Il fatto di occuparmi più spesso di renzino e dei casini del PD non significa che non mi renda conto dello sfacelo del centro destra, quello che, almeno geograficamente, sarebbe il mio campo di riferimento.
Le cose che scrive il Professor Panebianco in merito sono tutte condivisibili, ancorché si possa obiettare che certe riforme dell'attuale premier, se pure si muovono in una direzione corretta, hanno contenuti realizzativi sovente discutibili.
Per esempio, va benissimo rafforzare il potere decisionale dell'esecutivo, però a fronte del fatto che il governo sia espressione di un consenso popolare effettivamente significativo, e non di una alchimia delle legge elettorale. Tocqueville già metteva in guardia dai rischi della dittatura della maggioranza, figuriamoci subire quella della "migliore" minoranza.
Parimenti la riforma del Senato, che non viene abolito - il che avrebbe avuto un senso, e anche un risparmio - ma depotenziato, su certe cose, altre no, e senza più essere eletto. Ora, o sparisce (meglio), o diventa una camera di consultazione, che non vedo a cosa serva ma transeat, oppure il Senato conserva dei poteri e allora deve rimanere elettivo.
Quindi, come si vede, non si tratta di rinnegare le riforme solo perché portano l'incipit renziano, bensì criticare il merito delle stesse su dei punti specifici, fermo restando l'obiettivo.
Ciò posto, il caos del centro destra post berlusconiano non c'entra con questi miei distinguo, e, ripeto, le osservazioni critiche di Panebianco sono assolutamente pertinenti.
Aggiungo solo una cosa. Così come la sinistra è afflitta dal dualismo riformisti-massimalisti (ieri rivoluzionari), il centro destra cova anime e distanze plurime, anche superiori.
Per esempio, la destra popolare. che ieri era il MSI, poi AN, oggi Fratelli d'Italia, poco ha a che fare coi valori liberali, specie in campo economico. Per la Meloni, che pure reputo persona seria e per bene, Stato e Pubblico sono valori, per i liberali sono mali necessari, da contenere il più possibile (non parliamo degli anarco libertari per cui sono il nemico da abbattere).
Parimenti certi aspetti familisti e protezionistici della Lega, sono parecchio lontani dalle logiche di mercato e di concorrenza.
In realtà, così come le due anime della sinistra, oltre al centro autodefinito progressista, stavano insieme solo grazie all'anti berlusconismo, quelle di destra popolare, liberali e centro moderati erano uniti dal Leader riconosciuto, il Cavaliere, e dalla bandiera da lui sempre impugnata : il fronte anti sinistra.
Questi collanti non funzionano più, e di qui le frammentazioni crescenti.
Come si vuole superare questo obiettivo problema, abbassando sempre di più l'asticella del consenso necessario a ottenere il controllo del Parlamento e quindi del Governo ?
Non mi sembra un bel progetto.
La spinta a farsi del male
C he cosa è successo al centrodestra? Che cosa se ne può fare il Paese di un centrodestra ridotto così? Sembra che coloro che guidano (?) quello schieramento non abbiano ancora capito che il loro vero nemico non è Matteo Renzi ma il movimento Cinque Stelle: l’unico che — domani a Roma e dopodomani sul piano nazionale — potrebbe mettere il centrodestra alla porta, escluderlo definitivamente dalla festa.
Viviamo al momento in un assetto tripolare (Partito democratico, Cinque Stelle, centrodestra) che ha sostituito il precedente bipolarismo Berlusconi-sinistra. Ma gli assetti tripolari sono per definizione instabili e transitori. Presto si tornerà, plausibilmente, al bipolarismo.Ma di quale bipolarismo si tratterà? Democratici/Cinque Stelle o democratici/centrodestra? Al momento, il primo scenario sembra più probabile del secondo. E il centrodestra, con le sue scelte, dà l’impressione di volere solo farsi del male e favorire così i Cinque Stelle.
Consideriamo alcuni dei suoi comportamenti autolesionistici. Si prenda il caso del referendum sulle trivelle. Voci contrarie ce ne sono, naturalmente, ma la parte di quello schieramento che si è unita all’esercito anti industriale e pseudo-ecologista sostenitore del referendum, è consistente, sembra preponderante. Quando è avvenuta questa conversione alle ragioni dell’ideologia anti industriale?
C’ è poi il caso Guidi. L’uso delle intercettazioni è sempre stato contestato dal centrodestra. Ma le reazioni sono di altro tenore nel momento in cui vengono colpiti gli avversari politici. Più in generale, sono pochi, nel centrodestra, ad avanzare dubbi sull’inchiesta di Potenza. A cominciare da quello strano reato denominato «traffico di influenze illecite». Dopo tutte le battaglie condotte nel corso degli anni dal centrodestra sulla giustizia sembra che esso sia oggi vittima di un’impressionante metamorfosi.
Prendiamo poi il caso delle riforme costituzionali. Dopo avere dedicato decenni a contestare
È come se gli esponenti di quello schieramento fossero andati a lezione di giustizialismo da Marco Travaglio, di costituzionalismo dai fan della «Costituzione più bella del mondo», e di «decrescita felice» dai teorici dell’anti industrialismo.
Insomma, c’è un centrodestra in stato confusionale: non ha capito che fare un’opposizione così non gli conferisce alcuna credibilità. Inseguire i Cinque Stelle, opporsi a Renzi «a prescindere», non gli porterà neanche un voto. La controprova è Milano. Lì il candidato del centrodestra ha chance contro la sinistra, proprio perché nulla ha a che spartire con la destra confusamente estremista che prevale sul piano nazionale. Berlusconi (che resta il più intelligente di quella compagnia) queste cose le ha ovviamente capite e, infatti, di tanto in tanto le sue dichiarazioni sembrano smarcarsi dagli orientamenti prevalenti. Ma è evidente che il vecchio capo non ha più un vero controllo, neppure sul suo stesso partito.
Come tutti sanno, la condizione agonizzante in cui versa da anni il centrodestra è figlia della incapacità/impossibilità di risolvere la crisi di successione, di trovare un leader che sostituisca Berlusconi. L’inventore di quello schieramento non ha al momento eredi politici. Per questo il centrodestra è in dissoluzione. Nessuno sa oggi se e come quella crisi di successione potrà essere risolta, se e come un nuovo leader capace di federare il centrodestra infine emergerà. Non è colpa degli esponenti del centrodestra che quella leadership non sia ancora emersa: i capi non si creano a tavolino, ottengono i gradi sul campo, nel corso delle battaglie politiche.
È invece proprio colpa loro, degli attuali dirigenti, se, in nome di un’opposizione purchessia a Renzi, si sbarazzano persino degli aspetti positivi della loro tradizione (la scelta decisa a favore della modernizzazione socio-economica, il revisionismo costituzionale, l’opposizione agli aspetti illiberali del nostro sistema di giustizia).
Corriamo un bel rischio, quello di un bipolarismo Renzi/Cinque Stelle. Come ai tempi della Dc e del Pci. Senza alternanza e senza alternative.
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