panarello, senza nemmeno sposare tesi pregiudizialmente innocentiste. Ci sarà, prima o poi, un processo a dire se la madre di Loris è colpevole o meno dell'omicidio del figlio.
Ma intanto, il clima da far west che, come sempre, più di sempre, trattandosi di una madre che avrebbe ucciso il figlio, quindi il delitto più inimmaginabile ed inaccettabile tra tutti, si è scatenato, va condannato, senza requie, perché è una barbarie. 
Leggetelo, se potete.

Il Garantista

Non è un mostro, non è una santa, lasciatela in pace

a. Veronica


Veronica Panarello, madre di Loris, il bambino ucciso a Santa Croce Camerina, è innocente fino a prova contraria. Di Veronica hanno parlato per giorni i media, dipingendola prima come un’irresponsabile, depressa, forse disattenta, e poi come la probabile colpevole, infliggendole una condanna prima ancora che il Gip si fosse pronunciato, o che un processo si risolvesse in una sentenza di colpevolezza.  Su Veronica i media hanno sfogato tutta la loro attenzione, istigando odio che è stato subito raccolto da centinaia di persone che sul web le hanno dedicato ogni genere di insulto, minacce, l’augurio di una morte lenta e dolorosa. Certi media nutrono branchi di bestie che sbavano rabbia e che sputano sentenze anche nei confronti di tutti i cittadini di Santa Croce Camerina. Li hanno definiti omertosi, complici, buzzurri, terroni, attribuendo al delitto una radice etnica.
Loris è stato ucciso e sua madre, processata prima per la sua fragilità, con la sua vita sempre sotto i riflettori, proprio lei che aveva cresciuto con fatica quei figli, ora diventa ulteriore oggetto di uno scandalo che va bene per dare audience ai talk show televisivi. Gli ingredienti ci sono tutti: la madre snaturata, il bambino ucciso, un paesello del quale si può dire tutto il peggio del peggio, il meridione assolato. Di quella donna fragile, la madre che ha invano tentato di offrire precisazioni, in questi giorni, ai tanti media che l’hanno crocifissa, non è rimasto nulla. Ora c’è il mostro, la donna senza anima, la persona crudele. Nessuna analisi sul contesto, nessuna complessità. È tutto bianco o nero. Il circo è in movimento, lo spettacolo è iniziato, ed ecco la corsa a reperire il pettegolezzo dalla vicina di casa, ecco lo spezzone di notizia sull’infanzia di Veronica, ecco a offrire al pubblico morbosità su morbosità consentendo che questa donna sia oggetto di un linciaggio pubblico.
Non importa che si tratti di una donna. Si tratta di una persona accusata che non ha ancora, sulle spalle, nessuna condanna. Ma è importante sottolineare che essere donna, madre, in alcuni posti della Sicilia, non è la cosa più facile del mondo. Non ci sono strutture, non so quanto costi un asilo, c’è poco o nessun lavoro per le donne. Non si tratta di un difetto di mentalità ma di un disagio sociale cronico con il quale hanno a che fare tutti. Quel disagio sociale, per quel che compete il lavoro di cura, ricade tutto sulle spalle delle donne. Prima di offrire di Veronica l’immagine di quella che a momenti si suicidava, violando la sua privacy su cose che non dovrebbero diventare di pubblico dominio, qualcuno avrebbe anche potuto osare un’analisi del contesto. Avrebbe potuto tentare di capire dove ha vissuto e in che modo quella donna. Avrebbe anche potuto ascoltarla, credo, senza affibbiarle subito il titolo di mostro dell’anno e di madre snaturata.L’impressione che ne deriva è quella di una storia che si chiude frettolosamente, dando per scontate mille cose che tanto scontate non sono.
Cosa muove, in termini culturali, una discussione che vede una madre imputata dell’omicidio del proprio figlio? Alla madre viene attribuita, per “natura”, una altissima soglia di sopportazione del dolore e anche una innata capacità di dedicarsi alla cura dei figli. Il dato culturale è che in Italia, ancora oggi, è molto difficile discutere di maternità senza incontrare palesi incrostazioni e imposizioni di ruolo. Una donna si realizza nell’essere madre, perché è quello che secondo alcuni desidera, perché quello è il suo destino e nessuno può dire il contrario. Una donna che è sospettata di aver ucciso il proprio figlio rompe questo schema. Non si riesce ad accettare il fatto che ci sono donne che non hanno la forza, anche psicologica, di essere madri, o non ne hanno semplicemente voglia. Non hanno alcun istinto materno e non per questo sono donne sbagliate. Ci sono donne che vengono racchiuse tra mille stereotipi mentre si esibisce l’aureola sociale che le spetta.
La madre viene elevata alla posizione più alta e prossima alla santificazione, in quanto capace di soddisfare il desiderio di continuità della stirpe del patriarca. Questo dato è incontrovertibile. Alla donna che non vuole figliare ci si oppone in mille modi. Non va bene abortire, prendere la pillola del giorno dopo, usare contraccettivi. E se fai un figlio e, per caso, non vivi la maternità come se fosse l’unico desiderio di realizzazione della tua esistenza, allora ecco che diventi un angelo caduto dal paradiso. Puoi essere solo santa o mostro. Non hai altra scelta che quella. Veronica all’inizio era la mater dolorosa che piange la perdita del figlio. Era la persona in difficoltà che comunque va aiutata in un momento così sconvolgente. Oggi è diventata un mostro da impiccare sul primo albero di passaggio. Secondo l’accusa lei avrebbe commesso il reato più grave in assoluto: ha ucciso il figlio dell’uomo. Perciò subirà tutta la rabbia e la vendetta del mondo.

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