giovedì 28 settembre 2017

ALFANO, PRIMA O POI IL CONTO ARRIVA. "IMPRESENTABILE" PER IL PD, PARLAMENTO LONTANO NEL 2018.

Risultati immagini per alfano e berlusconi

Alfano e company, cioè quelli che a suo tempo, pur di rimanere attaccati alle poltrone di governo, abbandonarono Berlusconi alla legge Severino e votarono la fiducia al governo Letta Risultati immagini per alfano e letta (naturalmente dandola poi a Renzi, quando questi sfrattò in malo modo il compagno di partito : traditori una volta, traditori sempre) , li guardo come quel tizio che si apposta sulla riva del fiume.
Prima o poi hanno da passà.
E quel momento si sta avvicinando, con le elezioni che nel 2018 non potranno evitare, a scanso di espliciti colpi di stato. 
Pensandola in questo modo, figuratevi la soddisfazione che ho provato nel leggere come nel PD si siano posti il problema di una eventuale coalizione con Alleanza Popolare (l'ultimo dei nomi che i transfughi si sono dati, nel corso degli anni...credo sia il terzo) , indigesta per i loro elettori e anche - e forse in questo momento è il guaio peggiore - a Pisapia, che non avversa un'alleanza con i dem renziani (vista come il male assoluto dai secessionisti guidati da Bersani e D'Alema) ma a patto che non ci siano contaminazioni centriste, alfaniani in primis. 
Ebbene, secondo l'articolo comparso su La Stampa on line oggi, a via del Nazareno stanno riflettendo che forse, sacrificando Angelino, veramente nome indigeribile, l'alleanza si potrebbe fare...
Francamente, non vedo come, visto appunto il problema di coprirsi a sinistra coinvolgendo almeno Pisapia, ma intanto provo goduria a immaginare il dramma di Alfano e l'imbarazzo dei suoi compagni di ruffianeria.  Non ho dubbi che Lorenzin, Lupi e tutto il resto della combriccola dalla schiena curva non esiteranno, al dunque, ad abbandonare il giuda capo, però magari un briciolo, ma proprio ino, di vergogna a guardarlo in faccia lo avranno.
Personalmente, confido che quelli del PD alla fine decideranno che ha ragione Pisapia, e che AP non pesi a livello nazionale (nemmeno in Sicilia, dove pare arriveranno terzi con distacco) , e che tutti costoro faranno la fine dei fedelissimi di Fini, tutti scomparsi dal Parlamento nel 2013.
Intanto, accontentiamoci della testa del capo. 
 Risultati immagini per alfano e renzi

LaStampa.it

Renzi e il nodo Alfano: possiamo allearci con Ap ma senza lui in lista

Il Pd: indigeribile per i nostri elettori. Il segretario manda Guerini a trattare



ANSA
Matteo Renzi


FRANCESCA SCHIANCHI
ROMA
Un’apertura a sinistra, per coprirsi dalla concorrenza degli ex compagni di strada Bersani e D’Alema. E una in direzione del centro, per occupare lo spazio dei moderati. Nella strategia a cui sta lavorando per affrontare le prossime elezioni, il Pd ha individuato un solo problema, una figura utile in questo schema, ma molto difficile da far digerire all’elettorato di centrosinistra: Angelino Alfano. 

Ex delfino di Berlusconi, ex segretario del Pdl, da Guardasigilli autore del contestatissimo lodo che istituiva una sorta di “scudo” dai processi per le quattro più alte cariche dello Stato quando la quarta, cioè il presidente del consiglio, era l’allora Cavaliere, l’attuale ministro degli Esteri ha fatto insorgere in alcune occasioni il popolo del Pd anche in questi anni di governo col centrosinistra, ad esempio sul caso Shalabayeva (la moglie di un dissidente kazako espulsa dall’Italia insieme alla figlia piccola quando lui era ministro dell’Interno). «Puoi mettere in lista la Castaldini (portavoce nazionale di Ap, ndr.), puoi mettere la ministra Lorenzin, anche Lupi: Angelino invece per i nostri è un problema», confida un uomo molto vicino a Renzi, «la sua immagine per il centrosinistra è troppo deteriorata». 

L’operazione in corso a Largo del Nazareno prevede, per coprirsi a sinistra, di provare a strappare Giuliano Pisapia dall’alleanza con Mdp, tentativo che a giorni alterni appare complicato o a portata di mano (ieri, dopo l’intervista di D’Alema al “Corriere della sera”, più la seconda), oltre che di coinvolgere altre personalità di sinistra (nel mirino alcuni sindaci, come quello di Cagliari, Massimo Zedda, e il collega di Lecce, Carlo Salvemini). A presidiare il fianco destro, il Pd conta sull’apporto di figure come Benedetto Della Vedova e Carlo Calenda, e del loro “Forza Europa” (più difficile invece coinvolgere l’altra protagonista di quel movimento, Emma Bonino, in rapporti freddi con Renzi), ma anche Alternativa popolare. E qui si pone il problema Alfano. 

L’ideale, dal punto di vista dei dem, sarebbe riuscire a convincerlo a non candidarsi. Un’ipotesi che, sanno bene dalle parti del segretario, è molto remota, ma su cui sta lavorando col tatto necessario il mediatore per eccellenza del partito, Lorenzo Guerini. Quello che i dem possono proporre al ministro è il coinvolgimento dopo le urne, ancora una volta al governo, in caso di vittoria. Un’eventualità però tutt’altro che scontata: se invece a Palazzo Chigi ci andrà un’altra forza politica, Alfano potrebbe trovarsi all’opposizione e fuori dal Parlamento. 

Movimenti e contatti sono in corso. D’altra parte, ancora non è chiara nemmeno la strategia del ministro degli esteri. Con l’accordo in Sicilia sul sostegno a Micari alle Regionali, sembrava aver fatto la sua scelta di campo verso il Pd. La nomina a coordinatore di Maurizio Lupi, due giorni fa, necessaria per trattenere l’ala lombarda del partito pronta allo strappo, è di tutt’altro segno: «I nostri interlocutori sono nella famiglia del Ppe, in particolare Forza Italia», twittava ieri il capogruppo ricordando dove, secondo lui, bisognerebbe guardare. E la decisione di bloccare la legge sullo Ius soli, che Ap aveva già votato alla Camera, va in quella direzione. Ma, si sa, Salvini e Meloni hanno messo un veto su Alfano: per allearsi con lui, Berlusconi dovrebbe rinunciare a Lega e Fratelli d’Italia. «La vita è fatta di alternative: se Berlusconi gli chiude la porta in faccia, e se passa la legge elettorale con una quota di maggioritario, allora può darsi che Angelino per garantirsi un’alleanza sia costretto ad accettare le nostre condizioni…», dicono nel Pd.  

Al popolo delle feste dell’Unità, in questi anni di governo i vertici dem hanno spiegato che l’accordo con Alfano era occasionale, obbligato dalla «non vittoria» delle elezioni. Ora dire il contrario non è semplice: stanno cercando la soluzione. 


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