sabato 22 dicembre 2012

LA COSTITUZIONE E BENIGNI



Lo show di Benigni, con grandi indici di ascolto, ha avuto il pregio (per alcuni solo quello ) di proporre il tema LA COSTITUZIONE, e fornito l'occasione di qualche riflessione critica su di essa. Io sono tra quelli che non pensa affatto che la nostra sia una Costituzione "meravigliosa", perfetta. A differenza di altre famose, come quella americana e poi francese , aveva padri costituenti molto meno in sintonia...E si vede.
Sicuramente ribadisce principi fondamentali comunemente riconosciuti come irrinunciabili in un paese libero e democratico, ma li "mischia" ad altre istanze, con un risultato non sempre lineare che è figlio dei compromessi del tempo. Insomma, un bicchiere metà pieno, ad essere positivi.
Comunque il dibattito è interessante. Al riguardo ho preso dal lunghissimo articolo di Zagrebelsky (l'uomo, si sa, non ha il dono della sintesi , essendo professore e anche incline all’enfasi retorica ), pubblicato su Repubblica di oggi (magari chi vuole può leggere il testo integrale) l'unico stralcio che condivido :

  “A differenza d’ogni altra legge, la cui efficacia è garantita da giudici e apparati repressivi, la Costituzione è, per così dire, inerme: la sua efficacia non dipende da sanzioni, ma dal sostegno diffuso da cui è circondata. La Costituzione è una proposta, non un’imposizione. Anche gli organi cosiddetti “di garanzia costituzionale” — il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale — nulla potrebbero se la Costituzione non fosse già di per sé efficace. La loro è una garanzia secondaria che non potrebbe, da sola, supplire all’assenza della garanzia primaria, che sta presso i cittadini che la sostengono col loro consenso.”  
In realtà questo principio si estende a TUTTO il sistema normativo di un consesso civile convivente : la grande maggioranza delle persone che ne fanno parte devono CONDIVIDERE, approvare almeno di massima, le regole comuni. Altrimenti non si è cittadini, ma sudditi, e quel sistema si reggerà solo sulla FORZA . La storia insegna che non sempre è sufficiente ( per fortuna ).

Posto quindi l'opinione di Piero Ostellino, sul Corriere della Sera :

"Liberi di estraniarsi nonostante Benigni"
Solo un Paese privo di una reale cultura politica, e di senso del ridicolo, poteva far commentare a un comico la propria Costituzione, senza precipitare nel ridicolo. Ma registrando un successo di critica e di pubblico che il testo della Costituzione, forse, non hanno mai letto. Per Benigni, i nemici della Costituzione sono l'indifferenza per la politica e il non voto. Qui c'è l'eco di convinzioni antiche. Da un lato, l'inconscio riflesso di tempi in cui andare a votare, magari una scheda prestampata dal regime fascista, non era un diritto, bensì l'imposizione di un (inutile) obbligo; ovvero, con la giovane Repubblica, quando andarci era il solo modo di essere considerati cittadini democratici. Si pensi all'identificazione, in una canzone di Gaber, fra democrazia e partecipazione.
Ebbene, quella di Benigni è «la libertà degli antichi», nella quale si concretava, e si esauriva, la vita del cittadino della polis ateniese — dove le donne e gli schiavi non avevano alcun diritto politico e gli uomini, nell'agorà, dove si discutevano, e si prendevano, le decisioni vincolanti per tutti, erano poche migliaia, se non poche centinaia — e, poi, ancora, dei sistemi liberali, ma non ancora democratici, post-assolutistici, dove il diritto al voto era di censo. La «libertà dei moderni», quella di cui godiamo noi, consiste (anche) nel diritto del cittadino di farsi gli affari suoi, di estraniarsi, se crede, dalla vita politica e persino di non andare a votare, senza che, come ancora accadeva solo alcuni anni fa, tale assenza di «partecipazione» fosse registrata come una carenza, se non da sanzionare, almeno da ricordare come mancanza di senso civico. La trasmissione di Benigni è nata vecchia non solo perché lui è figlio di un popolo italiano che non c'è più, ma anche di una democrazia che non è più quella nata ai tempi del compromesso costituzionale fra «le due Resistenze»: la Resistenza cattolica, repubblicana, liberale, azionista, che aveva combattuto il nazifascismo per portare l'Italia nell'Occidente liberaldemocratico e capitalista; la Resistenza socialcomunista che l'avrebbe fatta diventare una Democrazia popolare, un ossimoro rivelatosi, poi, una delle tirannie peggiori nella storia dell'umanità.
Il candido costituzionalismo di Benigni sarebbe stato attuale, forse, nell'Italia appena rinata alla democrazia e alle libertà; quando molti intellettuali ritenevano ancora la dittatura del proletariato il superamento della democrazia rappresentativa.
Nell'Italia d'oggi — che è cresciuta nella democrazia rappresentativa e nel capitalismo e che, dopo la fine del mito sovietico e del comunismo, non crede più nella rivoluzione come soluzione dei problemi del proprio tempo — ripercorrere gli articoli di una Carta scritta nello «spirito del (suo) tempo», ha il solo significato di perpetuare una vecchia cultura pasticciata, che ci ha costretti a chiamare al governo dei «tecnici» — alcuni dei quali, peraltro, figli, o nipoti, di quella stessa cultura — nella speranza di porre (invano?) riparo ai suoi danni...


Infine un  commento letto sul "diario" (adesso FB li chiama così ) di un grande amico, Valeriano, di cui condivido molte osservazioni. 
Grande performance di Benigni e suggestivo spettacolo ieri sera su Rai 1.
Il Comico d’Italia s’è esibito nella lettura della Costituzione generando un’ovazione mediatica (si sa, l’audience è tutto) sui fogli della nomenclatura dell’informazione. Ma la sua esegesi dei primi 12 Principi fondamentali della Carta fa acqua da tutte le parti, densa com’è di falsi storici. Mi limito a rilevarne alcuni.
S’avverte subito quest’aria di abborracciata interpretazione, quando il premio Oscar inizia affermando che l’Assemblea Costituente era tutta composta da politici, tasto sul quale insiste a lungo. Considerare ‘politici’ nel senso che s’intende oggi, cioè uomini di partito, Benedetto Croce, tra i maggiori protagonisti della cultura italiana ed europea della prima metà del XX secolo, e Piero Calamandrei, tra i giuristi più insigni, è qualcosa di più che uno svarione: è non capire che la forza di quell’Assemblea consisteva proprio nell’eterogeneità della sua composizione, nel riunire uomini di cultura (che ovviamente erano stati eletti e quindi militavano nei partiti) con politici che si erano formati prima e durante il Ventennio e con giovani protagonisti di antichi e nascenti partiti politici che si apprestavano a vivere tutta la loro vita attiva nella democrazia, cosa quest’ultima che Benigni per la verità fa intravvedere.
Poi l’attore passa alla glorificazione degli art. 2 e 3, quelli dei diritti inviolabili, della solidarietà e della pari dignità dei cittadini. Secondo lui i Padri costituenti li hanno costruiti ispirati da un afflato poetico che loro, prima di tutti, hanno avuto (“Li ha copiati anche l’Onu!”). Chissà cosa avevano voluto dire quegli oscurantisti della Rivoluzione francese nel 1795 con il loro ‘Liberté, egalité, Fraternité’! E, ancora prima, cosa avranno voluto dire quei primitivi degli americani – hanno ancora la pena di morte - con la loro Dichiarazione (“Riteniamo che alcune verità siano di per sé evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali; che dal loro Creatore sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili; che fra questi ci siano la vita, la libertà e la ricerca della felicità.”).
Benigni va poi in brodo di giuggiole quando affronta “La Repubblica, una e indivisibile,…” (art. 5). Qui gli appare evidente che i costituenti furono profetici, poiché già avevano previsto la nascita degli ignobili leghisti che vogliono la secessione padana. Ovviamente non è così. Nello stesso anno del varo della Costituzione - 1947 – in Sicilia era avvenuta la strage di Portella della Ginestra ad opera del bandito Giuliano, solo l’ultimo di cruenti atti innescati dagli indipendentisti siciliani che operavano da alcuni anni per realizzare nell’isola uno stato separato dall’Italia. Altri fermenti di secessione ribollivano in Alto Adige, dove la Südtiroler Volkspartei aveva raccolto ben 155 mila firme per aderire all’Austria (gli abitanti di quella zona sono oggi 100mila…). I Costituenti avevano nell’immediato le loro arruffate gatte da pelare, altro che saggezza divinatoria!
Altra bella tartufata di Benigni arriva al momento degli artt. 7 e 8, quelli che parlano del Vaticano e della religione. Benigni racconta all’enorme platea televisiva che la Costituzione sancisce la divisione tra lo Stato e la Chiesa e che “Non esiste più una religione di stato” com’era invece sotto il fascismo. Eh, magari fosse stato così, l’Italia d’allora aveva ancora bisogno del potere di convincimento del Vaticano e dei suoi sacerdoti, si limitò quindi a recepire i Patti Lateranensi del 1929, e cosa prevedevano questi Patti all’art. 1? Che “la religione cattolica, apostolica, romana è la religione di stato”. Bisognerà attendere l’odiato Bettino Craxi, autentico uomo di stato, per vedere la modifica di questa situazione nel 1984.
Questi sono solo alcuni degli appunti che si potrebbero fare alla rozza esibizione di ieri sera. Avrei voluto leggere qualcosa di simile su La Repubblica, sul Corriere della Sera…Invece dei cori conformisti e irreggimentati. Tutti già pronti all’annunciato nuovo regime?

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